Nessun Paese è un’isola — Balcani: non c’è muro che tenga

Rotta balcanica e politiche dei paesi europei, il valore del lavoro dei migranti irregolari (e perché non regolarizzarli?), le bombe italiane sullo Yemen e molto altro nella newsletter di Nessun Paese è un'isola.

La new­slet­ter perio­di­ca del­la cam­pa­gna Nes­sun Pae­se è un’i­so­la. Per iscri­ver­si è neces­sa­rio com­pi­la­re il form che si tro­va al seguen­te link: https://goo.gl/forms/QXopU1FpXZMpqdkD2. Per rice­ve­re una copia del libro, per doman­de, con­si­gli, pre­sen­ta­zio­ni del libro e qual­sia­si cosa vi ven­ga in men­te, scri­vi a nessunpaeseeunisola@gmail.com.

Il testo sarò a bre­vis­si­mo anche in libreria.

SULLA ROTTA BALCANICA NON C’E’ MURO CHE TENGA

Come abbia­mo soste­nu­to più vol­te, l’accordo UE — Tur­chia e l’innalzamento di muri non sono lo stru­men­to per risol­ve­re i pro­ble­mi lun­go la rot­ta bal­ca­ni­ca. A cia­scun con­fi­ne bloc­ca­to, infat­ti, si con­cen­tra­no le per­so­ne che vor­reb­be­ro supe­rar­lo, con­fi­gu­ran­do (pra­ti­ca­men­te sem­pre) situa­zio­ni di estre­ma pre­ca­rie­tà e di sof­fe­ren­za, oltre che ambien­ti idea­li per chi si muo­ve nel­l’il­le­ga­li­tà, a comin­cia­re dai pas­sa­to­ri. A cer­ti­fi­car­lo, anche un rap­por­to di Oxfam, secon­do il qua­le si regi­stra­no «trop­pe sof­fe­ren­ze inu­ti­li alle miglia­ia di per­so­ne bloc­ca­te lun­go la rot­ta bal­ca­ni­ca o in fuga attra­ver­so il Medi­ter­ra­neo alla ricer­ca di un rifu­gio sicu­ro. […] Ad apri­le 1.579 migran­ti sono sta­ti arre­sta­ti dal­la poli­zia mace­do­ne e respin­ti in Gre­cia sen­za la pos­si­bi­li­tà di fare richie­sta d’a­si­lo, men­tre a mag­gio sono sta­te riman­da­te indie­tro 3.763 per­so­ne. E anche se il nume­ro di arre­sti ed espul­sio­ni è cala­to nel­l’ul­ti­mo perio­do, cen­ti­na­ia di casi del gene­re si ripro­pon­go­no ogni mese. Ad oggi, oltre 5 mila per­so­ne sono bloc­ca­te in Ser­bia, alla ricer­ca di un modo per pro­se­gui­re il loro viag­gio». Alek­san­dar Vulin, mini­stro ser­bo del Lavo­ro e Affa­ri socia­li, respon­sa­bi­le per l’emergenza migran­ti ha fat­to eco alle denun­ce: «la rot­ta bal­ca­ni­ca è sem­pre atti­va e la Ser­bia non può far fron­te da sola alle con­se­guen­ze del­la cri­si migratoria».

Fon­te: Frontex

Noti­zie di mal­trat­ta­men­ti e sopru­si del tut­to ingiu­sti­fi­ca­ti arri­va­no anche dal­la Bul­ga­ria, pun­to di pas­sag­gio obbli­ga­to a segui­to del­la chiu­su­ra del­la fron­tie­ra gre­co-mace­do­ne. Que­sto il rac­con­to (ugua­le a tan­tis­si­mi altri) di un migran­te: «L’ultima vol­ta sono riu­sci­to a entra­re in Bul­ga­ria, ma sono sta­to fer­ma­to e trat­te­nu­to per cir­ca 24 ore in un car­ce­re. Quin­di sono sta­to por­ta­to pri­ma in un cam­po chiu­so e poi in uno aper­to vici­no a Sofia. Ci dava­no da man­gia­re una sola vol­ta al gior­no, mi han­no iden­ti­fi­ca­to e pic­chia­to sen­za moti­vo. Dopo cir­ca 20/25 gior­ni un traf­fi­can­te mi ha aiu­ta­to a scap­pa­re dal cam­po, ho attra­ver­sa­to la Ser­bia e sono arri­va­to in Unghe­ria. Qui la poli­zia ha pic­chia­to e usa­to stru­men­ti con la cor­ren­te elet­tri­ca con­tro alcu­ne per­so­ne, facen­do­le inse­gui­re dai cani».

