Nessun Paese è un’isola — L’Ungheria e tutti i muri che stiamo costruendo

Appuntamento con la newsletter della campagna "Nessun Paese è un'isola". Parliamo degli esiti del referendum ungherese e di tutti i muri (soprattutto politici e diplomatici) che l'Europa sta costruendo. E chiudiamo con una bellissima storia che arriva da Aleppo.

COSA SUCCEDE DOPO IL REFERENDUM UNGHERESE

Il refe­ren­dum unghe­re­se che avreb­be potu­to san­ci­re il riget­to del­le poli­ti­che euro­pee in mate­ria di asi­lo non ha rag­giun­to il quo­rum: si sono reca­ti alle urne il 43,9% degli aven­ti dirit­to. E’ sicu­ra­men­te una buo­na noti­zia, ma sia­mo sicu­ri che ci sia moti­vo di esul­ta­re? No, non c’è moti­vo di esul­ta­re: il “no” al pia­no euro­peo di distri­bu­zio­ne dei rifu­gia­ti ha infat­ti otte­nu­to il 98% dei voti espres­si, il che apre a un inter­ro­ga­ti­vo enor­me: quan­to a lun­go potrà reg­ge­re l’approccio difen­si­vo e secu­ri­ta­rio dell’Unione euro­pea? Cosa deve suc­ce­de­re per­ché si apra a una nuo­va sta­gio­ne fon­da­ta su acco­glien­za e dirit­ti, tra i qua­li il dirit­to a chie­de­re asi­lo in manie­ra lega­le e sicu­ra? Già, per­ché al momen­to non esi­ste un meto­do per chie­de­re legal­men­te asi­lo in Euro­pa, ren­den­do neces­sa­ri i famo­si viag­gi del­la spe­ran­za nel­le mani di criminali.

Orban ha riven­di­ca­to il risul­ta­to: «il gover­no ha rice­vu­to un chia­ro man­da­to per riget­ta­re le quo­te impo­ste dall’Unione euro­pea ed è esat­ta­men­te quel che fare­mo, se neces­sa­rio modi­fi­can­do la car­ta costi­tu­zio­na­le», ha dichia­ra­to. Ma il pri­mo mini­stro unghe­re­se ne esce effet­ti­va­men­te raf­for­za­to? I nume­ri dico­no che comun­que i 3.250.000 voti rac­col­ti sono supe­rio­ri al risul­ta­to otte­nu­to da Fidesz, il par­ti­to di Orban, alle ele­zio­ni del 2014(2.135.891 voti, 44,5%): un sac­co di gen­te ha vota­to per una pro­po­sta inu­ma­na e con­tro l’idea di Unio­ne euro­pea solidale.

Il con­fi­ne ungherese.

Nel frat­tem­po, migran­ti costret­ti a rima­ne­re in Ser­bia si sono mes­si in mar­cia da Bel­gra­do ver­so il con­fi­ne unghe­re­se, men­tre Amne­sty Inter­na­tio­nal ha dif­fu­so un rap­por­to nel qua­le denun­cia «che miglia­ia di richie­den­ti asi­lo — com­pre­si mino­ri non accom­pa­gna­ti — subi­sco­no vio­len­ze, respin­gi­men­ti ille­ga­li e deten­zio­ni arbi­tra­rie da par­te del­le auto­ri­tà unghe­re­si, che han­no appron­ta­to un siste­ma pale­se­men­te desti­na­to a sco­rag­giar­li». Le 143 per­so­ne inter­vi­sta­te «han­no rife­ri­to che duran­te i respin­gi­men­ti i richie­den­ti asi­lo sono sta­ti pre­si a cal­ci, pic­chia­ti e minac­cia­ti coi cani». Tra gli inter­vi­sta­ti, un 17enne non accom­pa­gna­to fer­ma­to dal­la poli­zia 10 chi­lo­me­tri all’in­ter­no del­l’Un­ghe­ria che ha dichia­ra­to: «uno del nostro grup­po è sta­to pre­so a cal­ci sui pie­di fino a quan­do glie­ne han­no frat­tu­ra­to uno». Lo stes­so discor­so lo si può fare per quan­to riguar­da la con­di­zio­ne dei mino­ri in Bul­ga­ria.

