[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1509449907982{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Val di Susa, Campo dei Fiori di Varese, Valtellina, Alto Garda. E chissà quanti altri. Il nord Italia, con la Lombardia che ha chiesto lo stato di emergenza nazionale, in queste ore sta letteralmente bruciando, e da giorni. Nonostante il lavoro dei volontari e dei Vigili del fuoco, le fiamme non si fermano, le case vengono evacuate. Un’emergenza che scoppia quando i delinquenti incendiano i boschi e lo fanno nel momento in cui le probabilità di avere successo sono più elevate: nel nord-ovest «non piove seriamente da fine giugno e ora la crisi idrica è al suo apice», ha scritto ieri Luca Mercalli su La Stampa. «Solo negli stessi periodi del 1832 e del 1871 aveva piovuto meno, ma all’epoca le temperature medie erano più fresche di oltre due gradi rispetto a quest’anno, l’evaporazione dai suoli era dunque più moderata e gli effetti della siccità meno evidenti».
Il clima volge verso scenari inediti per gli equilibri terrestri, in cui — scrive oggi Roberto Giovannini su La Stampa — «sarà sempre più difficile riuscire a limitare gli effetti più disastrosi del cambiamento climatico, prodotto dall’attività umana dall’inizio dell’era industriale». Ce lo dimostrano le cifre, che segnano un nuovo record «nella concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera del nostro pianeta (il più diffuso dei gas climalteranti) ha superato il nuovo record degli ultimi 800mila anni. In media, nel corso del 2016, la presenza di CO2 nell’aria ha raggiunto quota 403,3 parti per milione (ppm) di concentrazione, contro le 400 ppm registrate nel 2015. Si tratta di un aumento, nel giro di soli dodici mesi, particolarmente forte e dunque preoccupante, visto che nello scorso decennio l’aumento medio è stato di 2,1 ppm ogni anno».
«L’ultima volta che la Terra registrò simili concentrazioni di anidride carbonica era nel Pliocene, da tre a 5 milioni d’anni fa: allora la temperatura era di 3 gradi superiore all’attuale, e il livello del mare tra i 10 e i 20 metri superiore a quello di oggi. Nel 1750 la concentrazione di CO2 era di 280 ppm, il 145% in meno rispetto ad oggi».
Provano a farci credere che l’acqua impetuosa sia assassina e i morti e i danni dei terremoti siano tragedie dovute al fato avverso. E gli incendi siano responsabilità esclusiva dei piromani (che speriamo vengano individuati e consegnati alla giustizia).
Le città italiane sono malate di “mal’aria”, come dimostra il rapporto di Legambiente “Ecosistema Urbano” presentato ieri a Milano: ci sono pochissimi amministratori illuminati che hanno preso la questione sul serio, un’Italia «che gestisce il ciclo dei rifiuti come e meglio di tante altre realtà europee, che ha cambiato stili di mobilità, trovato la formula giusta per depurare gli scarichi, contenere i consumi idrici e lo sperpero d’acqua potabile, che investe sulle rinnovabili, che ha significative esperienze di rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi pubblici». C’è tutta un’altra Italia, maggioritaria, che non lo fa. Ed è così che ogni anno moriamo di inquinamento in più di 90mila. Perché i soldi non ci sono mai, tranne che per le grandi opere inutili e criminogene, eppure sul pianeta la vita animale e vegetale così come la conosciamo non è mai stata così a rischio.
Facciamoci tutti una cortesia: non votiamo mai più (mai più!) partiti che non forniscano serissime garanzie e possegga serissime competenze per mettere al centro dell’agenda politica tutto questo. Il voto utile è quello che salva la vita. La nostra e di quelli che verranno.
Stefano Catone
Annalisa Corrado[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]