[vc_row][vc_column][vc_column_text]“350” parti per milione è il livello di concentrazione della CO2 in atmosfera, considerata ancora “tollerabile” per il pianeta dalla comunità scientifica internazionale. Prima che la rivoluzione industriale esplodesse, nel 1750, il valore era di “280” ppm, con oscillazioni sempre rimaste tra le 180 e le 300 ppm nei precedenti 650.000 anni (consiglio per la lettura, in proposito, questo e anche questo!).
Negli scorsi mesi (primavera 2018), abbiamo raggiunto il livello di “410” ppm. Con questi livelli di concentrazione di CO2 (in crescita) sarà impossibile mantenere l’innalzamento della temperatura del pianeta sotto 1,5, massimo 2°C, come stabilito dagli accordi di Parigi.
Che fare? Raccontare delle catastrofi in arrivo non è bastato, per decenni. Fare il conto delle catastrofi già arrivate non basta ancora (eppure questa estate, come mai prima, si sono contati morti per le ondate di caldo “anomale” in moltissime città del mondo; eppure gli eventi climatici estremi, a partire da tornado, inondazioni e allagamenti devastanti, sono sotto gli occhi di tutti). Spingere sul tasto della paura (in questo caso sensatissima) del futuro a medio termine (con un pianeta completamente stravolto, a partire dall’affondamento di intere aree costiere e dalla desertificazione di immensi territori), non funziona: non riusciamo a bucare il muro dell’indifferenza e a ribaltare le menzogne di chi antepone sempre qualcosa di più urgente alla salvaguardia del clima.
Alex Langer spingeva a lavorare alla costruzione di una visione “desiderabile”, in cui il contrasto ai cambiamenti climatici sia il grimaldello per scardinare ingiustizia, insicurezza, sfruttamento, portandoci ad un modello sociale in cui ci si possa identificare, in cui si possa aspirare, davvero, alla felicità e alla condivisione.
Il nostro lavoro attorno alla campagna #PrimaDelDiluvio è nato proprio in questa direzione: costruire proposte in grado di dare risposte concrete e costruttive, oltre alla questione climatica, anche alla mancanza di lavoro pulito, alle mille insicurezze che viviamo (dall’aria avvelenata che respiriamo ogni giorno, al cibo spazzatura nei nostri piatti, ai mari invasi dalla plastica, alla perdita del preziosissimo capitale naturale del nostro Paese), risposte alle ingiustizie sociali e allo strapotere delle multi-nazionali (con un concetto dirompente e sovversivo come quello della democrazia energetica), alle città cementificate, intasate e bollenti, private di polmoni verdi e di una qualità della vita degna e capace di generare futuro.
In questa direzione abbiamo sempre lavorato con determinazione e caparbietà, convinte e convinti che l’ecologia sia un pilastro di ogni azione politica sensata ed efficace. Anche quando ci hanno ascoltato in pochi, anche quando non siamo riusciti a farci sentire.
Per questo non mancheremo, oggi, ad una delle oltre mille manifestazioni previste nell’ambito della mobilitazione mondiale #RiseForClimate, organizzata dalla rete 350.org. Una mobilitazione globale per richiamare i decisori politici alle proprie urgentissime responsabilità in merito al rispetto degli accordi di Parigi e alla necessità di portare fuori dall’era delle fossili la nostra economia e la nostra società. Perché tutti chiacchierano, ma nessuno fa abbastanza.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]