Sabato siamo tornati nel cuore del cratere.
Grazie alla campagna lanciata da Possibile, in pochi giorni abbiamo raccolto la somma necessaria ad acquistare l’affettatrice che avevamo promesso a Fabio, il coraggioso titolare dell’Albero del Pane di Visso, che per non essere costretto a licenziare i 7 dipendenti ha deciso con grandi sacrifici di ricostruire la sua panetteria a due passi dalle macerie del centro storico.
Lasciata Visso andiamo a Pieve Torina dove ci aspetta la visita a un’altra realtà che conosciamo bene.
Si tratta del ristorante il Vecchio Mulino, un ristorante quasi tutto al femminile, la prima attività che abbiamo aiutato grazie a un’incredibile raccolta di prodotti organizzata poche ore dopo il sisma di fine ottobre che ha avuto proprio tra Visso e Pieve il suo epicentro devastante.
All’epoca Silvia, la titolare, aveva chiesto di essere aiutata con prodotti alimentari per poter garantire le prime settimane di lavoro necessarie a far fronte alla convenzione con i Vigili del Fuoco che, nei mesi successivi avrebbero onorato il conto con pagamenti mensili.
Il Vecchio Mulino infatti è uno dei pochissimi ristornati rimasti in piedi ed è necessaria la sua ospitalità per garantire i pasti ai soccorritori giunti da ogni parte di Italia.
Si tratta di centinaia di pasti al giorno, per un totale di migliaia di euro al mese. Cifre impossibili da anticipare per un piccolo ristorante.
Ma Silvia, la sua famiglia, insieme ai loro collaboratori, hanno lavorato incessantemente giorno e notte per onorare il proprio impegno.
È giusto ribadire che si tratta di persone che hanno perso la casa, che sono state costrette ad abbandonare tutto quello che avevano per trasferirsi sulla costa a km di distanza o dentro un camper di fortuna. Hanno passato l’inverno sotto la neve, dormito tre ore a notte, rinunciato a festività e riposo, per garantire il servizio giorno e sera.
Io stessa sono andata più volte in questi mesi e, ogni volta il ristorante era pieno di Vigili del Fuoco provenienti da tutta Italia, 100, 120, 150 persone a cui garantire pranzo e cena ogni giorno, per mesi.
Ma lo Stato non ha onorato i suoi debiti.
Ci racconta la madre di Silvia, sfinita, che è stato pagato solo il primo mese, quello di novembre, poi non hanno più visto un euro. Sono mesi che si rivolgono al commando di Macerata, poi a quello di Ancona, senza risultato. Il ristorante è sommerso dai debiti, i fornitori non sono più disposti a fare credito, le banche vogliono rientrare dei prestiti concessi, a cui si aggiungono ovviamente tutte le spese correnti e gli stipendi dei dipendenti.
Silvia e la sua famiglia sono alle stremo.
Ci ripetono che non vogliono nessun aiuto, solo quanto è dovuto loro per il lavoro fatto e le spese anticipate, così come concordato dalla convenzione. In questi mesi hanno ricevuto tanta solidarietà, senza la quale non sarebbero potute andare avanti, ma ora non chiedono e non vogliono aiuti, chiedono allo Stato di onorare i suoi debiti.
Abbiamo presentato un’interrogazione urgente al Governo affinché faccia al più presto chiarezza sulla questione e si trovi nel minor tempo possibile una soluzione.
Perché di tempo non ce ne è più.
Dopo alcune testate locali, oggi la notizia è apparsa sulla Stampa che ringraziamo per l’attenzione rivolta a questo caso. Continueremo a seguire la vicenda e nei prossimi giorni torneremo a trovarle, ma ci auspichiamo che nel frattempo il conto sarà stato onorato.
Perché qua, in questa terra meravigliosa, ricca di persone silenziose che si rimboccano le maniche e si rialzano da sole tra le macerie che giacciono immobili da mesi, non solo lo Stato non ricostruisce, ma atterra anche chi prova ad alzarsi in piedi.