Perché il nucleare non è una soluzione

PERCHÉ IL NUCLEARE NON È UNA SOLUZIONE PER L’ITALIA

il testo è una revi­sio­ne di Ste­fa­no Baraz­zet­ta, che ha reso anco­ra più effi­ca­ce e com­ple­to il nostro documento.

 

Ste­fa­no Baraz­zet­ta è Inge­gne­re Ambien­ta­le e ha con­se­gui­to un MBA pres­so POLIMI Gra­dua­te School of Mana­ge­ment (la Busi­ness School del Poli­tec­ni­co di Mila­no). Ha lavo­ra­to nel set­to­re pub­bli­co, nel set­to­re finan­zia­rio tra­di­zio­na­le (pri­va­te equi­ty) e da una deci­na d’an­ni si occu­pa di impact inve­sting (inve­sti­men­ti che coniu­ga­no ritor­ni finan­zia­ri con obiet­ti­vi socia­li o ambien­ta­li). Attual­men­te è con­su­len­te indi­pen­den­te, e col­la­bo­ra prin­ci­pal­men­te con alcu­ne agen­zie del­le Nazio­ni Unite.

 

Il nuclea­re non è una solu­zio­ne né alla cri­si cli­ma­ti­ca né alla cri­si ener­ge­ti­ca, né nel bre­ve perio­do né – con ogni pro­ba­bi­li­tà – nel medio-lun­go periodo.

Il nostro scet­ti­ci­smo sul ritor­no al nuclea­re si fon­da su alcu­ni aspet­ti tec­ni­ci, eco­no­mi­ci, ambien­ta­li: defi­ni­re anti­scien­ti­fi­co que­sto approc­cio è sba­glia­to, è un approc­cio basa­to sul­le più recen­ti evi­den­ze scien­ti­fi­che e industriali.

Il nostro è neces­sa­ria­men­te e volu­ta­men­te un approc­cio basa­to su tut­ti gli ele­men­ti del con­te­sto, che par­te dal­le cono­scen­ze scien­ti­fi­che e tec­ni­che ma non tra­scu­ra gli altri fon­da­men­ta­li aspet­ti che con­cor­ro­no a deter­mi­na­re lo sce­na­rio miglio­re per il futu­ro di tut­te e tut­ti: in pri­mis tem­pi e costi del­le diver­se fon­ti energetiche.

Non ci voglia­mo sosti­tui­re alle acca­de­mie scien­ti­fi­che né alle prin­ci­pa­li isti­tu­zio­ni: stu­dia­mo per esse­re rigo­ro­si, dopo­di­ché la nostra è sem­pre una scel­ta poli­ti­ca, razio­na­le e trasparente.

CONTESTI DIVERSI RICHIEDONO SOLUZIONI DIVERSE

La pre­mes­sa fon­da­men­ta­le nell’analizzare le diver­se pos­si­bi­li poli­ti­che da adot­ta­re in ambi­to ener­ge­ti­co è che con­te­sti diver­si richie­do­no (e per­met­to­no) poli­ti­che diverse.

Le eco­no­mie avan­za­te – del­le qua­li l’Italia fa par­te – han­no carat­te­ri­sti­che diver­se dal­le eco­no­mie emergenti.

Il nuclea­re – come vedre­mo più in det­ta­glio in segui­to – ha sem­pre richie­sto e tut­to­ra richie­de un for­tis­si­mo ruo­lo del­lo Sta­to sia dal pun­to di vista del­la pia­ni­fi­ca­zio­ne e del­la auto­riz­za­zio­ne degli impian­ti sia dal pun­to di vista del finan­zia­men­to degli impian­ti stessi.

