Nessun Paese è un’isola — Tutti gli Afghani a casa loro

Sesto appuntamento con la newsletter di "Nessun Paese è un'isola", il libro/campagna sull'accoglienza che funziona, a brevissimo nelle librerie. Oggi parliamo del contributo dei cittadini stranieri alla nostra economia, dei rimpatri di cittadini Afghani voluti dagli Stati europei, di cose brutte che succedono alla frontiera. Come sempre, bad news e good news. E un contenuto speciale.

Sesto appun­ta­men­to con la new­slet­ter di “Nes­sun Pae­se è un’i­so­la”, il libro/campagna sul­l’acco­glien­za che fun­zio­na, a bre­vis­si­mo nel­le libre­rie. Oggi par­lia­mo del con­tri­bu­to dei cit­ta­di­ni stra­nie­ri alla nostra eco­no­mia, dei rim­pa­tri di cit­ta­di­ni Afgha­ni volu­ti dagli Sta­ti euro­pei, di cose brut­te che suc­ce­do­no alla fron­tie­ra. Come sem­pre, bad news e good news. E un con­te­nu­to speciale. 

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NOTIZIE CHE NON LO SONO

La pri­ma noti­zia del­la set­ti­ma­na è una non-noti­zia. Mar­te­dì la Fon­da­zio­ne Leo­ne Mores­sa ha pre­sen­ta­to il pro­prio report sul­l’e­co­no­mia del­l’im­mi­gra­zio­ne. I risul­ta­ti non sor­pren­do­no: i cit­ta­di­ni stra­nie­ri con­tri­bui­sco­no in manie­ra fon­da­men­ta­le all’e­co­no­mia ita­lia­na. Le cifre par­la­no chia­ro: 5 milio­ni di cit­ta­di­ni stra­nie­ri (8,3%) pro­du­co­no l’8,8% del valo­re aggiun­to nazio­na­le (127 miliar­di di euro), per un get­ti­to IRPEF pari a 6,8 miliar­di. Nel 2014 i con­tri­bu­ti pre­vi­den­zia­li ver­sa­ti dai cit­ta­di­ni stra­nie­ri sono sta­ti pari a 10,9 miliar­di, cor­ri­spon­den­ti in manie­ra indi­ca­ti­va a 640mila pen­sio­ni ita­lia­ne.

 

RIMANDIAMO GLI AFGHANI IN AFGHANISTAN

Nel­la pre­ce­den­te new­slet­ter ave­va­mo par­la­to del­l’ac­cor­do tra Afgha­ni­stan e pae­si euro­pei per il rim­pa­trio di cit­ta­di­ni afgha­ni, sostan­zial­men­te in cam­bio di aiu­ti eco­no­mi­ci. Redat­to­re Socia­le ha volu­to appro­fon­di­re la vicen­da, sot­to­li­nean­do che «per la pri­ma vol­ta infat­ti si fa un accor­do di riam­mis­sio­ne for­za­ta con un pae­se in una situa­zio­ne di con­flit­to». Secon­do Cri­stho­pher Hein, con­si­glie­re stra­te­gi­co del Con­si­glio ita­lia­no rifu­gia­ti, «non si trat­ta di un vero accor­do ma di una dichia­ra­zio­ne con­giun­ta» che «pre­ve­de espli­ci­ta­men­te un rim­pa­trio for­za­to» ver­so un pae­se in cui nel 2015 sono sta­te docu­men­ta­te 11mila vit­ti­me di vio­len­za: «è un peri­co­lo­sis­si­mo pre­ce­den­te». I rim­pa­tri ver­so i pae­si di pro­ve­nien­za dovreb­be­ro infat­ti garan­ti­re la com­ple­ta sicu­rez­za del rim­pa­tria­to, e così non può esse­re nel caso del­l’Af­gha­ni­stan. Non si trat­ta di una que­stio­ne mar­gi­na­le: oltre a costi­tui­re un pre­ce­den­te, è neces­sa­rio ricor­da­re che gli afgha­ni sono sta­ti nume­ri­ca­men­te il secon­do grup­po nazio­na­le a chie­de­re asi­lo in Euro­pa nel 2015, dopo i cit­ta­di­ni siriani.

Map­pa a cura di HRW (2015).

Fede­ri­ca Moghe­ri­ni ha esclu­so che le due trat­ta­ti­ve (rim­pa­tri e aiu­ti eco­no­mi­ci) abbia­no alcun col­le­ga­men­to: «Non c’è mai col­le­ga­men­to tra gli aiu­ti svi­lup­po e quel­lo che fac­cia­mo sul­la migra­zio­ne. L’accordo lo abbia­mo fir­ma­to alcu­ni gior­ni fa. È sta­to un pro­ces­so paral­le­lo, ma non c’è con­di­zio­na­li­tà con gli aiu­ti allo sviluppo».

