[vc_row][vc_column][vc_column_text]Non mi aspettavo di trovare un pezzo di casa in questa città, nella provincia nell’Iraq orientale. Non me l’aspettavo finché un mio collega mi ha mostrato quel che è stato recuperato nelle operazioni della settimana. In mezzo al materiale c’è anche una mina antiuomo di fabbricazione italiana. «Ottima qualità», mi dice, pensando che debba forse andarne fiero.
Probabilmente questa mina è stata posata durante il conflitto Iraq-Iran negli anni ’80, insieme a moltissime altre lungo tutte le zone di confine. E’ ancora perfettamente funzionante. Finito il conflitto con l’Iran questa zona al limite tra il Governo Federale di Baghdad e la regione autonoma del Kurdistan è rimasta relativamente tranquilla, anche se hanno continuato a esserci vittime, proprio per colpa delle mine piantate e poi dimenticate svariati anni fa.
Ora che la battaglia militare per sconfiggere ISIS è stata vinta, le persone vogliono cercare di tornare a vivere una vita “normale”. Eppure vivere una vita “normale”, in molte aree della regione, è reso impossibile dalla presenza di resti esplosivi di guerra. Non solo mine ereditate da conflitti precedenti, ma armi esplosive (e inesplose) come RPG (lanciarazzi), o granate, e soprattutto i cosiddetti IED (Improvised Explosive Device, cioè ordini esplosivi improvvisati realizzati con materiali non convenzionali) lasciati indietro da ISIS per uccidere anche a distanza.
E’ stato stimato che più di 1200 km² di terreno in Iraq sono contaminate da mine antiuomo, con un livello di contaminazione “elevato”. Per estensione territoriali, l’Iraq è uno dei paesi più “contaminati” al mondo, se non il più contaminato. Nel paese, in tutto il 2017 (sono gli ultimi dati disponibili), 185 persone sono morte ed altre 118 sono rimaste ferite per colpa delle mine antiuomo. Le stime sono molto probabilmente al ribasso. Da quanto il conteggio è stato introdotto, sono state registrate più di 38.000 vittime.
Benché l’Iraq sia un paese firmatario della Convenzione per la Messa al Bando delle mine antiuomo, ed abbia quindi l’obbligazione di rimuovere ed eliminare ogni ordigno presente sul proprio territorio, raggiungere questo obiettivo prima del 2028 è estremamente complicato e potrebbe richiedere molti più anni. E’ necessario ed essenziale mantenere dei finanziamente adeguati per le attivita’ di rimozione così come per per l’assistenza alle vittime. Sperando che un giorno si posso andare fieri di non aver contributo ad uccidere più nessuno.
Andrea Trevisan[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]