Nono­stan­te ciò, come dice­va­mo, la rot­ta bal­ca­ni­ca non è chiu­sa: «Un dato per tut­ti. Da gen­na­io 2016 a oggi ben 12mila paki­sta­ni sono arri­va­ti in Ita­lia. Tut­ti via ter­ra, attra­ver­so Slo­ve­nia e Austria – spie­ga Chri­sto­pher Hein, con­si­glie­re stra­te­gi­co del Con­si­glio ita­lia­no rifu­gia­ti (CIR) –  la chiu­su­ra del­le fron­tie­re sul­la rot­ta bal­ca­ni­ca non ha fat­to ces­sa­re il pas­sag­gio di richie­den­ti asi­lo diret­ti in Ita­lia o ver­so il nord Euro­pa, in mag­gio­ran­za afgha­ni e pachi­sta­ni, ha solo crea­to nuo­ve vie di acces­so, che por­ta­no sem­pre più dena­ro nel­le tasche trafficanti».
LA POLITICA EUROPEA FA SEMPRE LE STESSE COSE

Eppu­re le rispo­ste del­la poli­ti­ca non cam­bia­no: la Slo­ve­nia, infat­ti, sta raf­for­zan­do il muro al con­fi­ne con la Croa­zia, sosti­tuen­do il filo spi­na­to con dei pan­nel­li di fer­ro. La Com­mis­sio­ne euro­pea, inve­ce, ha accol­to la doman­da di Ger­ma­nia, Austria, Nor­ve­gia, Dani­mar­ca e Sve­zia per rin­no­va­re i con­trol­li alla fron­tie­ra per altri sei mesi. Nel­le con­clu­sio­ni del Con­si­glio euro­peo, infi­ne, c’è scrit­to che ci si augu­ra di tor­na­re pre­sto alla libe­ra cir­co­la­zio­ne pre­vi­sta da Schen­gen, ma allo stes­so tem­po si lega que­sta pro­spet­ti­va a un raf­for­za­men­to dei con­trol­li alla fron­tie­ra ester­na. E vie­ne da chie­der­si che si deb­ba fare, più di così, dato che l’Italia sta iden­ti­fi­can­do tut­ti (tut­ti!) i migran­ti che sbar­ca­no sul­le nostre coste. Impron­te digi­ta­li e car­tel­le cli­ni­che: pra­ti­ca­men­te non esi­sto­no per­so­ne più sor­ve­glia­te in Ita­lia dei richie­den­ti asilo.

Da segna­la­re, per con­clu­de­re, il duro con­fron­to tra Orban e Ren­zi.

QUANTO VALE IL LAVORO IN NERO DEI MIGRANTI?

Vale tan­to, tan­tis­si­mo. La Fon­da­zio­ne Leo­ne Mores­sa ha sti­ma­to il valo­re eco­no­mi­co del lavo­ro in nero dei migran­ti in 12,7 miliar­di di euro all’anno, pari qua­si a un pun­to di PIL. «Oltre alla man­ca­ta tute­la dei dirit­ti dei lavo­ra­to­ri e alla distor­sio­ne del mer­ca­to, lo sfrut­ta­men­to lavo­ra­ti­vo (in que­sto caso di mano­do­pe­ra immi­gra­ta) deter­mi­na una per­di­ta per le cas­se del­lo Sta­to sot­to for­ma di man­ca­to get­ti­to fisca­le, sti­ma­to dal­la Fon­da­zio­ne Mores­sa in 5,5 miliar­di di euro», scri­ve Repub­bli­ca. Sicu­ra­me­te il pri­mo pas­so da fare è la can­cel­la­zio­ne del rea­to di ingres­so e sog­gior­no irre­go­la­re (immi­gra­zio­ne clan­de­sti­na), che sen­za dub­bio è uno dei pri­mi osta­co­li alla denun­cia. Eppu­re il gover­no non sem­bra inten­zio­na­to a pro­ce­de­re, aven­do fat­to “sca­de­re” espres­sa dele­ga rice­vu­ta dal Parlamento.