Non è un caso che il nuclea­re si sia svi­lup­pa­to ini­zial­men­te in un’epoca e in Pae­si nei qua­li, per moti­vi diver­si, lo Sta­to ave­va un ruo­lo pre­do­mi­nan­te: in Fran­cia, Unio­ne Sovie­ti­ca, Giap­po­ne, e per­si­no in USA – la patria del capi­ta­li­smo – il nuclea­re ha rice­vu­to un sup­por­to enor­me dai Gover­ni, sia per moti­vi di poli­ti­ca ener­ge­ti­ca, sia per moti­vi stra­te­gi­ci e mili­ta­ri (Guer­ra Fredda).

E non è un caso che il Pae­se al mon­do che più ha pun­ta­to sul nuclea­re negli ulti­mi 15 anni sia la Cina.

NON ABBIAMO TEMPO: CI SERVONO RISPOSTE RAPIDE, E IL NUCLEARE NON LE PUO’ FORNIRE

Il nuclea­re non può esse­re una solu­zio­ne alla cri­si ener­ge­ti­ca in cui ci tro­via­mo: i tem­pi di costru­zio­ne di un impian­to nuclea­re in Occi­den­te si pos­so­no sti­ma­re intor­no ai 10 anni (come vedre­mo in real­tà il track record più recen­te è ben peg­gio­re), ai qua­li van­no aggiun­ti i tem­pi rela­ti­vi a pre­pa­ra­zio­ne del qua­dro nor­ma­ti­vo, alla sele­zio­ne dei siti, alla sele­zio­ne del con­trac­tor che costrui­rà gli impianti.

Si noti che la pri­ma fase è par­ti­co­lar­men­te com­ples­sa – sia legi­sla­ti­va­men­te che poli­ti­ca­men­te — in un Pae­se che come il nostro ha det­to “No” al nuclea­re in ben due referendum.

E non sia­mo noti per esse­re un pae­se in cui le gran­di ope­re pro­ce­da­no speditamente.

Anche se l’Italia des­se il via a un nuo­vo pia­no nuclea­re doma­ni stes­so, con ogni pro­ba­bi­li­tà non vedrem­mo il pri­mo kWh nuclea­re pri­ma di 15 anni, o più.

La len­tez­za di svi­lup­po del nuclea­re male si spo­sa con gli obiet­ti­vi euro­pei di decar­bo­niz­za­zio­ne: con il pia­no Fitfor55 l’Unione euro­pea ha posto l’obiettivo del taglio del 55% del­le emis­sio­ni cli­mal­te­ran­ti entro il 2030, tra otto anni.

Per rag­giun­ge­re que­sto obiet­ti­vo è neces­sa­rio che la pro­du­zio­ne di ener­gia elet­tri­ca, che è la prin­ci­pa­le fon­te di emis­sio­ni in Ita­lia, arri­vi al 70% di gene­ra­zio­ne da fon­ti a emis­sio­ni zero nei pros­si­mi 8 anni, un tem­po mol­to bre­ve che richie­de solu­zio­ni rapide.

Pun­ta­re sul nuclea­re per decar­bo­niz­za­re pro­du­zio­ne dell’elettricità signi­fi­che­reb­be fal­li­re gli obiet­ti­vi del pia­no euro­peo. Al con­tra­rio, per rien­tra­re sul per­cor­so del­la decar­bo­niz­za­zio­ne del set­to­re elet­tri­co a bre­ve e medio ter­mi­ne (oltre a quan­to già cita­to, ossia l’85% di elet­tri­ci­tà da fon­ti a emis­sio­ni zero nel 2035, il 100% fra il 2040 e il 2045) signi­fi­ca neces­sa­ria­men­te fare affi­da­men­to sul­le tec­no­lo­gie rin­no­va­bi­li, sull’accumulo di ener­gia elet­tri­ca e sul miglio­ra­men­to del­le inter­con­nes­sio­ni di tra­smis­sio­ne, rea­liz­zan­do tut­te quel­le ope­re che sono lo sco­glio mag­gio­re per l’utilizzo del­le rin­no­va­bi­li, e che pos­so­no esse­re mes­se in cam­po mol­to più rapi­da­men­te e a costi inferiori.

