[vc_row][vc_column][vc_column_text]Si moltiplicano gli appelli per la liberazione di Patrick George Zaki, il giovane ricercatore arrestato pochi giorni fa in Egitto mentre tornava a visitare la propria famiglia. I flash-mob in piazza degli studenti bolognesi, il gruppo di crisi dell’Unibo per seguire la vicenda con le autorità competenti, la petizione lanciata su Change.org fino alla lettera che Amnesty International Italia ha inviato all’ambasciatore egiziano a Roma per esprimere la preoccupazione per la situazione del giovane. Il pensiero va a Giulio Regeni: sono tanti, troppi forse, i punti in comune con la storia del nostro ricercatore. La sensazione è quella di essere di fronte ad un atto di persecuzione verso un attivista politico. Ed è proprio la detenzione prolungata che aumenta la nostra preoccupazione in merito al rischio di tortura per estorcere informazioni o strappare false dichiarazioni. Per questo ci uniamo all’appello dell’Eipr che ne chiede “l’immediata scarcerazione” e che venga “messa fine alla continua persecuzione e alle detenzioni arbitrarie dei professionisti dei diritti umani, dei membri dei gruppi della società civile e dei giornalisti”. L’attenzione che è stata creata sul suo caso può fare la differenza. Per questo presentare la mozione che mettiamo a disposizione diventa importante e urgente: bisogna agire prima possibile, l’azione del Governo può essere decisiva ma siamo noi a doverglielo chiedere e ricordare. Non è un mistero che l’Egitto stia boicottando da quattro anni le indagini sull’omicidio di Giulio, per questo si dovrebbe mettere da parte l’interesse a mantenere un rapporto fin troppo amichevole col governo egiziano. La strategia degli ultimi quattro governi (dal 2016 ad oggi) non ha dato alcun risultato. Anche su questo frangente servirebbe un po’ di chiarezza per tacere dell’ambiguità sull’operazione di vendita di pochi giorni fa con la quale l’Italia ha ceduto due fregate di tipo Fremm agli egiziani, i quali forniscono di armi il generale Haftar. La Farnesina ha fatto sapere di seguire da vicino il caso di Zaki tramite l’Ambasciata d’Italia al Cairo e di aver chiesto di inserirlo fra i casi processuali monitorati dalla delegazione Ue. Questo è un bene, purchè si istaurino costanti contatti con le autorità egiziane e si eserciti il diritto di visita e, soprattutto, la presenza di rappresentanti italiani all’udienza del 22 febbraio. Adelina Sánchez, responsabile per l’università granadina del master frequentato da Zaki, riferisce di come il giovane facesse parte di un gruppo di attivisti nato nel 2016 dopo la sparizione di Giulio Regeni. Anche per questo Zaki non sia lasciato solo.
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