YEMEN: CORTOCIRCUITO TOTALE

Sull’export di armi all’Arabia Sau­di­ta si sta apren­do un vaso di Pan­do­ra che non sap­pia­mo cos’altro potrà riser­var­ci. Le Iene han­no docu­men­ta­to ulte­rio­ri e inquie­tan­ti par­ti­co­la­ri, men­tre il mini­stro Gen­ti­lo­ni ha ammes­so can­di­da­men­te che l’Italia ha espor­ta­to armi desti­na­te al gover­no di Riad. «L’export, dico­no i dati, è avve­nu­to sia nel 2015 che nel 2016, perio­do in cui l’Arabia Sau­di­ta bom­bar­da­va indi­scri­mi­na­ta­men­te lo Yemen. L’export, di con­se­guen­za, è avve­nu­to nono­stan­te la leg­ge 185/1990 vie­ti “l’esportazione ed il tran­si­to di mate­ria­li di arma­men­to […] ver­so i Pae­si in sta­to di con­flit­to arma­to”. Non c’è biso­gno di alcun “embar­go, san­zio­ni o restri­zio­ni inter­na­zio­na­le nel­le ven­di­te di arma­men­ti” [come sostie­ne Gen­ti­lo­ni, n.d.a.]. E non c’è biso­gno di alcun accer­ta­men­to in ambi­to Onu o Ue. C’è la leg­ge ita­lia­na. Pun­to. E la leg­ge ita­lia­na vie­ta l’esportazione. Non c’è biso­gno di alcu­na “novi­tà nel­le poli­ti­che dei 28”. Non ce n’è biso­gno. La man­can­za di novi­tà in quel­la sede dovreb­be anzi sca­te­na­re una nostra rea­zio­ne: l’Italia ha il dove­re di bloc­ca­re l’export e di far vale­re la pro­pria posi­zio­ne sui tavo­li inter­na­zio­na­li. Ricor­dia­mo, infi­ne, che il Par­la­men­to euro­peo ha già chie­sto di appli­ca­re l’embargo sul­le armi, ma – chis­sà come mai – il nostro gover­no se ne dimen­ti­ca sempre».

Il cor­to­cir­cui­to tota­le è dovu­to alle dina­mi­che migra­to­rie nel­la zona: un par­la­men­ta­re fede­le al gover­no yeme­ni­ta (il gover­no soste­nu­to dal­le bom­be ita­lo-sau­di­te) è inter­ve­nu­to duran­te il semi­na­rio del Grup­po spe­cia­le sul Medi­ter­ra­neo e il Medio Orien­te (Gsm) del­l’as­sem­blea par­la­men­ta­re del­la Nato per chie­de­re che Ue e pae­si Nato si fac­cia­no cari­co dei pro­fu­ghi pro­ve­nien­ti dal Cor­no d’Africa che cer­ca­no rifu­gio in Yemen, un pae­se bom­bar­da­to che a sua vol­ta gene­ra pro­fu­ghi di guer­ra. Capi­te l’assurdità?


BAD NEWS

Avre­te sicu­ra­men­te let­to dei fat­ti di Goro e Gori­no. La mia mode­stis­si­ma opi­nio­ne è che non si pos­sa mai giu­sti­fi­ca­re-capi­re-capi­re­ma­non­con­di­vi­de­re atti di que­sto gene­re. Abbia­mo il dove­re (non solo mora­le, ma anche giu­ri­di­co) di acco­glie­re per­so­ne che scap­pa­no da guer­re e per­se­cu­zio­ni. Punto.
GOOD NEWS

Good news, sì, ma è anco­ra pochis­si­mo. In set­ti­ma­na sono arri­va­ti in Ita­lia dei pro­fu­ghi, qua­si tut­ti siria­ni e ira­che­ni, dal Liba­no attra­ver­so i cana­li uma­ni­ta­ri (si leg­ga: voli aerei). I nuo­vi arri­vi sono 128, che si som­ma­no ai 279 già arrivati.
MUST READ

Il Time rac­con­ta come l’economia libi­ca sia un moder­no mer­ca­to del­la schia­vi­tù (e Alfa­no vor­reb­be strin­ger­ci accor­di per far rima­ne­re lì i migran­ti pro­ve­nien­ti dall’Africa).

Lo sgom­be­ro di Calais. Il repor­ta­ge di Inter­na­zio­na­le.

Le pri­me copie di Nes­sun Pae­se è un’isola sono a casa mia. Sto aspet­tan­do le car­to­li­ne, che arri­ve­ran­no pre­stis­si­mo, e suc­ces­si­va­men­te comin­ce­rò le spe­di­zio­ni (che sono mol­te, per­ciò può dar­si che ci sia biso­gno di anco­ra un atti­mo di pazienza).

Que­sta set­ti­ma­na fare­mo tap­pa a Moraz­zo­ne (Vare­se), vener­dì 4 novem­bre alle 21.

Vi ricor­do, come sem­pre, il link per far iscri­ve­re ami­ci e cono­scen­ti alla new­slet­ter (https://goo.gl/forms/QXopU1FpXZMpqdkD2) e di scri­ver­mi a nessunpaeseeunisola@gmail.com, per doman­de, con­si­gli, pre­sen­ta­zio­ni del libro e qual­sia­si cosa vi ven­ga in mente.

ste­fa­no

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Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

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La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.