[vc_row][vc_column][vc_column_text]Un anno e un mese di accordo con la Libia e tutto appare chiaro come non mai: la strategia di Minniti nella gestione delle migrazioni è solo una grande messinscena sulla pelle dei migranti che, insistendo su alcune parole d’ordine (sicurezza, ong, tenuta democratica del paese), ha costruito una grandissima area grigia che ricade sotto la tutela speciale e esclusiva del ministro dell’Interno.
Non è stata fatta alcuna chiarezza, in oltre un anno, sul destino dei finanziamenti italiani al Governo di Tripoli guidato da Serraj, impegnato a garantire prima di tutto se stesso e un apparato di sicurezza (compresa la famosa Guardia costiera) infiltrato da milizie e delinquenti, gli stessi carcerieri dai quali i migranti scappano. Ma il Governo non commenta le inchieste giornalistiche e allora ce ne dobbiamo fare una ragione.
Non è stata fatta alcuna chiarezza su cosa avviene nel Mediterraneo tra Ong e libici e pare che Minniti, in particolare su questo argomento, non abbia affatto le idee chiare. Intervenendo a Piazza Pulita ha accusato i giornalisti di dare “dati imprecisi” quando invece i dati imprecisi (o sarebbe meglio dire “sbagliati”) erano i suoi. Ma l’uomo è volitivo, si sa, ed ha imposto la sua verità: «io sono il ministro dell’Interno, lei deve avere un minimo di fiducia. Se io le dico che le navi non sono soltanto tre — ha redarguito — lei deve fidarsi del ministro dell’Interno del Governo italiano». (Guardate il video e leggete il fact checking).
E invece no, non dobbiamo fidarci di chi stringe accordi “di sangue” con i “sindaci” delle comunità libiche, non dobbiamo fidarci di chi delega ai libici i respingimenti collettivi di migranti, non dobbiamo fidarci di chi schiera l’esercito contro i migranti, non dobbiamo fidarci di chi elimina tutele e garanzie ai richiedenti asilo, non dobbiamo fidarci di chi elimina dal sito del Ministero dati preziosi sul sistema di accoglienza. Non dobbiamo fidarci e dobbiamo chiedere totale trasparenza sulle responsabilità del governo e su tutte queste opacità.
Lo hanno detto e scritto molto bene due persone che conoscono da vicino Minniti. Secondo Peppino Caldarola «la polverizzazione delle ideologie, la cui compattezza ha prodotto il lascito di molte scorie, nel caso del comunismo e anche del comunismo italiano ha lasciato nell’aria l’idea dello Stato forte, dell’innamoramento della forza come macchina di giustizia». E lo ha ribadito Massimo D’Alema: «ho sempre considerato Minniti un tecnico della sicurezza. Un po’ la sua origine familiare e un po’ la sua formazione comunista hanno fatto di lui un militare più che… (un politico, ndr). Ho visto che ha detto che sulla difesa dei diritti umani dei migranti si metterà in gioco. Spero che lo faccia perché finora non ho avuto questa impressione». E prosegue: «Se l’invasione degli immigrati è una minaccia per la democrazia, Salvini diventa un baluardo per la democrazia più credibile».[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]