ANCHE PER L’AGENZIA INTERNAZIONALE DELL’ENERGIA IL NUCLEARE AVRA’ UN RUOLO MARGINALE

La IEA – Inter­na­tio­nal Ener­gy Agen­cy – ha ela­bo­ra­to con il suo sce­na­rio Net Zero 2050 la road­map “più tec­ni­ca­men­te fat­ti­bi­le, più effi­cien­te dal pun­to dei vista dei costi, e più accet­ta­bi­le social­men­te” per giun­ge­re a emis­sio­ni net­te nul­le entro il 2050.

Lo sce­na­rio affer­ma con chia­rez­za che non abbia­mo biso­gno di inve­sti­re in nuo­vi impian­ti di estra­zio­ne di gas e di petro­lio (e nem­me­no di car­bo­ne), che le rin­no­va­bi­li potran­no copri­re il fab­bi­so­gno elet­tri­co mon­dia­le al 90%, e che nel 2050 il sola­re potrà esse­re la fon­te più impor­tan­te di ener­gia (e non solo di elet­tri­ci­tà) a livel­lo globale.

Per poter rag­giun­ge­re l’o­biet­ti­vo Net Zero entro il 2050 la pro­du­zio­ne di elet­tri­ci­tà da fon­ti fos­si­li dovrà crol­la­re, men­tre le rin­no­va­bi­li faran­no la par­te del leo­ne, aumen­tan­do di otto vol­te la pro­du­zio­ne, andan­do a rag­giun­ge­re qua­si il 90% del­la gene­ra­zio­ne elet­tri­ca tota­le entro il 2050.

Ma cosa pre­ve­de lo sce­na­rio NZE 2050 per il nucleare?

Ad una pri­ma let­tu­ra ci sono buo­ne noti­zie: il nuclea­re dovrà rad­dop­pia­re la quan­ti­tà di elet­tri­ci­tà pro­dot­ta dal 2020 al 2050; ma guar­dan­do con più atten­zio­ne la situa­zio­ne appa­re meno rosea.

Tenen­do con­to del fat­to che la pro­du­zio­ne elet­tri­ca mon­dia­le tri­pli­che­rà, que­sto signi­fi­ca che il nuclea­re andrà a rive­sti­re un ruo­lo sem­pre più mar­gi­na­le in ter­mi­ni rela­ti­vi, copren­do nel 2050 il fab­bi­so­gno elet­tri­co glo­ba­le per sol­tan­to l’8% (in calo dal 10% attuale).

E que­sto nono­stan­te il fat­to che, per rag­giun­ge­re que­sto risul­ta­to, si richie­de che il rit­mo del­le nuo­ve instal­la­zio­ni annue pas­si dal­la media annua di 6 GW regi­stra­ta del decen­nio 2011–2020 a 24 GW, quadruplicando.

Ma è impor­tan­te distin­gue­re: secon­do IEA la cre­sci­ta del nuclea­re avver­rà in lar­ghis­si­ma par­te nei mer­ca­ti emer­gen­ti, men­tre la pro­du­zio­ne nel­le eco­no­mie avan­za­te cre­sce­rà di pochis­si­mo in ter­mi­ni asso­lu­ti, andan­do a dimez­za­re il suo con­tri­bu­to (dal 18% del 2020 attua­le al 10% nel 2050) in ter­mi­ni rela­ti­vi. In pra­ti­ca i nuo­vi reat­to­ri che entre­ran­no in fun­zio­ne nel­le eco­no­mie avan­za­te andran­no in gran par­te a rim­piaz­za­re quel­li che ine­vi­ta­bil­men­te chiu­de­ran­no per rag­giun­ti limi­ti di età.

