Non dire imposta di successione

Ancora oggi, il solo accennare la necessità di reintrodurre una modesta tassazione sui passaggi ereditari della ricchezza scatena reazioni viscerali.

Cosa suc­ce­de ai segre­ta­ri del PD quan­do diven­ta­no segre­ta­ri del PD?

La doman­da mi è sor­ta osser­van­do ester­re­fat­to (ma nean­che trop­po) l’ennesimo guaz­za­bu­glio crea­to­si nel dibat­ti­to poli­ti­co ita­lia­no un minu­to dopo che Enri­co Let­ta ha pro­fe­ri­to quel­le paro­le così invi­se agli allea­ti di gover­no (eh già). Impo­sta di suc­ces­sio­ne è l’alter ego del­la patri­mo­nia­le. Mai dire impo­sta di suc­ces­sio­ne. Sem­pre che tu non ne sia con­vin­to sino in fon­do, ovvia­men­te. Noi di Pos­si­bi­le lo sia­mo e lo ripe­te­re­mo in ogni ango­lo del­le vie (appe­na si potrà cir­co­la­re liberamente).

L’imposta di suc­ces­sio­ne in pra­ti­ca nel nostro pae­se non esi­ste. L’ha ridot­ta ai mini­mi ter­mi­ni il mini­stro Tre­mon­ti nel 2001. Ma pos­so dir­vi che Giu­lia­no Ama­to, ulti­mo pre­si­den­te del Con­si­glio del­la sta­gio­ne dell’Ulivo di Pro­di e Vel­tro­ni, die­de loro una gros­sa mano intro­du­cen­do una leg­ge, col­le­ga­ta alla Finan­zia­ria, che esen­ta­va dal paga­men­to dell’imposta gli ere­di in linea ret­ta, figli e coniu­gi, per i patri­mo­ni fino a 350 milio­ni di lire. Inu­ti­le dire che da quel momen­to il get­ti­to rac­col­to diven­ne irrisorio.

Nem­me­no il gover­no dell’Unione riu­scì a rein­tro­dur­re un ade­gua­to pre­lie­vo sul­le suc­ces­sio­ni: si sta­bi­lì una fran­chi­gia mol­to ele­va­ta, a 1 milio­ne di euro, in com­bi­na­zio­ne con ali­quo­te mol­to bas­se (gli ere­di in linea ret­ta paga­no il 4% sul­la quo­ta eccedente).

Insom­ma, l’Italia è il para­di­so fisca­le del­le ere­di­tà, un pae­se dina­sti­co: i beni dei padri pas­sa­no in suc­ces­sio­ne ai figli, e quel­li dei figli ai figli dei figli e così via, nei seco­li e nei seco­li. Una dina­mi­ca ben descrit­ta dal lavo­ro di Gugliel­mo Baro­ne e Sau­ro Mocet­ti, due ricer­ca­to­ri di Ban­ca d’Italia, in un wor­king paper del 2016 inti­to­la­to La mobi­li­tà inter­ge­ne­ra­zio­na­le nel lun­ghis­si­mo perio­do: Firen­ze 1427–2011. I due han­no valu­ta­to il coef­fi­cien­te di ela­sti­ci­tà inter­ge­ne­ra­zio­na­le dei red­di­ti ma soprat­tut­to del­le ric­chez­ze a Firen­ze nel perio­do che va dal XV seco­lo all’inizio del XXI, sco­pren­do che nul­la è cam­bia­to in qua­si sei­cen­to anni. Ita­lia Ancien Régime.

Anco­ra oggi, il solo accen­na­re la neces­si­tà di rein­tro­dur­re una mode­sta tas­sa­zio­ne sui pas­sag­gi ere­di­ta­ri del­la ric­chez­za sca­te­na rea­zio­ni visce­ra­li. Una del­le prin­ci­pa­li cri­ti­che è rela­ti­va al fat­to che l’imposta di suc­ces­sio­ne si con­fi­gu­re­reb­be come una ulte­rio­re tas­sa­zio­ne di beni già tas­sa­ti, frut­to del duro lavo­ro dei padri (ovvia­men­te) che han­no tut­to il dirit­to di lascia­re ai pro­pri ere­di quan­do accu­mu­la­to in una vita di sacri­fi­ci. Que­sta nar­ra­zio­ne ha sen­so di esi­ste­re solo in una con­ce­zio­ne asso­lu­ti­sti­ca del dirit­to di pro­prie­tà, sacro e intan­gi­bi­le. Qual­co­sa che ci fa tor­na­re improv­vi­sa­men­te indie­tro di quat­tro seco­li, visto che si trat­ta di con­ce­zio­ni pro­prie del­la dot­tri­na poli­ti­ca di John Loc­ke (1689), men­tre stia­mo igno­ran­do del tut­to un prin­ci­pio car­di­ne del­la nostra stes­sa Costi­tu­zio­ne (la più bel­la del mon­do, o no?), dove, all’articolo 42, sta­bi­li­sce che «la pro­prie­tà pri­va­ta è rico­no­sciu­ta e garan­ti­ta dal­la leg­ge, che ne deter­mi­na i modi di acqui­sto, di godi­men­to e i limi­ti allo sco­po di assi­cu­rar­ne la fun­zio­ne socia­le e di ren­der­la acces­si­bi­le a tutti».

La fina­li­tà del­la tas­sa di suc­ces­sio­ne è di per­met­te­re un futu­ro miglio­re a tut­ti i figli, in modo che pos­sa­no istruir­si e ave­re pari oppor­tu­ni­tà di rea­liz­zar­si negli stu­di e nel lavo­ro. Anche in que­sto modo si assol­ve a quel­la fun­zio­ne socia­le descrit­ta dall’articolo 42.

Pec­ca­to che la pro­po­sta di Enri­co Let­ta di tra­sfor­ma­re il get­ti­to rac­col­to in una ‘dote’ per i gio­va­ni sia nien­te­me­no che la soli­ta ripro­po­si­zio­ne del­la for­mu­la del bonus. Una tan­tum da spen­de­re in for­ma­zio­ne e istru­zio­ne. Fate voial­tri. Come se lo Sta­to non si occu­pas­se di quel­le cose, di for­ma­zio­ne e istru­zio­ne, che sono quin­di ridot­te a fat­to pri­va­to, a una scel­ta — ancor­ché obbli­ga­ta — dei sin­go­li indi­vi­dui. No, caro segre­ta­rio, quel get­ti­to andreb­be spe­so in inve­sti­men­ti per scuo­le e uni­ver­si­tà pub­bli­che. Que­sto ci sarem­mo aspet­ta­ti di sen­ti­re. Del resto, però, si trat­ta pur sem­pre di una pro­po­sta per il futu­ro, mica per l’odierno. Ver­rà appro­va­ta quan­do? Quan­do sare­te al gover­no? Come se così non fos­se già ora.

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