Però hanno paura, bisogna capirli. Serve «comprensione», ha dichiarato il premier Renzi. «Di dentifricio dal tubetto ne è uscito già parecchio», gli ha fatto eco Bersani. E perciò si renderebbe necessario «un tagliando sui meccanismi dell’accoglienza». «Sono stati resi edotti dopo» del fatto che i rifugiati fossero donne e bambini, ribadisce il sindaco di Goro, Vincenzo Viviani (versione peraltro smentita dal Prefetto, come riporta Arianna Ciccone). Perché se invece fossero stati uomini in difficoltà allora le barricate sarebbero state giustificate? «Non hanno avuto il tempo di metabolizzare». Di metabolizzare cosa? La presenza dell’uomo nero?
Ma siete ancora capaci di riconoscere la disumanità di barricate che respingono persone in estrema difficoltà? Lo siete mai stati? E siete capaci di dire senza incertezze che se quelle persone in difficoltà hanno la carnagione di un altro colore — siano donne, bambini, anziani, giovani uomini — allora siamo di fronte a un sentimento tanto antico quanto rimosso dal nostro vocabolario, che prende il nome di razzismo? Di odio per lo straniero? Sembra di tornare, se non all’anno Mille dell’Italia dei comuni, con le mura e i pedaggi, a pochi anni fa e alle ronde padane, e a chi invece di combatterle addirittura le emulava coniando la perversione delle ronde democratiche. Da italiani brava gente, che negli anni Cinquanta in ogni parte del Paese avevano aperto le porte di casa per ospitare proprio i cittadini di Goro, resi profughi dall’alluvione, a italiani vigilanti mezzo secolo dopo.
Prima di cedere alla comprensione da chiacchiera al bar, dovreste avere il coraggio di raccontare le cose come stanno. Di piantarla col puntare il dito verso l’Europa matrigna (ma quanto fanno comodo però i migranti per contrattare uno zerovirgola di deficit, eh?) e di dire chiaramente che l’emergenza è dovuta all’incapacità di questo governo e non alla straordinarietà dei flussi. 2.500 persone in più rispetto al 2014 e 15.000 in più rispetto al 2015 non sono un’emergenza: sono la dimostrazione di un fenomeno strutturale che il governo Renzi affronta in maniera emergenziale se è vero — come è vero — che l’80% del sistema di accoglienza è composto da centri straordinari e che questi ultimi sono in costante e progressiva crescita, mentre i posti del circuito SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) — quello che funziona bene, che ospita vere e proprie eccellenze, che fa dell’accoglienza diffusa e dell’inclusione un tratto distintivo — sono stabili da anni e si aggirano attorno al 15% del totale.
Due anni e mezzo di governo Renzi non hanno cambiato di una virgola l’accoglienza in Italia: quanto tempo ci vorrà perché il governo agisca per invertire le proporzioni? Quanto tempo per trovare una sistemazione ai pochi transitanti del Baobab a Roma, sballottati da una parte all’altra, costretti al freddo e a dormire per terra? Quanto tempo per i transitanti a Milano? Quanto tempo per Ventimiglia? Quanto per il ghetto di Rignano? Quanto tempo?
Non basta la Costituzione, non basta l’umana pietas o la cristiana carità o la zakat musulmana, non bastano le Convenzioni Internazionali sui Diritti umani, non bastano le Corti, non bastano le associazioni, non basta tanta buona politica ma debole, non bastano le vite disperse in mare, non bastano le lacrime dei bambini, non basta la paura nei volti dei richiedenti asilo tra le onde, non basta il senso di giustizia. Niente basta, tutto è da rifare. Ignoranza e paura annaffiate meticolosamente da certa politica, da certa televisione, da certo giornalismo crescono come la gramigna e soffocano l’esile, preziosa, indifesa pianta dell’umanità.
Stefano Catone e Andrea Maestri