Que­sto nel caso miglio­re: IEA, con­sa­pe­vo­le del­la cri­si che il nuclea­re ha attra­ver­sa­to negli ulti­mi anni in Occi­den­te, ha ela­bo­ra­to un sot­to sce­na­rio nel qua­le la pro­du­zio­ne di elet­tri­ci­tà dal­l’a­to­mo nel 2050 sarà infe­rio­re del 60% rispet­to a quel­la ipo­tiz­za­ta nel­lo sce­na­rio prin­ci­pa­le, a cau­sa del­l’ef­fet­to com­bi­na­to di man­ca­te esten­sio­ni degli impian­ti oggi ope­ra­ti­vi, del­l’as­sen­za di nuo­vi pro­get­ti nel­le eco­no­mie avan­za­te, e di un rit­mo di espan­sio­ne del set­to­re nel­le eco­no­mie emer­gen­ti pari a quel­lo attua­le, e quin­di ina­de­gua­to all’ac­ce­le­ra­zio­ne richie­sta per rag­giun­ge­re gli obiet­ti­vi di ridu­zio­ne del­le emis­sio­ni; in que­sto caso per con­se­gui­re l’o­biet­ti­vo Net Zero 2050 dovre­mo quin­di fare ricor­so a un impie­go anco­ra più mas­sic­cio del­le rinnovabili.

È inte­res­san­te nota­re che in ter­mi­ni di costi que­sto com­por­te­rà un aggra­vio mini­mo: lo 0,2% del­le bol­let­te e lo 0,4% gli inve­sti­men­ti. Con­si­de­ran­do che si trat­ta di pro­ie­zio­ni a 30 anni e quin­di sog­get­te a note­vo­le incer­tez­za, la dif­fe­ren­za è sostan­zial­men­te nulla.

IL NUCLEARE COSTA MOLTISSIMO E COSTA SEMPRE DI PIU’, E NON È COMPETITIVO

IEA stes­sa sostie­ne che il nuclea­re potrà regi­stra­re lo svi­lup­po sopra men­zio­na­to – comun­que rela­ti­vo — solo se l’industria sarà in gra­do di inver­ti­re la ten­den­za ridu­cen­do costi e tem­pi, e se ci sarà for­te sup­por­to, anche finan­zia­rio, da par­te dei governi.

Il che appa­re impro­ba­bi­le in tem­pi nei qua­li le finan­ze degli Sta­ti sono sem­pre più in dif­fi­col­tà: ma anche così fos­se, un altro recen­te report di IEA con­fer­ma che nel 2050 l’elettricità pro­dot­ta dal nuclea­re occi­den­ta­le coste­rà da 3 a 4 vol­te di più di quel­la pro­dot­ta da sola­re ed eolico.

Ma già oggi il nuo­vo nuclea­re non è com­pe­ti­ti­vo né con gas né con rin­no­va­bi­li: men­tre il costo dell’elettricità da rin­no­va­bi­li è crol­la­to negli ulti­mi 10 anni di cir­ca il 90% per il sola­re e 70% per l’eolico, quel­lo dell’elettricità da nuclea­re è aumen­ta­to.

Que­sto fa sì che ad oggi sia pos­si­bi­le pro­dur­re mol­ta più ener­gia a emis­sio­ni zero e a bas­so costo uti­liz­zan­do rin­no­va­bi­li inve­ce del nuclea­re: ed è pos­si­bi­le far­lo in tem­pi più rapidi.

Si pen­si che 10 GW di rin­no­va­bi­li pro­du­co­no cir­ca la stes­sa elet­tri­ci­tà di un reat­to­re nuclea­re: ma costa­no mol­to meno e richie­do­no mol­to meno tem­po: è pos­si­bi­le instal­la­re 10 GW di rin­no­va­bi­li in un anno (in Ita­lia è già suc­ces­so), men­tre per met­te­re in rete un nuo­vo reat­to­re ser­vo­no cir­ca 15 anni.

