#MuslimBan: una storia tutta sbagliata che ricorda i peggiori incubi del Novecento

Non dobbiamo in alcun modo sottovalutare il provvedimento di Trump, un provvedimento che - oltre a essere inefficace e assurdo - apre a uno scivolamento che può riportare l'umanità a rivivere i peggiori incubi del novecento. E' necessario mobilitarsi ora, dappertutto, sorvegliando attentamente anche sulle politiche italiane e europee.

C’è una sto­ria che ogni tan­to ritor­na, quan­do tor­na­no di moda i respin­gi­men­ti, i muri, le bar­rie­re poli­ti­che che impe­di­sco­no a chi scap­pa dal­la guer­ra e dal­le per­se­cu­zio­ni di tro­va­re rifu­gio in un posto sicu­ro. E’ una sto­ria che ci ripor­ta a quel­lo che pro­ba­bil­men­te è il perio­do più buio del nove­cen­to, cui segui­ro­no, data l’u­na­ni­me con­dan­na e l’u­na­ni­me sde­gno, momen­ti di pro­du­zio­ne nor­ma­ti­va a livel­lo inter­na­zio­na­le che por­ta­ro­no alla costi­tu­zio­ne del­le Nazio­ni Uni­te e, più tar­di, alla sot­to­scri­zio­ne del­la Con­ven­zio­ne di Gine­vra sul­lo sta­tus dei rifu­gia­ti.

La sto­ria comin­cia il 13 mag­gio del 1939, quan­do il tran­sa­tlan­ti­co St. Louis pre­se il lar­go dal por­to di Ambur­go, con l’o­biet­ti­vo di sol­ca­re l’O­cea­no Atlan­ti­co. A bor­do vi era­no 937 pro­fu­ghi. 930 era­no ebrei, in fuga dal­la per­se­cu­zio­ne nazi­sta. Arri­va­ti a Cuba, il gover­no non con­ces­se ai pas­seg­ge­ri di sbar­ca­re e, dopo alcu­ni nego­zia­ti, sola­men­te una ven­ti­na di que­sti riu­sci­ro­no a met­te­re pie­de a L’A­va­na. Il tran­sa­tlan­ti­co si dires­se allo­ra ver­so le coste degli Sta­ti Uni­ti ma nep­pu­re in que­sto caso tro­vò acco­glien­za. Lo stes­so suc­ces­se con il Cana­da. Fu così che il capi­ta­no Gustav Schrö­der, non ebreo e anti­na­zi­sta, si vide costret­to a inver­ti­re la rot­ta, per tor­na­re in Euro­pa. 288 per­so­ne riu­sci­ro­no a tro­va­re ospi­ta­li­tà nel Regno Uni­to, men­tre le restan­ti 619 furo­no indi­riz­za­te ver­so Fran­cia, Olan­da e Bel­gio. 254 di que­sti mori­ro­no nei cam­pi di con­cen­tra­men­to nazi­sti e le loro sto­rie sono rac­con­ta­te, in que­sti gior­ni, da un account Twit­ter. Era­no per­so­ne così:

A guar­da­re in retro­spet­ti­va que­sta sto­ria non si può che esse­re assa­li­ti da un sen­so di ango­scia ter­ri­bi­le per il dram­ma vis­su­to dai 937 pro­fu­ghi, per la mor­te di 254 di loro, per la mio­pia e la chiu­su­ra dei gover­ni di fron­te agli ulti­mi, ai per­se­gui­ta­ti, ai con­dan­na­ti a mor­te sen­za alcu­na ragio­ne. Un enor­me peso sul­la coscien­za occidentale.

Un sen­so di ango­scia e di col­pa che, come dice­va­mo, ha faci­li­ta­to un cam­bia­men­to cul­tu­ra­le e nor­ma­ti­vo, rias­sun­to splen­di­da­men­te da una fra­se che si tro­va sul sito del Dipar­ti­men­to di Sta­to degli Sta­ti Uni­ti (ma non dite­lo a Trump): «Gli Sta­ti Uni­ti sono fie­ri del­la pro­pria sto­ria di acco­glien­za di immi­gra­ti e rifu­gia­ti. Il pro­gram­ma di ricol­lo­ca­men­to dei rifu­gia­ti riflet­te gli alti valo­ri e l’i­spi­ra­zio­ne alla com­pas­sio­ne, alla gene­ro­si­tà e alla lea­der­ship degli Sta­ti Uni­ti. Dal 1975 gli Ame­ri­ca­ni han­no accol­to oltre tre milio­ni di rifu­gia­ti da tut­to il mon­do. I rifu­gia­ti han­no costrui­to nuo­ve vite, nuo­ve case e nuo­ve comu­ni­tà, in pae­si e cit­tà di tut­ti i cin­quan­ta stati».