E non è suf­fi­cien­te. Il Washing­ton Post scri­ve che il gover­no unghe­re­se ha lan­cia­to un pro­gram­ma per reclu­ta­re 3.000 “cac­cia­to­ri di con­fi­ne”, con il fine di raf­for­za­re anco­ra di più le maglie del­la pro­pria fron­tie­ra, ren­den­do impos­si­bi­le il suo supe­ra­men­to anche al migran­te più determinato.

Ma nel­la reto­ri­ca gover­na­ti­va (di tut­ti i gover­ni) la rot­ta bal­ca­ni­ca è chiu­sa e, insom­ma, va bene così.

 

I MURI NON SONO SOLO QUELLI DI FILO SPINATO

Come dice­va­mo, nul­la cam­bia dal pun­to di vista occi­den­ta­le. L’idea rima­ne quel­la di chiu­de­re più fron­tie­re pos­si­bi­le, a qual­sia­si costo. Tre esem­pi, tre:

  1. The Guar­dian ha sco­va­to un docu­men­to redat­to dal Con­si­glio dell’Unione euro­pea nel qua­le si minac­cia una dimi­nu­zio­ne degli aiu­ti all’Afghanistan nel caso in cui il pae­se non si ren­da dispo­ni­bi­le ad accet­ta­re 80mila rim­pa­tri. L’accordo avreb­be dovu­to esse­re rag­giun­to duran­te un mee­ting appe­na tenu­to­si a Bru­xel­les tra il gover­no afgha­no e le prin­ci­pa­li poten­ze inter­na­zio­na­li. Pare si sia anda­ti ben oltre le inten­zio­ni ori­gi­na­li, pre­ve­den­do il rim­pa­trio per qual­sia­si cit­ta­di­no afgha­no (com­pre­se don­ne e bam­bi­ni) al qua­le non sia sta­to rico­no­sciu­to asi­lo in Euro­pa e che non voglia ade­ri­re volon­ta­ria­men­te. Gli afgha­ni sono nume­ri­ca­men­te la secon­da nazio­na­li­tà ad aver chie­sto asi­lo in Euro­pa nel 2015, e scap­pa­no da un pae­se in cui vige una situa­zio­ne di vio­len­za dif­fu­sa ed endemica.
  2. Ricor­da­te la sto­ria dei suda­ne­si rim­pa­tria­ti dall’Italia? Il Tavo­lo nazio­na­le asi­lo è tor­na­to a denun­cia­re il rim­pa­trio: «È il risul­ta­to del “memo­ran­dum di inte­sa” di poli­zia fir­ma­to il 4 ago­sto tra i gover­ni ita­lia­no e suda­ne­se mai rati­fi­ca­to dal Par­la­men­to e il cui testo è segre­to. Un accor­do ille­git­ti­mo, con un pae­se che vio­la i dirit­ti fon­da­men­ta­li, dove i cri­stia­ni sono per­se­gui­ta­ti. L’Italia si ren­de com­pli­ce di que­ste vio­la­zio­ni. Sono sta­te mes­se in atto azio­ni in pie­no con­tra­sto sia col Testo uni­co sull’immigrazione che con la Con­ven­zio­ne euro­pea sui dirit­ti dell’uomo». Alle accu­se ha rispo­sto il capo del­la Poli­zia, Fran­co Gabriel­li: «quel memo­ran­dum non ha nul­la di segre­to. Come tut­ti gli altri 267 che l’I­ta­lia ha fir­ma­to con altri pae­si, è uno stru­men­to di coo­pe­ra­zio­ne di poli­zia e non neces­si­ta di un pas­sag­gio in Par­la­men­to. Inol­tre, come gli altri, è sta­to scrit­to nel­l’am­bi­to del­la rela­zio­ni inter­na­zio­na­li del nostro Pae­se e cer­ti­fi­ca­to dal