Inutile girarci intorno: in men che non si dica finirà la spensieratezza estiva e si tornerà a parlare di chiusure, o di riaperture che saltano come nel caso delle scuole. Per questo, per la prima volta dall’inizio della pandemia, questo Paese potrebbe anticipare il problema prima di esserne travolto: il vaccino contro il Covid deve diventare la condizione necessaria per condurre una vita normale, e senza perdere tempo. Non a caso in altri Paesi l’argomento ormai è solo questo.
Abbiamo quindi due strade di fronte a noi: o ci apprestiamo a chiudere di nuovo cinema, bar, ristoranti, negozi, uffici, mezzi di trasporto, e noi stessi, o in casa ci chiudiamo quelli che non hanno voluto vaccinarsi.
Vuoi uscire a cena? Vaccino. Altrimenti, mangi a casa.
Vuoi andare a vedere un film? A bere una birra? A far vasche al centro commerciale? Vuoi viaggiare? Rientrare a casa dopo le 10 o le 11 di sera? Ti devi vaccinare.
Perché l’alternativa è che per lasciar circolare qualcuno, a breve dovremmo tombarci di nuovo tutti, come nella fase 1 e successive, ma a questo punto non ha più senso, e peraltro non è più nemmeno giusto, o sensato, per la salute mentale e fisica del Paese, per l’economia, per mille ragioni.
Del resto, stanno uscendo i primi studi sull’efficacia delle varie versioni: con la seconda dose la mortalità si riduce del 100 per cento o poco meno, a seconda del tipo di vaccino. Le terapie intensive quasi non si verificano. Le ospedalizzazioni crollano. Chi si ammala, si ammala in forma lieve o senza nessun sintomo. Persino i dati sulla prima dose sono ottimi. Vi pare poco? È un risultato straordinario.
Ciò premesso, in Italia ci sono ancora un paio di milioni di over 60 non vaccinati. E siccome a questo punto il sistema sanitario dovrebbe già averli contattati, se non hanno fatto le due iniezioni forse è perché non hanno voluto.
Poi ci sono tutti gli altri, in tutte le fasce di età e categorie (tra questi, una percentuale non piccola di insegnanti, e la riapertura delle scuole è dietro l’angolo). È una situazione inaccettabile.
Non è più il momento di scherzare, se mai lo è stato, di parlare di no-vax e 5G. La macchina organizzativa e le regioni si mettano nelle condizioni di soddisfare la domanda, gli scienziati ci dicano chi ha patologie tali da consigliare di non vaccinarsi, si valuti il rischio sui minori, in particolare sui preadolescenti, si tengano insomma fuori quelli che vanno tenuti fuori, e li si protegga facendo in modo che chi sta loro intorno sia sempre vaccinato, e siccome a renderlo un generico obbligo di legge o di categoria si corrono rischi di ricorsi o incostituzionalità, lo si trasformi in un pass sociale. Si tocchino i riottosi dove evidentemente fa più male, la libertà personale di vivere normalmente, e a chi la vede come una limitazione si faccia presente che ne abbiamo vissute tutti, di limitazioni, per il bene comune, nell’ultimo anno e mezzo, e che la libertà propria finisce dove inizia quella degli altri, e soprattutto quando non la limita.
Chi proprio non vuole vaccinarsi sappia che questa volta si vedrà imposto un lockdown su misura, una personalissima zona rossa, con tutto quel che questo comporta dal punto di vista lavorativo, personale, familiare. Perché la vera limitazione della libertà di tutti, a questo punto, non consiste nell’obbligo a vaccinarsi, ma nel rifiuto a farlo.