Le proposte di modifica di Italia Viva al DDL ZAN, unite alle dichiarazioni di Faraone e Renzi che strizzano l’occhio alla Lega, sono irricevibili, perché frutto di una strategia politica ai danni della dignità della comunità LGBTI+ e in particolare delle persone trans che, tra tutte e tutti, in questi anni sono state perennemente e volutamente dimenticate ed escluse. Non regge più la favola dei compromessi e delle mediazioni, della convergenza ampia: la Lega non ha alcuna volontà di approvare il DDL ma di svuotarlo e se possibile affossarlo. Non può esserci convergenza con la destra oscurantista, radicale e conservatrice che ogni giorno nega la dignità delle persone LGBTI+. Dal 13 luglio il DDL Zan arriva in aula grazie al voto della capigruppo che certifica l’esistenza di una maggioranza sul testo, la stessa della Camera e del sostegno al governo Conte Bis. A questo punto la partita venga giocata a carte scoperte: Italia Viva dovrà prendersi la responsabilità di fronte a tuttǝ noi di sostenere il testo, come ha già fatto, o di affossare una legge, presentando emendamenti e riportando indietro l’iter. Non dimentichiamo che il testo unificato passato alla Camera dei Deputati è già una mediazione. Mediazione voluta tra l’altro proprio da Italia Viva e alcuni centristi. Da lì arriva il famoso articolo 4 che ribadisce la libertà di opinione, quella stessa che viene millantata dalla destra come imposizione del pensiero gender-unico. Ma questo ora non basta più: si aggiunge la battaglia per cancellare l’identità di genere e con essa la dignità delle persone trans, che anche stavolta dovrebbero essere l’oggetto (il termine non è scelto a caso perché troppo spesso questa è la concezione de-umanizzata che si ha di queste persone) del sacrificio. Beh, ci vuole massima chiarezza: non c’è nulla di controverso nella definizione di “identità di genere” che è già prevista nelle sentenze internazionali, nelle posizioni della CEDU, nel diritto europeo e — sorpresona — anche nel diritto italiano. Sempre per chiarezza, a questo aggiungiamo che non è per nulla oltraggioso nemmeno inserire nel DDL l’importanza dell’educazione e del lavoro nelle scuole, luogo da cui è possibile costruire una nuova società capace di aprirsi, conoscere e accogliere la diversità. Negare l’aspetto dell’identità di genere e del lavoro nelle scuole svuota il senso del DDL e significa che non si vuole comprendere che il contrasto all’odio è una battaglia sistemica. Che non esiste immunità dalle discriminazioni, che serve partire dall’educazione delle nuove generazioni e dalle scuole. Inoltre le modifiche sbugiardano anche il lavoro dei deputati e delle deputate renziane alla Camera, come Lucia Annibali, che ha lavorato proprio sull’articolo 1, che ora magicamente non va più bene e va cambiato nelle sue definizioni. I diritti, le libertà, la dignità e i corpi delle persone LGBTI+ non sono merce di scambio politico, strumenti di tatticismi che spesso guardano ad altre questioni e hanno tutt’altri obbiettivi. Ora si giochi davvero a carte scoperte e si dica se si vogliono sostenere le femministe radicali — che, con buona pace di chi vuole imporci un’altra narrazione, sono solo una parte residuale del femminismo che è, invece, a fianco della comunità T* — e la destra — che con la scusa della fantomatica libertà di espressione e opinione vuole bloccare l’approvazione di una legge di civiltà. Le persone LGBTI+, inoltre, sono in grado di autodeterminarsi, anche politicamente, e di prendere parola. Di occupare lo spazio del dibattito anche quando non viene loro concesso. Per questo è assurdo che ancora oggi a parlare per loro siano persone che dall’alto del loro privilegio spiegano l’arte della mediazione a chi da sempre è oppresso dall’odio, dalle discriminazioni, da una società etero-patriarcale. Privilegio che coincide spesso con il fatto di essere un uomo bianco, cisgender, alto-borghese. Chi pensa che le persone LGBTI+ non siano abbastanza nemmeno per parlare di se stesse sbaglia di grosso, come appare evidente dalle maree che anche in questi giorni hanno animato Pride sempre più vissuti, sempre più tumultuosi, sempre più partecipati da persone di ogni orientamento e identità di genere. Persone che hanno smesso, come abbiamo smesso noi, di essere zen (Matteo Renzi cit.): siamo decisamente inca***tǝ. Nel Paese europeo con il più alto numero di vittime trans, dove i giovani LGBTI+ rischiano anche solo uscendo di casa con una borsa arcobaleno, dove l’escalation di aggressioni e violenze cresce ogni giorno non sono accettabili mediazioni sul DDL Zan. Se l’obiettivo è svuotare la legge non potremo accettare che qualcuno si vanti del poco rispetto a niente, perché dietro quel niente ci sono le persone trans. Abbiate il coraggio di guardarle negli occhi e dire loro che, anche stavolta, sono il nulla per il poco, per assicurare un privilegio anche tra gli ultimi. Briciole concesse ma “vendute” come successi elettorali. No, #NotInMyName, our name. Con Possibile continueremo a sostenere che il DDL Zan va approvato così senza modifiche o compromessi al ribasso. Per questo, tramite la nostra Campagna tematica Possibile LGBTI+ abbiamo anche sottoscritto la lettera/appello promossa da Rete Lenford e tantissime associazioni. Per ribadire che nessuna mediazione è possibile e accettabile su una legge che è solo un primo passo verso la piena uguaglianza dei diritti. Perché vogliamo molto più di Zan, chiediamo matrimoni, adozioni, superamento della 164/82 e tanto altro.
Giuseppe Civati
Gianmarco Capogna