Scarsità d’acqua, riduzione della produzione agricola, innalzamento del livello del mare, stress termici, eventi atmosferici estremi, erosione delle coste. Sono queste le conseguenze dell’emergenza climatica che, nei prossimi anni, spingeranno milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Secondo l’ultimo report elaborato dalla Banca Mondiale stiamo parlando di circa 216 milioni di persone che entro il 2050 abbandoneranno le proprie case e le proprie terre, divenute ormai invivibili, per spostarsi verso altre zone del loro stesso paese.
Questo dato contiene in primo luogo una conferma: coloro che tendiamo a etichettare come “migranti” sono in primo luogo “migranti interni”, o sfollati interni, cioè persone che non superano alcun confine nazionale, ma che si spostano da una regione all’altra del loro paese di appartenenza. Se pensiamo ai legami famigliari, alle difficoltà connesse con l’emigrazione internazionale, ai costi degli spostamenti, risulta semplice capirne le ragioni.
Tornano alle previsioni, la Banca mondiale stima che la larghissima parte di queste persone (86 milioni) abitano l’Africa Subsahariana. Non ci sarà quindi da stupirsi se, oltre a città sempre più invivibili, nei prossimi anni vedremo palesarsi qui da noi la coda di questo enorme spostamento di persone.
Nella migliore delle ipotesi, e cioè qualora facessimo immediatamente tutto quel che dobbiamo fare per evitare il collasso climatico, queste previsioni si ridurrebbero di circa l’80%, con impatti differenti tra regioni. L’area Subsahariana, così come l’Asia orientale e meridionale e il nord Africa, registrerebbero i maggiori benefici (spingendo meno persone a migrare) dato che le loro economie dipendono maggiormente dall’agricoltura. In America del Sud, dove — secondo la Banca mondiale — le economie sono più diversificate e c’è una più vasta popolazione urbana, i benefici sarebbero minori. Lo stesso si dica per l’Europa orientale e l’Asia centrale.
Il report giustamente ricorda che eventi climatici avversi possono aumentare il rischio che sorgano conflitti. Di conseguenza, le popolazioni poste ai margini degli stati — incluse le minoranze — sono di spesso sproporzionalmente colpite, così come i campi profughi rischiano di essere letteralmente travolti dalla scarsità di risorse e beni primari.
La crisi climatica sta colpendo e colpirà tutti, spesso con estrema violenza. Come sempre le persone più esposte saranno quelle più vulnerabili. Le responsabilità sappiamo tutti dove stanno.