Mimmo Sorrenti, Birrificio Messina: “Avevamo perso tutto ma in 15 non ci siamo arresi e ci siamo rimessi in piedi”

La storia di Mimmo Sorrenti, lavoratore imprenditore del Birrificio Messina, un’azienda cooperativa che con quindici soci ha fatto riemergere dalle rovine Birra Messina e Birra Triscele.

Car­lo Mas­si­ro­ni di Impre­sa Pos­si­bi­le ci segna­la la sto­ria di Mim­mo Sor­ren­ti, lavo­ra­to­re impren­di­to­re del Bir­ri­fi­cio Mes­si­na, un’azienda coo­pe­ra­ti­va che con quin­di­ci soci ha fat­to rie­mer­ge­re dal­le rovi­ne Bir­ra Mes­si­na e Bir­ra Triscele.

Birra Messina dal 1923

La nostra sto­ria è lun­ga tre gene­ra­zio­ni ed ini­zia nel 1923 quan­do la fami­glia Lo Pre­sti-Faran­da fon­da la sto­ri­ca Bir­ra Mes­si­na. Il que­gli anni i nostri non­ni era­no i mastri bir­rai del bir­ri­fi­cio, poi sono arri­va­ti i nostri padri e in fine noi.

Nel 1988 la socie­tà mes­si­ne­se vie­ne acqui­sta­ta dal­la Dre­her spa di Mila­no, nel frat­tem­po dive­nu­ta Hei­ne­ken Ita­lia; 11 anni dopo nel 1999, il grup­po deci­de di uti­liz­za­re lo sta­bi­li­men­to mes­si­ne­se solo come impian­to di imbot­ti­glia­men­to, con una pro­du­zio­ne di cir­ca 500.000 hl l’anno, gran par­te dei qua­li desti­na­ti al mer­ca­to sici­lia­no, dove il mar­chio Mes­si­na è noto e apprez­za­to da oltre 80 anni.

Il 17 gen­na­io 2007 l’amministratore di Hei­ne­ken Ita­lia, con un comu­ni­ca­to alle mae­stran­ze annun­cia che lo sta­bi­li­men­to di Mes­si­na ces­se­rà le pro­prie attività.

A segui­to di sva­ria­te pro­te­ste, nel dicem­bre 2007 si can­di­da per l’acquisto del­lo sta­bi­li­men­to la fami­glia Faran­da.

In quel­la situa­zio­ne di estre­ma insta­bi­li­tà io e i miei col­le­ghi cre­de­va­mo che la fami­glia Faran­da potes­se esse­re l’unica pos­si­bi­li­tà per non tro­var­ci licen­zia­ti. Così noi lavo­ra­to­ri con­tri­buia­mo al rilan­cio del­la pro­du­zio­ne ver­san­do il TFR nel­le cas­se del­la nuo­va socie­tà Triscele.

Dopo cir­ca un anno sor­go­no le pri­me dif­fi­col­tà; nove dipen­den­ti ven­go­no inse­ri­ti nel­le liste di mobi­li­tà men­tre i lavo­ra­to­ri rima­sti si alter­na­no a cicli di cas­sa inte­gra­zio­ne e con­trat­ti di solidarietà.

La socie­tà deci­de di ven­de­re il ter­re­no con la pro­mes­sa di costrui­re un nuo­vo sta­bi­li­men­to altro­ve, ottie­ne il cam­bio di desti­na­zio­ne d’uso dell’area in via Boni­no in cui sor­ge­va lo sto­ri­co sta­bi­li­men­to e alla fine arri­va­no per noi lavo­ra­to­ri le let­te­re di licen­zia­men­to, la mobi­li­tà, la cas­sa inte­gra­zio­ne, la disoc­cu­pa­zio­ne.

Ini­zia per noi un lun­go perio­do di pre­si­dio e di pro­te­sta, ci fan­no tan­te pro­mes­se e assi­stia­mo a tan­te pas­se­rel­le, ma alla fine rea­liz­zia­mo che nes­sun impren­di­to­re è inte­res­sa­to a scom­met­te­re con noi.

In quel momen­to sen­ti­va­mo di aver per­so tut­to e davan­ti a noi vede­va­mo sol­tan­to un lun­go tun­nel nero. Abbia­mo vis­su­to momen­ti dif­fi­ci­lis­si­mi, ave­va­mo fami­glie da man­da­re avan­ti, figli a cui dover pen­sa­re men­tre pro­va­va­mo a difen­de­re a tut­ti i costi quel lavo­ro che era tut­to per noi.

In 15 per il “nostro birrificio”

Ci sen­ti­va­mo a ter­ra ma quin­di­ci di noi scel­go­no di non arren­der­si, di pro­va­re a rial­zar­si e rim­boc­can­do­ci le mani­che, deci­dia­mo di sfrut­ta­re l’esperienza matu­ra­ta in tan­ti anni di lavo­ro per pro­va­re a costrui­re il “nostro birrificio”.