È solo pre­ve­den­do il miglio­re degli sce­na­ri pos­si­bi­li per il nuclea­re e il peg­gio­re per le rin­no­va­bi­li che il pri­mo può risul­ta­re la fon­te più “eco­no­mi­ca­men­te con­ve­nien­te”: ipo­te­si for­se diso­ne­sta e cer­ta­men­te sbagliata.

LA STORIA DEL NUCLEARE CIVILE IN OCCIDENTE NEGLI 20 ANNI È LA STORIA DI UN FALLIMENTO

Negli ulti­mi 20 anni in Occi­den­te si è dato il via alla costru­zio­ne di soli 8 reat­to­ri nuclea­ri – 1 in Fran­cia, 1 in Fin­lan­dia, 4 in USA e 2 in UK — nes­su­no dei qua­li è anco­ra entra­to in fun­zio­ne a regime.

Dei 4 reat­to­ri USA, 2 sono sta­ti can­cel­la­ti a cau­sa di ritar­di ed extra costi che han­no por­ta­to nel 2017 alla ban­ca­rot­ta dell’azienda pro­prie­ta­ria del­la tec­no­lo­gia, la nip­po-ame­ri­ca­na Toshi­ba-Westin­ghou­se, ban­ca­rot­ta che tra­vol­se anche il pro­get­to bri­tan­ni­co di Moor­si­de, can­cel­la­to ancor pri­ma di cominciare.

Gli altri 2, i reat­to­ri di Vog­tle 3 e 4, pro­ce­do­no con gra­vi ritar­di – i tem­pi di costru­zio­ne sono qua­si rad­dop­pia­ti rispet­to alle pre­vi­sio­ni e i costi sono sali­ti da 14 miliar­di di dol­la­ri a 34 miliar­di — tan­to da dover ricor­re­re a oltre 3 miliar­di di dol­la­ri in extra costi in bol­let­ta che ver­ran­no paga­ti dai cit­ta­di­ni, e tut­to que­sto sen­za che i reat­to­ri abbia­no pro­dot­to un solo kWh.

In Euro­pa la situa­zio­ne è anche peg­gio­re, se possibile.

Gli impian­ti EPR (tec­no­lo­gia fran­ce­se) che avreb­be­ro dovu­to rilan­cia­re il nuclea­re in Occi­den­te si sono rive­la­ti mol­to pro­ble­ma­ti­ci e rap­pre­sen­ta­no oggi un moni­to a chiun­que voglia rilan­cia­re la tec­no­lo­gia in Euro­pa o negli Sta­ti Uni­ti: il reat­to­re di Olki­luo­to 3 (Fin­lan­dia) ha un ritar­do di 13 anni sul­la tabel­la di mar­cia e bud­get più che tri­pli­ca­to (si pre­ve­de entre­rà in fun­zio­ne entro la fine del 2022), Fla­man­vil­le 3 (Fran­cia) è in con­di­zio­ni peg­gio­ri (costi aumen­ta­ti di qua­si sei vol­te). Per que­sto moti­vo, in Fran­cia la Cor­te dei Con­ti si è pro­nun­cia­ta con­tro gli spre­chi del pro­gram­ma EPR.

Si noti che si trat­ta del­la stes­sa tec­no­lo­gia che avreb­be dovu­to esse­re adot­ta­ta dall’Italia nel pia­no nuclea­re boc­cia­to dal Refe­ren­dum sul nuclea­re del 2011: abbia­mo scam­pa­to un gros­so rischio.

Altri due reat­to­ri EPR sono in costru­zio­ne in UK (Hin­kley Point C): sono più recen­ti ma già scon­ta­no sostan­zia­li ritar­di ed extra bud­get (cir­ca +30% costi e +15% tem­pi). Soprat­tut­to, i due reat­to­ri costa­no già più di Olki­luo­to (~8 mil EUR/MW vs 7): la pro­mes­sa del­l’E­PR era di 2 mil EUR/MW.