mini­ste­ro degli Este­ri». E’ curio­so, però, che lo stes­so Gabriel­li dica che i rim­pa­tria­ti era­no 40 e non 48, «e que­sto per­ché 8 di loro all’ul­ti­mo istan­te han­no chie­sto la pro­te­zio­ne uma­ni­ta­ria, a dif­fe­ren­za del­la mag­gio­ran­za dei suda­ne­si che non vuo­le acce­de­re al siste­ma di pro­te­zio­ne ita­lia­no per­ché vuo­le anda­re in altri pae­si». E chis­sà come mai avran­no chie­sto pro­te­zio­ne, dato che il pre­si­den­te del Sudan è sta­to col­pi­to da un man­da­to di cat­tu­ra inter­na­zio­na­le ed è accu­sa­to di geno­ci­dio, cri­mi­ni con­tro l’umanità e cri­mi­ni di guer­ra.
  3. Nel­la scor­sa new­slet­ter abbia­mo par­la­to dei rim­pa­tri (volon­ta­ri) ope­ra­ti dal­la Sviz­ze­ra ver­so l’Eritrea. Ecco, sem­pre The Guar­dian ha ospi­ta­to il rac­con­to di un gior­na­li­sta eri­treo che descri­ve il suo pae­se come uno “sta­to pri­gio­ne”. Nono­stan­te que­ste ripe­tu­te denun­ce, c’è chi (in que­sto caso un sena­to­re del­la Repub­bli­ca ita­lia­na) auspi­ca «un inten­si­fi­car­si anche dei nostri rap­por­ti con il gover­no eri­treoin modo tale da resti­tui­re all’I­ta­lia, inter­lo­cu­to­re sto­ri­ca­men­te natu­ra­le del­l’E­ri­trea, un pre­sti­gio­so ruo­lo da pro­ta­go­ni­sta nel bila­te­ra­le». Ciò per­ché con­vin­to «che per meglio com­pren­de­re e soprat­tut­to risol­ve­re l’e­mer­gen­za migra­to­ria, non è più suf­fi­cien­te affron­ta­re il pro­ble­ma solo nel­la sua fase ter­mi­na­le, e cioè all’ar­ri­vo dei richie­den­ti asi­lo nel nostro pae­se, ma che risul­ta sem­pre più evi­den­te la neces­si­tà di appro­fon­di­re le ragio­ni del feno­me­no attra­ver­so una cono­scen­za diret­ta del con­te­sto geo­po­li­ti­co in cui que­sto matu­ra, e se del caso pro­muo­ve­re visi­te e mis­sio­ni da par­te del nostro Gover­no da anni assen­ti. La auto­re­vo­le rispo­sta del mini­stro — alla nota invia­ta­gli, con­clu­de —  non si è fat­ta atten­de­re e a giu­di­ca­re dai suoi con­te­nu­ti pos­so affer­ma­re con sod­di­sfa­zio­ne che anche il nostro Mini­ste­ro degli Affa­ri Este­ri sta dimo­stran­do un impor­tan­te cam­bia­men­to di rot­ta nei con­fron­ti dell’approccio a tema­ti­che del­la mas­si­ma impor­tan­za per il futu­ro del­le nostre rela­zio­ni diplomatiche».

I muri, anche quel­li poli­ti­ci e diplo­ma­ti­ci, spes­so ser­vo­no dav­ve­ro a poco. Qui si dimo­stra dati alla mano come repli­ca­re l’accordo UE-Tur­chia (prio­ri­tà di Ange­la Mer­kel) con l’Egit­to a) non limi­te­reb­be la pres­sio­ne sul­la rot­ta bal­ca­ni­ca e b) pro­ba­bil­men­te indi­riz­ze­reb­be mol­to per­so­ne di nuo­vo ver­so la Libia, dato che la rot­ta egi­zia­na è di fat­to alter­na­ti­va a quel­la libica.