Debo­ra Ser­rac­chia­ni, pre­si­den­te del Friu­li Vene­zia Giu­lia (dove cir­ca la metà dei richie­den­ti asi­lo pro­vie­ne dall’Afghanistan) e vice­se­gre­ta­ria del PD, non ha nasco­sto l’entusiasmo: «Il recen­te accor­do tra l’Unione euro­pea e l’Afghanistan in mate­ria di rim­pa­tri e riam­mis­sio­ni apre degli spa­zi di inter­ven­to e alleg­ge­ri­men­to che, in par­ti­co­la­re per la nostra regio­ne potreb­be­ro esse­re mol­to significativi».

A fare com­pa­gnia ai pae­si euro­pei c’è il Paki­stan, dove attual­men­te risie­do­no cir­ca 3 milio­ni di cit­ta­di­ni afgha­ni. Il gover­no del Paki­stan sta pren­den­do prov­ve­di­men­ti per espel­ler­li tutti.

 

CHE SUCCEDE ALLA FRONTIERA?

Tem­pi Moder­ni rife­ri­sce di un’inchiesta con­dot­ta da The Inter­cept, con la qua­le sareb­be sta­to accer­ta­to che la Guar­dia di fron­tie­ra gre­ca avreb­be spa­ra­to con­tro una pic­co­lis­si­ma imbar­ca­zio­ne sul­la qua­le viag­gia­va­no dei migran­ti al lar­go del­le coste di Chios, due anni fa: «alme­no tre pro­fu­ghi siria­ni sono rima­sti seria­men­te feri­ti su una pic­co­la bar­ca da pesca che, pro­ve­nien­te dal­la Tur­chia, è sta­ta pre­sa a col­pi di mitra quan­do ha cer­ca­to di fug­gi­re, elu­den­do l’alt inti­ma­to dall’equipaggio di una moto­ve­det­ta, inter­ve­nu­to con le armi spia­na­te. Adnan Akil e Rawan, la sua gio­va­ne nuo­ra, due dei feri­ti, ricor­da­no tut­to per­fet­ta­men­te. Rin­trac­cia­ti in Ger­ma­nia da un invia­to del gior­na­le cir­ca tre mesi fa, han­no rac­con­ta­to che quan­do il loro “dri­ver”, dopo aver fin­to di obbe­di­re all’alt, ha rida­to gas al moto­re per ten­ta­re la fuga ver­so la Tur­chia, dall’unità mili­ta­re han­no spa­ra­to con­tro la bar­ca, costrin­gen­do­la a fer­mar­si. Poi alcu­ni mari­nai sono sali­ti a bor­do, facen­do rot­ta ver­so Chios, dove il “dri­ver” è sta­to arre­sta­to, i feri­ti rico­ve­ra­ti in ospe­da­le e gli altri pro­fu­ghi con­dot­ti in un alber­go a dispo­si­zio­ne del­la poli­zia per esse­re inter­ro­ga­ti. Con­fic­ca­ti nel legno del­lo sca­fo sono sta­ti tro­va­ti 16 pro­iet­ti­li». Il pesca­to­re alla gui­da dell’imbarcazione non ave­va­no spa­ra­to per pri­mo (come soste­nu­to dal­la con­tro­par­te), sem­pli­ce­men­te per­ché non vi era­no armi a bor­do. Non sareb­be que­sto l’unico epi­so­dio e pare che l’autorizzazione a spa­ra­re sia anco­ra vigente.

Una ragaz­za eri­trea di 17 anni è mor­ta, set­ti­ma­na scor­sa, men­tre cer­ca­va di attra­ver­sa­re il con­fi­ne tra Ita­lia e Fran­cia a Ven­ti­mi­glia. Insie­me a sei fami­glia­ri si era incam­mi­na­ta all’interno di una gal­le­ria auto­stra­da­le per evi­ta­re il bloc­co del­la Poli­zia ed è sta­ta tra­vol­ta da un camion. La stes­sa iden­ti­ca cosa è suc­ces­sa a Calais, sem­pre set­ti­ma­na scor­sa, e anche in que­sto caso è dece­du­to un rifu­gia­to eri­treo.

L’in­ci­den­te di Ventimiglia.

E a pro­po­si­to di Eri­trea, set­ti­ma­na scor­sa abbia­mo accen­na­to al pro­ces­so di riav­vi­ci­na­men­to al gover­no eri­treoche alcu­ni set­to­ri del­la poli­ti­ca ita­lia­na stan­no cer­can­do di pro­muo­ve­re. Ebbe­ne, il mini­stro degli Este­ri eri­treo, Osman Saleh Moham­med, a mar­gi­ne del Festi­val del­la comu­ni­tà eri­trea in Ita­lia ha dichia­ra­to che «è sta­to l’Oc­ci­den­te a invi­ta­re gli eri­trei a lascia­re il loro Pae­se, attraen­do­li con oppor­tu­ni­tà di stu­dio e lavo­ro. Se l’Eu­ro­pa smet­te di rico­no­sce­re auto­ma­ti­ca­men­te l’a­si­lo poli­ti­co agli eri­trei, gli eri­trei smet­te­ran­no di par­ti­re. E’ fal­so — ha con­ti­nua­to il mini­stro — che gli eri­trei fug­ga­no da una per­se­cu­zio­ne». Sareb­be­ro sta­ti invi­ta­ti dall’Europa sul­la base di una “stra­te­gia poli­ti­ca” fina­liz­za­ta a impor­re un cam­bio di regi­me: «per acce­le­ra­re que­sto cam­bio di regi­me han­no crea­to la fuga dei cer­vel­li, finan­zian­do­la. Allo stes­so tem­po l’Eu­ro­pa ha deci­so di dare l’a­si­lo poli­ti­co agli eri­trei. Han­no volu­to crea­re la per­ce­zio­ne che gli eri­trei era­no per­se­gui­ta­ti dal gover­no e han­no bol­la­to l’E­ri­trea come Corea del Nord afri­ca­na. Han­no insul­ta­to l’E­ri­trea».

