L’approvazione definitiva della Nature Restoration Law è il primo passo per contrastare concretamente la crisi del clima e della biodiversità.
È un momento storico: oggi l’Europa rende legge il ripristino della natura, e definisce la direzione che il nostro continente seguirà per ridarle spazio. La questione non è edonistica, e nemmeno intellettuale: si tratta di permettere che gli ecosistemi, come i fiumi o le zone umide, terre coltivate e foreste, tornino gradualmente in una condizione di equilibrio per continuare a trasformare la materia, per rendere, cioè, la biosfera vivibile anche per noi. Oggi quasi l’80% del territorio europeo versa in una condizione di degrado ambientale, sappiamo tuttavia che la nostra stessa esistenza si basa sulla biodiversità attraverso i servizi ecosistemici che essa fornisce: depurazione delle acque, produzione di ossigeno, produzione di cibo, fissazione dell’anidride carbonica, ma anche protezione dagli eventi alluvionali e idrogeologici, solo per citarne alcuni.
Vediamo finalmente avvicinarsi uno scenario in cui le attività dell’uomo si integrano con la natura, rigenerando le aree degradate e impattando meno violentemente sulle risorse naturali. Il nostro futuro e quello dei nostri figli passa da un cambio del paradigma di sviluppo che oggi viene dato per assodato: il Green Deal, attraverso la nature restoration law, fa un passo per mettere in discussione questo modello agendo sulla gestione del territorio, superando il vecchio concetto che la natura sia qualcosa da tutelare solo entro i confini di riserve naturali o aree protette.
Ma la questione è ancora più pratica: secondo alcune stime, la natura ripristinata permetterà di guadagnare otto volte gli investimenti fatti. Oltre alla prevenzione e alla riduzione dei danni e derivanti dagli eventi metereologici estremi — che ormai sono il “new normal” — e che purtroppo sono destinati a peggiorare, si aprirà una fase di innovazione tecnologica, investimenti privati e il mercato del lavoro correlato ai provvedimenti previsti dalla legge, i cosiddetti green jobs, registrerà un aumento in tutta Europa.
In questa partita abbiamo visto molto chiaramente come le destre estreme oggi si uniscono ai lobbisti fossili e agroindustriali anti ambiente. Da luglio, quando il testo è stato presentato, negoziazioni e trattative hanno portato profonde modifiche e passi indietro rispetto al testo iniziale, per andare incontro alle richieste dei portatori di interessi. Nonostante le aperture, i tentativi di affossare la ratifica influenzando il parlamento europeo sono stati incessanti. Le proteste dei trattori stanno tristemente sbagliando bersaglio su diversi punti: le cause della precarizzazione estrema delle condizioni del lavoro agricolo e delle conseguenti sperequazioni vanno ricercate nelle devianze del sistema agroindustriale e non nel tentativo di garantire un’agricoltura più sana e sostenibile. In questa battaglia occorre identificare senza esitazione il nemico comune nei gas serra alla base dei cambiamenti climatici anche perché, come vediamo ormai da anni, i primi a pagare sono proprio i produttori agricoli, e fra questi, i più piccoli in misura ancora maggiore.
Nonostante tutto, ce l’abbiamo fatta: è una vittoria dei Greens, dei progressisti, dei valori europei, ma a ben guardare è una vittoria di tutti. Abbiamo ancora una casa da difendere con furore e ora si è chiarita una cosa in più: la dobbiamo difendere da sinistra, perché la cultura di destra mostra nei fatti, nei voti dentro le istituzioni, nelle sponde date ai lobbisti, di considerare l’ambiente una sorta di bancomat infinito da cui si pretende di fare rifornimento facendo pagare il prezzo a tutta la collettività. Se prima valeva dire “l’ambiente non è né di destra né di sinistra”, oggi con questo voto è del tutto evidente che la discussione informata sull’ambiente e il clima, nei partiti e nei loro programmi, è enormemente trascurata quanto fondamentale per mettere in asse le politiche utili ad un futuro vivibile ed equo.
Stavolta ha vinto la terra e, con essa, le persone. Festa!