[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1505729852183{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]L’andamento dei dati sul tema è «chiarissimo», ha dichiarato Minniti, «i delitti sono diminuiti del 12%, gli omicidi del 15%, quelli riconducibili alla criminalità organizzata del 41%. In flessione anche rapine e furti». Ma queste sono statistiche, ha precisato il ministro, e noi dobbiamo fare di più perché, «il nostro compito è avvicinare questi numeri al sentimento dell’opinione pubblica e perché le politiche di sicurezza si misurano soprattutto con il sentimento percepito dai cittadini».
Le precedenti parole sono tratte dal comunicato stampa col quale, a metà agosto, il Viminale sintetizzava i dati sulla sicurezza nel nostro paese. Delitti, rapine, omicidi e furti sono in calo. Tutti.
Nonostante ciò, abbiamo passato un’intera estate, che prosegue tuttora, a discutere del binomio immigrazione-sicurezza. Tutte le aperture di tutti i telegiornali e di tutti i quotidiani. Tutte le trasmissioni televisive. Non può essere un caso che a settembre si sia registrato il dato più alto, in termini percentuali, da dieci anni di persone che ritengono gli immigrati un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza. Un dato — pari al 46% — cresciuto di sei punti in sei mesi.
C’è un’altra insicurezza, che però non fa paura, e quindi non interessa agli imprenditori della paura, appunto. Se gli omicidi registrati nei primi sette mesi del 2017 sono stati 208 (rispetto ai 245 di un anno prima), i caduti sul lavoro nello stesso periodo sono stati 591 (rispetto ai 562 dello scorso anno). Quasi tre morti sul lavoro al giorno. Muoiono gli operai, i manovali. Muoiono schiacciati, stritolati, cadendo dai ponteggi. Sono queste le morti che toccano ai poveri, di qualsiasi fede, di qualsiasi nazionalità, di qualsiasi colore. Di loro non si preoccupa nessuno: trattati male in vita, perché è così, purtroppo, e ancor peggio da morti. La narrazione pubblica non prevede la loro presenza, perché il potere non la prevede. E’ meglio farli scomparire, omettendo un pezzo d’Italia che si fonda sullo sfruttamento lavorativo: un pezzo d’Italia del quale, sì, dovremmo aver paura.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]