Tor­nan­do ai muri veri, non pos­sia­mo che tor­na­re a Calais. Nell’accampamento la noti­zia del­la costru­zio­ne del muropare abbia avu­to rica­du­te psi­co­lo­gi­che gra­vis­si­me sui mino­ri. I mino­ri non accom­pa­gna­ti pre­sen­ti nel cam­po sono cir­ca mil­le. Mol­ti sono in atte­sa di ricon­giun­gi­men­to con paren­ti che si tro­va­no nel Regno Uni­to, ma i pes­si­mi risul­ta­ti otte­nu­ti fino­ra (abbi­na­ti all’impegno di Hol­lan­de nel distrug­ge­re il cam­po) han­no por­ta­to nume­ro­si bam­bi­ni a com­pie­re atti di vio­len­za su loro stes­si, arri­van­do anche a minac­cia­re il sui­ci­dio.

 

#3OTTOBRE

Il 3 otto­bre si è cele­bra­ta per la pri­ma vol­ta la Gior­na­ta nazio­na­le in memo­ria del­le vit­ti­me del­l’im­mi­gra­zio­ne. La data coin­ci­de con quel­la del tra­gi­co nau­fra­gio avve­nu­to al lar­go di Lam­pe­du­sa nel 2013. Pur­trop­po, da allo­ra nul­la è cam­bia­to nel­le poli­ti­che dei gover­ni euro­pei: 3.500 per­so­ne sono mor­te nel Medi­ter­ra­neo nel 2014, 3.771 nel 2015, 3.500 nel 2016. Come abbia­mo det­to più vol­te, è tem­po che l’Unione euro­pea per­met­ta un effet­ti­vo eser­ci­zio del dirit­to di asi­lo, garan­ten­do vie di acces­so sicu­re e legali.

Ed è sta­to esat­ta­men­te il 3 otto­bre scor­so che Guar­dia Costie­ra, Mari­na Mili­ta­re e ONG han­no trat­to in sal­vo al lar­go del­le coste ita­lia­ne oltre 5.600 migran­ti, tra i qua­li 200 mino­ri, mol­ti dei qua­li non accom­pa­gna­ti.

Fuo­coam­ma­re.

 

BAD NEWS

Vener­dì scor­so è sta­ta sgom­be­ra­ta dal­le for­ze dell’ordine via Cupa, a Roma, la via dove sor­ge­va un cam­po infor­ma­le all’esterno del cen­tro Bao­bab, chiu­so ora­mai mesi fa. I tran­si­tan­ti sono sta­ti in par­te por­ta­ti in Que­stu­ra (per esse­re iden­ti­fi­ca­ti per l’ennesima vol­ta), in par­te in cen­tri di acco­glien­za, in par­te abban­do­na­ti a loro stes­si. «L’amministrazione e la sin­da­ca Rag­gi non sono riu­sci­ti a met­te­re a pun­to una stra­te­gia e un dibat­ti­to sul tema dell’accoglienza, in una cit­tà che è la capi­ta­le d’Italia e ospi­ta cir­ca 8000 richie­den­ti asi­lo sul suo ter­ri­to­rio», han­no denun­cia­to i volon­ta­ri. Anche il gior­no suc­ces­si­vo si sono regi­stra­te ten­sio­ni, dato che le per­so­ne cui non è sta­ta data altra alter­na­ti­va han­no fat­to ritor­no in via Cupa, come pre­ve­di­bi­le. Tut­ta la vicen­da è descrit­ta qui.

Lo sgom­be­ro in via Cupa.

A Caglia­ri è suc­ces­sa una cosa brut­tis­si­ma che puz­za di raz­zi­smo e apar­theid. Per due bam­bi­ni stra­nie­ri, in segui­to alla pro­te­sta di alcu­ni geni­to­ri, è sta­to appron­ta­to un bagno sepa­ra­to all’interno del­la scuo­la che fre­quen­ta­no, gesti­ta dal­le Figlie del­la Mer­ce­de. La noti­zia è arri­va­ta anche sul­la stam­pa inter­na­zio­na­le.

