[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1493796850237{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]e affacciati alle loro finestre nel mare
tutti han pescato voti qua e là
e nessuno deve più preoccuparsi
di via della Povertà.
Scene di questo tipo, a Milano, io non ne ricordo. Io non ricordo di trecento agenti, a piedi e a cavallo, unità cinofile, camionette, addirittura un elicottero, con un mandato ben preciso: rastrellare le persone che hanno una pigmentazione della pelle diversa da quella dei bianchi caucasici, caricarle sulle camionette, detenerle amministrativamente per accertare la loro condizione giuridica. La loro colpa? Nessuna, nessuna accusa, nessun reato contestato, niente di niente, a parte il colore della pelle. Ed ecco perché — scrive il Corriere — «il bilancio del maxi controllo (ancora da definirsi nel dettaglio, ndr) è però in chiaroscuro: 52 immigrati portati in Questura per verifiche sui documenti, ma nessuna denuncia. E anzi, quattro i senegalesi e gambiani che proprio grazie a queste verifiche hanno scoperto di avere ottenuto, dopo un iter durato mesi, lo status di rifugiato».
Un dispiegamento di forze dell’ordine che configura una vera e propria prova muscolare senza alcun fine strategico, perché è solamente un povero illuso chi pensa che qualche spintone, tante divise e qualche ora passata in fermo amministrativo possa aver restituito, da questa mattina, candore ai marmi della stazione Centrale di Milano. Una prova di forza contro i migranti e, soprattutto, contro il grado di civiltà di una città che vorrebbe porsi a modello dell’accoglienza in Italia e che invece si trova immersa nel corso democratico (si fa per dire) imposto dal governo con i decreti Minniti-Orlando, che trova sponda nelle dichiarazioni dei vertici amministrativi e politici milanesi. L’assessora comunale alla sicurezza, Carmela Rozza, ha spiegato come «da tempo il Comune di Milano abbia chiesto a prefettura e questura “una massiccia campagna di identificazione di coloro che stazionano in tutta l’area e intorno all’hub di via Sammartini. Purtroppo queste identificazioni non possono essere svolte dalla polizia locale. Speriamo che non sia un blitz episodico ma che questa attenzione, anche in forma minore, continui con costanza nel tempo». «Un servizio straordinario di controllo e prevenzione del territorio», l’ha definito invece il segretario metropolitano del Pd, Pietro Bussolati, che continua: «speriamo che non si tratti di una operazione episodica, ma che si dia continuità a simili controlli, come l’amministrazione e il Partito Democratico chiedono da tempo». E fa ridere, se non ci fosse da piangere, il dispiacere di Bussolati nel vedere che «ci sia qualcuno, come Matteo Salvini, che cavalca e strumentalizza a fini elettorali situazioni di degrado e difficoltà, invece di mostrarsi solidale con il lavoro della polizia». Cosa si aspettava il segretario Bussolati? Che Salvini moderasse i toni, quando è lo stesso Partito Democratico ad alzargli la palla? Tra l’altro Salvini, dopo aver esultato perché finalmente ha potuto assistere (e in tempo reale, perché si trovava lì al momento della retata, sempre al posto giusto al momento giusto: un fiuto straordinario?) a «un bel blitz con elicotteri e cavalli», ha ringraziato eccome. Nell’ordine: «grazie a Dio, alla polizia, ai carabinieri. Pulizia: di questa gente non c’è bisogno». A fare eco ai vertici democratici e leghisti è poi arrivata Mariastella Gelmini (Forza Italia): «Spero che il blitz di oggi sia solo il primo di una lunga serie».
Insomma: vogliono tutti più retate contro cittadini extracomunitari, anche se sono in regola e non hanno commesso alcun reato. Perché creano disordine, sporcano, sono neri.
Ma siccome la città di Milano, su iniziativa dell’amministrazione comunale di Beppe Sala (nulla da dire sulla retata?) e in particolare dell’assessore Pierfrancesco Majorino, vorrebbe porsi a guida, a esempio dell’accoglienza (e nessuno può negare che ci siano state iniziative molto migliori rispetto ad altre città) anche con una manifestazione sul modello di Barcellona (“20 maggio senza muri”, il titolo), qualcuno che dicesse «ehi, calma, sono andati a fare un rastrellamento di neri in stazione Centrale dispiegando metà apparato di sicurezza della patria, forse qualcosa non va» ci doveva essere. E infatti è intervenuto lo stesso Majorino, unica voce dubbiosa: «mi piacerebbe capire che tipo di risultati portano azioni simili. Mi convince di più la cultura degli interventi mirati, continuativi e condotti nel silenzio, ma non sono un poliziotto. Vedremo quelli che saranno i risultati effettivi di un’opera simile. L’accertamento delle condizioni e dello status dei richiedenti asilo deve, accompagnarsi, sempre, con il rispetto dei diritti umani». Rileggete. Avete riletto? Bene. Avete trovato una parola di condanna? Io no. I risultati, lo sa Majorino molto meglio di noi dato che si occupa della questione sul campo, saranno pari a zero, ma in compenso rischiamo di avere una città che tollera retate etniche e costruisce muri (deve essere la famosa «sicurezza che è una parola di sinistra»), con tanti saluti alla manifestazione del 20 maggio.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]