Non è la pri­ma vol­ta che gli Sta­ti Uni­ti, però, attua­no poli­ti­che di chiu­su­ra tota­le rispet­to a una cate­go­ria di per­so­ne (e non c’en­tra nul­la con quan­to fat­to da Oba­ma con l’I­raq nel 2011). Al Jazee­ra ha con­ta­to cin­que altre occa­sio­ni, oltre al caso del­la St. Louis, che a rileg­ger­le ora sem­bra­no asso­lu­ta­men­te fol­li. Par­lia­mo dei cine­si (1882), degli anar­chi­ci (1903), dei comu­ni­sti (1950), degli ira­nia­ni (1980) e del­le per­so­ne sie­ro­po­si­ti­ve (1987).

Se la sto­ria ci inse­gnas­se qual­co­sa, dovrem­mo intui­re facil­men­te come la scel­ta di Trump sia una scel­ta sba­glia­ta per ragio­ni sto­ri­che, ma non solo:

  • Col­pi­sce dei pae­si (Iran, Iraq, Libia, Soma­lia, Sudan, Siria e Yemen) i cui cit­ta­di­ni non c’en­tra­no nul­la con i prin­ci­pa­li attac­chi ter­ro­ri­sti­ci che si sono veri­fi­ca­ti negli ulti­mi anni negli Sta­ti Uni­ti, smen­ten­do l’e­qua­zio­ne tra migran­ti e ter­ro­ri­sti (per non par­la­re di quel­la tra rifu­gia­ti e terroristi).
  • Non sono col­pi­ti, inve­ce, pae­si con i qua­li Trump con­du­ce affa­ri eco­no­mi­ci, con­fi­gu­ran­do un poten­zia­le con­flit­to di interessi.
  • Il prov­ve­di­men­to non col­pi­sce ad esem­pio l’Ara­bia Sau­di­ta che sta con­du­cen­do da tem­po una cam­pa­gna di bom­bar­da­men­ti, col soste­gno sta­tu­ni­ten­se, con­tro lo Yemen, cau­san­do una gra­vis­si­ma cri­si uma­ni­ta­ria che sta gene­ran­do mol­ti sfol­la­ti e quin­di poten­zia­li rifu­gia­ti ma, para­dos­sal­men­te, su di loro rica­de il Muslim ban. E si ten­ga con­to che gli atten­ta­to­ri dell’11 set­tem­bre era­no in lar­ga par­te sauditi.
  • Da tem­po gli esper­ti di sicu­rez­za sono d’ac­cor­do nel soste­ne­re che per pro­teg­ger­si dal ter­ro­ri­smo sia neces­sa­rio con­cen­trar­si sui ter­ro­ri­sti, e non su inte­ri Pae­si in manie­ra indi­scri­mi­na­ta.
  • Il “ban” col­pi­sce anche rifu­gia­ti che già sono sta­ti “sele­zio­na­ti” da cam­pi pro­fu­ghi spar­si in giro per il mon­do e che avreb­be­ro dovu­to esse­re ricol­lo­ca­ti negli Sta­ti Uni­ti. Le auto­ri­tà del­le Nazio­ni Uni­te e degli Sta­ti Uni­ti inda­ga­no già in loco e fil­tra­no sola­men­te un nume­ro limi­ta­to di per­so­ne: non sono richie­den­ti asi­lo, ma sono rifu­gia­ti a tut­ti gli effet­ti. Sono cen­ti­nai di soma­li pron­ti ad abban­do­na­re i cam­pi pro­fu­ghi del Kenya dove vivo­no da anni, con il check-in già fat­to in alcu­ni casi, che han­no supe­ra­to pro­ce­du­re di sele­zio­ne e si vedo­no improv­vi­sa­men­te dire “sape­te che c’è? Sta­va­mo scherzando”.

https://twitter.com/realDonaldTrump/status/826774668245946368

Tut­ti que­sti moti­vi fan­no capo a una con­si­de­ra­zio­ne di fon­do: anche se esi­ste una ragio­ne per rite­ne­re che esi­sta un peri­co­lo pro­ve­nien­te da qual­che per­so­na pre­sen­te in qual­che par­te nel mon­do, non si pos­so­no trat­ta­re tut­ti i suoi con­na­zio­na­li allo stes­so modo. Se seguis­si­mo que­sto ragio­na­men­to, altri pae­si potreb­be­ro facil­men­te soste­ne­re che un cit­ta­di­no (o una cor­po­ra­tion, o più cit­ta­di­ni) ame­ri­ca­no sia una minac­cia e di con­se­guen­za chiu­de­re l’ac­ces­so a tut­ti i cit­ta­di­ni di quel pae­se. A che con­se­guen­ze por­te­reb­be un ragio­na­men­to del genere?