Isa­ias Afewer­ki, Pre­si­den­te del­l’E­ri­trea inin­ter­rot­ta­men­te dal 1991.

 

#PINOTTIRISPONDA

Non c’entra, ma c’entra. La mini­stra del­la Dife­sa, Rober­ta Pinot­ti, si è reca­ta in visi­ta al gover­no Sau­di­ta a ini­zio otto­bre. La visi­ta fa cer­ta­men­te noti­zia per­ché l’Arabia Sau­di­ta è a capo di una coa­li­zio­ne inter­na­zio­na­le che sen­za alcun man­da­to inter­na­zio­na­le sta bom­bar­dan­do da mesi lo Yemen, in una guer­ra san­gui­no­sis­si­ma e dimen­ti­ca­ta. Nei mesi scor­si è arri­va­ta da più par­ti la denun­cia — pre­ci­sa­men­te docu­men­ta­ta — del­la spe­di­zio­ne di armi dal­la Sar­de­gna all’Arabia Sau­di­ta, armi che sareb­be­ro sta­te usa­te duran­te il con­flit­to e che, stan­do alla leg­ge 185/1990, non avreb­be­ro potu­to esse­re espor­ta­te, pro­prio per­ché l’Arabia Sau­di­ta è un pae­se in guer­ra. Una vicen­da brut­ta, rispet­to alla qua­le la chia­rez­za non è sicu­ra­men­te abba­stan­za. Ecco per­ché, insie­me a Giu­sep­pe Civa­ti, ho posto otto doman­de alla ministra.

 

MUST READ (AND BAD NEWS)

Pro­po­nia­mo quat­tro repor­ta­ge, mol­to bel­li, ma allo stes­so tem­po mol­to brutti.

La più gra­ve sic­ci­tà che l’Etiopia abbia vis­su­to negli ulti­mi cinquant’anni, rac­con­ta­ta per imma­gi­ni.

Cosa vede un foto­gra­fo quan­do una bar­ca vie­ne trat­ta in sal­vo. Le imma­gi­ni sono for­ti.

Anche in Ita­lia ci sono situa­zio­ni dram­ma­ti­che. Il ghet­to di Rigna­no è una di quel­le più dure.

Una del­le imma­gi­ni del repor­ta­ge di Lacuna.org.uk sul­la sic­ci­tà in Etiopia.

Ave­te pre­sen­te le bat­te­rie dei nostri smart­pho­ne? Ecco cosa suc­ce­de all’inizio del­la cate­na pro­dut­ti­va, in un bel­lis­si­mo repor­ta­ge del Washing­ton Post.

GOOD NEWS

Come soste­nia­mo da tem­po, e come riba­di­to in “Nes­sun Pae­se è un’isola”, l’accoglienza può esse­re (se fat­ta bene, secon­do il model­lo SPRAR) un’occasione per alcu­ni ter­ri­to­ri peri­fe­ri­ci del­la nostra peni­so­la. In Basi­li­ca­ta, ad esem­pio, ora chie­do­no più rifu­gia­ti. Il per­ché lo spie­ga Dome­ni­ca Oro­fi­no, sin­da­ca di Far­del­la, poco più di 500 abi­tan­ti: gra­zie ai bam­bi­ni dei nuo­vi arri­va­ti la scuo­la ele­men­ta­re reste­rà aper­ta.

 

CONTENUTO SPECIALE

Con­si­glia­tis­si­ma: una map­pa del con­flit­to siria­no che gra­zie a due atti­vi­sti è aggior­na­ta in tem­po rea­le sul con­trol­lo dei ter­ri­to­ri. Lo sto­ri­co, inol­tre, per­met­te di risa­li­re a mesi e mesi fa, così da poter “apprez­zar­ne” l’evoluzione.

 

Per con­clu­de­re, “Nes­sun Pae­se è un’isola” è in stam­pa! Le pri­mis­si­me copie saran­no dispo­ni­bi­li a gior­ni. E la cam­pa­gna con­ti­nua: set­ti­ma­na pros­si­ma sare­mo a Geno­va e a Peschie­ra Borromeo.

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E per qual­sia­si cosa (appro­fon­di­men­ti, doman­de, cri­ti­che), scri­vi­mi: nessunpaeseeunisola@gmail.com.

Gra­zie! A set­ti­ma­na prossima!

ste­fa­no

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Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.