E’ nata così la coo­pe­ra­ti­va Bir­ri­fi­cio Mes­si­na ani­ma­ta dal­la for­te volon­tà di riav­via­re la pro­du­zio­ne del­la bir­ra in cit­tà, che costi­tui­va un impor­tan­te pila­stro dell’economia messinese.

Sin da subi­to abbia­mo pen­sa­to di rivol­ger­ci al mer­ca­to loca­le. Abbia­mo costrui­to il nostro pro­get­to par­ten­do dai nostri pun­ti di for­za, cioè dal­le nostre cono­scen­ze come mastri bir­rai, dal­la pro­fes­sio­na­li­tà svi­lup­pa­ta in anni di lavo­ro, ma anche chie­den­do il sup­por­to tec­ni­co di una squa­dra di professionisti.

Avvia­mo quin­di sul ter­ri­to­rio una cam­pa­gna infor­ma­ti­va per sen­si­bi­liz­za­re il mer­ca­to loca­le. Affig­gia­mo mani­fe­sti, rila­scia­mo inter­vi­ste a testa­te gior­na­li­sti­che loca­li regio­na­li e nazio­na­li e par­te­ci­pia­mo a tra­smis­sio­ni radio­fo­ni­che e tele­vi­si­ve. Ci dia­mo da fare per otte­ne­re da com­mer­cian­ti, gesto­ri di bar e risto­ran­ti del­le let­te­re d’intenti in cui si dichia­ra­no dispo­sti  a com­mer­cia­liz­za­re i nostri pro­dot­ti nel­le quan­ti­tà che il nostro bir­ri­fi­cio può produrre.

Riu­scia­mo poi ad otte­ne­re dal­la regio­ne due capan­no­ni nel­la zona indu­stria­le di Mes­si­na; ci sia­mo improv­vi­sa­ti mura­to­ri, elet­tri­ci­sti, idrau­li­ci, fale­gna­mi, imbian­chi­ni e abbia­mo ristrut­tu­ra­to i capan­no­ni tenen­do con­to del­le nor­me di leg­ge, igie­ni­che e di sicu­rez­za neces­sa­rie per con­te­ne­re un birrificio.

Una vol­ta deli­nea­to il cor­ret­to dimen­sio­na­men­to degli impian­ti, pro­get­tia­mo le linee pro­dut­ti­ve e di con­fe­zio­na­men­to e dopo 2 anni di duro lavo­ro abbia­mo regi­stra­to tre mar­chi dei nostri prodotti.

L’investimento com­ples­si­vo ammon­ta a cir­ca 3 milio­ni di euro. La coper­tu­ra dei finan­zia­men­ti  è sta­ta soste­nu­ta da noi soci coo­pe­ra­to­ri inve­sten­do la mobi­li­tà riscat­ta­ta e il TFR e dai soci sov­ven­to­ri C.F.I, Ban­ca Uni­cre­dit, Ban­ca Anto­nel­lo, Ircac e Ban­ca Safea che ini­zial­men­te han­no mostra­to non poca dif­fi­den­za e ci han­no chie­sto di pre­sen­ta­re mota docu­men­ta­zio­ne a garan­zia dei prestiti.

La dignità del lavoro

Que­sto è sol­tan­to uno degli innu­me­re­vo­li pro­ble­mi buro­cra­ti­ci che abbia­mo tro­va­to sul nostro cam­mi­no, ma dopo tan­ti sacri­fi­ci oggi pos­sia­mo dire di esse­re qua­si arri­va­ti al nostro gran­de sogno. Abbia­mo ricon­qui­stan­do la digni­tà di lavo­ra­to­ri e padri di fami­glia che ave­va­no ten­ta­to di scipparci.

All’inizio non cre­de­va­mo di esser capa­ci di arri­va­re a tan­to e se oggi pos­sia­mo esse­re un model­lo posi­ti­vo per la nostra cit­tà voglia­mo esse­re da esem­pio per chi pen­sa di non poter­ce­la fare. Ave­va­mo per­so tut­to e ci sem­bra­va di non aver e pos­si­bi­li­tà ma oggi sen­tia­mo di esse­re riu­sci­ti a rico­strui­re il nostro futu­ro e quel­lo dei nostri figli.

Uno dei nostri obiet­ti­vi per il futu­ro è quel­lo di dare la pos­si­bi­li­tà ai nostri gio­va­ni di impa­ra­re un’arte che diven­ti lavo­ro, come lo è sta­to per noi. Ho volu­to rac­con­ta­re la nostra sto­ria a 50/30 Blog per­ché se sta­te viven­do sul­la vostra pel­le una del­le mol­te cri­si indu­stria­li che col­pi­sco­no il nostro Pae­se pos­sia­te pen­sa­re di fare anche voi quel­lo che abbia­mo fat­to noi: con fati­ca e pau­ra cer­to, ma sapen­do che è pos­si­bi­le ripar­ti­re dal vostro lavo­ro.

Dome­ni­co (Mim­mo) Sor­ren­ti, pre­si­den­te di Bir­ri­fi­cio Messina

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.