In Dani­mar­ca il par­ti­to di destra Dan­sker­nes Par­ti ha distri­bui­to bom­bo­let­te di “spray anti-immi­gra­to” per­ché i cit­ta­di­ni dane­si pos­sa­no proteggersi.

 

GOOD NEWS

La buo­na noti­zia del­la set­ti­ma­na arri­va da Alep­po. Qual­che set­ti­ma­na fa vi rac­con­tai la sto­ria del gat­ti­le e del gat­ta­ro di Alep­po, Alaa, che oltre a soc­cor­re­re ani­ma­li si occu­pa di soc­cor­re­re per­so­ne vit­ti­me dei bom­bar­da­men­ti. Uti­liz­za un’ambulanza e altri stru­men­ti che sono sta­ti acqui­sta­ti attra­ver­so dona­zio­ni desti­na­te al gat­ti­le: gra­zie ai gat­ti si è mes­sa in moto una straor­di­na­ria mac­chi­na di soli­da­rie­tà, che dall’Italia si è dif­fu­sa un po’ ovun­que nel mon­do. Il tut­to vie­ne gesti­to attra­ver­so un grup­po Face­book che al momen­to con­ta oltre 7mila iscrit­ti. Dal gat­ti­le si è svi­lup­pa­to uno spin-off altret­tan­to degno di nota: per alle­sti­re il gat­ti­le e l’annesso par­co gio­chi per bam­bi­ni, i gesto­ri si rivol­ge­va­no a un fio­ri­sta, Abu Ward, l’ultimo rima­sto nel­la zona di Alep­po sot­to asse­dio, e che col­ti­va­va il pro­prio giar­di­no assie­me al figlio Ibra­him. A fine ago­sto il fio­ri­sta è sta­to ucci­so da un ordi­gno. In segui­to alla mor­te di Abu Ward si pen­sa­va che non ci sareb­be sta­to un futu­ro per il giar­di­no e i suoi fio­ri e soprat­tut­to per Ibra­him e i suoi fra­tel­li. E inve­ce Alaa è riu­sci­to a inter­cet­ta­re Ibra­him, a por­ta­re da subi­to aiu­ti di base e a pro­get­ta­re insie­me a lui una pic­co­la riven­di­ta di fio­ri che apri­rà a bre­ve. Una bel­la sto­ria nel nome di un fio­re, che poi sareb­be la tra­du­zio­ne di “Ward” in arabo.

Ibra­him, con sorel­le e fratello.

MUST READ

Come se la pas­sa­no i rifu­gia­ti e i migran­ti in Tur­chia? Un docu­men­ta­rio a cura di Deli­zia Flac­ca­van­to.

Inter­vi­sta a Ceci­lia Stra­da: fare la pace è più con­ve­nien­te che fare la guer­ra, in sintesi.

 

Dopo la riu­sci­tis­si­ma pre­sen­ta­zio­ne di Nes­sun Pae­se è un’isola a Elmas (Caglia­ri) que­sta set­ti­ma­na fac­cia­mo tap­pa al Festi­val del­le Comu­ni­tà del Cam­bia­men­to orga­niz­za­to da RENA, a Mila­no. Inter­ver­rò in par­ti­co­la­re al tavo­lo “Emer­gen­za ordi­na­ria: oltre gli ossi­mo­ri del­le migra­zio­ni”, in pro­gram­ma saba­to 8 dal­le 16.45 alle 18.30.

Come sem­pre, l’invito è a dif­fon­de­re la new­slet­ter, a segna­la­re il link per iscri­ver­si (qui:https://goo.gl/forms/W6TQ236H3ABSBUuu2) e a scri­ver­mi, per cri­ti­che, sug­ge­ri­men­ti, doman­de, pre­sen­ta­zio­ni del libro.

(E gra­zie dav­ve­ro, sie­te ogni gior­ni più numerosi).

ste­fa­no

nessunpaeseeunisola@gmail.com

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