Le donne italiane per legge sono di fatto ai margini anche per quanto riguarda lo sport: in pochi sanno infatti che con la legge 91 del 1981 alle donne è impedito il professionismo sportivo. Questo vuol dire che indipendentemente dal loro livello tecnico e agonistico e malgrado il fatto che lo sport sia per loro la prima fonte di reddito, le donne sono definite ‘dilettanti’. Ciò implica che nessuna atleta può godere di alcuna tutela occupazionale, previdenziale e di protezione in caso di maternità nonostante le atlete donne siano parte integrante del sistema economico del nostro Paese, in un settore che produce circa il 3% del Pil. A questo si aggiunga che la presenza delle donne nei ruoli apicali delle federazioni sportive italiane è bassissima: sono 45 le Federazioni Sportive nazionali e a nessuna di queste vi è a capo una donna, la presenza nei Consigli Federali è del 9% (60 donne su 670 membri), e a oggi non è mai stata eletta una presidente donna al Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Per questo abbiamo presentato un’interrogazione al Presidente del Consiglio al quale chiediamo di chiarire se sia a conoscenza della situazione in cui versano le donne atlete considerate ‘dilettanti’. In prospettiva di una possibile candidatura dell’Italia ad ospitare le Olimpiadi del 2024 ci sembra necessario sciogliere un nodo così delicato e mettere fine a qualsiasi tipo di discriminazione.
Per questo sarebbe opportuno nominare un Ministro dello Sport e modificare la legge 91 del 1981 per attuare una reale parità tra le atlete donne e gli atleti uomini.
Nel 2016 non sono tollerabili queste disparità di trattamento tra uomini e donne che praticano sport a livello agonistico e lo sport nazionale potrebbe essere un volano importante per diffondere a tutti i livelli un messaggio di parità di genere ancora troppo debole nel nostro Paese.
Beatrice Brignone
Giuseppe Civati
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