Pen­sia­mo all’ucci­sio­ne di Giu­lio Rege­ni: dovrem­mo vie­ta­re l’ac­ces­so in Ita­lia a tut­ti i cit­ta­di­ni egi­zia­ni per que­sto moti­vo, anche a colo­ro che maga­ri fug­go­no dal gover­no di Al Sisi? In que­sto caso, sta­rem­mo dicen­do che una per­so­na che scap­pa per gli stes­si moti­vi che sem­bra­no sta­re alla base del­la mor­te di Rege­ni non dovreb­be esse­re accol­ta nel nostro pae­se, sem­pli­ce­men­te per­ché la sua nazio­ne è sta­ta posta su una lista. Se dav­ve­ro ragio­nas­si­mo così, ha dichia­ra­to James Hatha­way, docen­te del­l’U­ni­ver­si­ty of Michi­gan ed esper­to di dirit­to dei rifu­gia­ti, «sta­rem­mo disu­ma­niz­zan­do quel­la per­so­na», ren­den­do­la diver­sa da Rege­ni per via del­la sua nazio­na­li­tà. E «la sto­ria» — con­ti­nua Hatha­way — «ci inse­gna che quan­do trat­tia­mo un inte­ro grup­po di per­so­ne come se non appar­te­nes­se­ro all’u­ma­ni­tà, soli­ta­men­te seguo­no dei disa­stri». Nien­te di più e nien­te di meno di quan­to suc­ces­so con i pas­seg­ge­ri del­la St. Louis (ma non pre­oc­cu­pa­te­vi: nem­me­no l’E­git­to è col­pi­to dal Muslim Ban).

Per con­clu­de­re, tor­nia­mo a noi. Si sono leva­ti nume­ro­si cori di con­dan­na all’o­pe­ra­to di Trump da par­te del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca euro­pea (men­tre Gen­ti­lo­ni e Alfa­no sono sta­ti, inve­ce, mol­to timi­di), eppu­re è neces­sa­ria una rifles­sio­ni anche dal­le nostre par­ti. A bre­ve, infat­ti, si apri­rà il ver­ti­ce euro­peo del­la Val­let­ta, duran­te il qua­le l’im­mi­gra­zio­ne sarà un pun­to cen­tra­le di discus­sio­ne. Da quan­to è sta­to anti­ci­pa­to si appren­de che tut­ti gli sfor­zi si con­cen­tre­ran­no sul bloc­ca­re la rot­ta medi­ter­ra­nea attra­ver­so un accor­do di coo­pe­ra­zio­ne con la Libia per evi­ta­re le par­ten­ze. L’i­dea di bloc­ca­re le rot­te migra­to­rie è cau­sa del­la situa­zio­ne in cui ver­sa­va­no e ver­sa­no i migran­ti lun­go la rot­ta bal­ca­ni­ca, dal­la Gre­cia alla Ser­bia. Qua­li saran­no le con­se­guen­ze del bloc­ca­re rifu­gia­ti in Libia pos­sia­mo imma­gi­nar­lo con una mag­gio­re pre­ci­sio­ne dato il pas­sa­to recen­te fat­to di deten­zio­ni arbi­tra­rie, mal­trat­ta­men­ti e stu­pri, dati i rac­con­ti dei migran­ti che sono sfug­gi­ti da quel­l’in­fer­no, e dato un recen­tis­si­mo report indi­riz­za­to al gover­no tede­sco dal­la pro­pria amba­scia­ta in Niger, nel qua­le si leg­ge che in Libia «si veri­fi­ca­no quo­ti­dia­na­men­te ese­cu­zio­ni di innu­me­re­vo­li migran­ti, tor­tu­re, stu­pri, epi­so­di di cor­ru­zio­ne e di abban­do­no nel deser­to».

Se ci sono i muri di Trump, ci sono anche i muri ita­lia­ni e euro­pei, anche se spes­so non si vedo­no.

Per tut­te que­ste ragio­ni non dob­bia­mo in alcun modo sot­to­va­lu­ta­re il prov­ve­di­men­to di Trump, un prov­ve­di­men­to che — oltre a esse­re inef­fi­ca­ce e assur­do — apre a uno sci­vo­la­men­to che può ripor­ta­re l’u­ma­ni­tà a rivi­ve­re i peg­gio­ri incu­bi del nove­cen­to. E’ neces­sa­rio mobi­li­tar­si ora, dap­per­tut­to, sor­ve­glian­do atten­ta­men­te anche sul­le poli­ti­che ita­lia­ne e euro­pee.

Oggi, due feb­bra­io, si ter­rà una pri­ma mani­fe­sta­zio­ne di pro­te­sta, a Roma, di fron­te all’am­ba­scia­ta statunitense.

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