Due reat­to­ri EPR sono sta­ti costrui­ti anche in Cina, a Tai­shan: anche in que­sto caso sono sta­ti regi­stra­ti extra costi e ritar­di, cer­ta­men­te meno dram­ma­ti­ci di quel­li Euro­pei e Ame­ri­ca­ni, ma uno dei due è sta­to chiu­so per oltre un anno a cau­sa di pro­ble­mi tecnici.

Com­ples­si­va­men­te, i 6 reat­to­ri in costru­zio­ne tra USA ed Euro­pa han­no visto cre­sce­re sia costi che tem­pi di costru­zio­ne a dismisura.

Non è quin­di un caso che – come ricor­da IEA — le eco­no­mie avan­za­te abbia­no per­so la loro lea­der­ship tec­no­lo­gi­ca e di mer­ca­to: dei 31 reat­to­ri la cui costru­zio­ne è ini­zia­ta dal 2017, solo 4 non sono di con­ce­zio­ne cine­se o rus­sa. Anche se voles­si­mo costrui­re nuo­vi reat­to­ri, chi potreb­be farlo?

Si noti anche che la Fran­cia, lea­der al mon­do nel nuclea­re – in con­di­zio­ni nor­ma­li deri­va il 70% del­la sua elet­tri­ci­tà dal nuclea­re, con­tro il 30% del­la Corea del Sud, il 20% di USA e Rus­sia e il 5% del­la Cina – sta attra­ver­san­do una gra­ve cri­si ener­ge­ti­ca: oggi (Set­tem­bre 2022) cir­ca la metà dei suoi reat­to­ri sono offli­ne sia per manu­ten­zio­ne (ordi­na­ria o straor­di­na­ria) che per pro­ble­mi tec­ni­ci (cor­ro­sio­ne), la pro­du­zio­ne da nuclea­re è ai mini­mi sto­ri­ci e il Pae­se da espor­ta­to­re è diven­ta­to impor­ta­to­re di elet­tri­ci­tà. E non è sta­to rispar­mia­to dagli aumen­ti del prez­zo dell’elettricità, tan­to che il Gover­no fran­ce­se – impie­gan­do ingen­tis­si­me risor­se pub­bli­che – ha impo­sto un cap al prez­zo del­le bol­let­te per le famiglie.

Que­sto ha por­ta­to anche alla deci­sio­ne di pro­ce­de­re alla com­ple­ta nazio­na­liz­za­zio­ne del colos­so ener­ge­ti­co EDF, il cui bilan­cio è zavor­ra­to dal­le per­di­te del nucleare

È pro­ba­bi­le che mol­ti impian­ti ver­ran­no atti­va­ti negli ulti­mi mesi, ma la cri­si attua­le sem­bra un anti­pa­sto di quel­lo che suc­ce­de­rà nel Pae­se tra una deci­na d’anni: la flot­ta nuclea­re fran­ce­se ha cir­ca 37 anni di età media, e quan­do mol­ti impian­ti dovran­no esse­re chiu­si per rag­giun­ti limi­ti di età ci sarà ben poco a sosti­tuir­li, stan­te la man­can­za di nuo­vi reat­to­ri (solo uno in costru­zio­ne, con­tro i 56 ope­ra­ti­vi oggi) e le – pur­trop­po non casua­li — len­tez­ze del Pae­se nel­lo svi­lup­pa­re le rinnovabili.

I COSTI DEL NUCLEARE SONO A CARICO DELLA COLLETTIVITÀ: I PRIVATI NON VOGLIONO INVESTIRCI

In que­sto con­te­sto – tem­pi di costru­zio­ne fuo­ri con­trol­lo e costi in aumen­to che ren­do­no la tec­no­lo­gia sem­pre meno com­pe­ti­ti­va – gli inve­sti­to­ri pri­va­ti si ten­go­no ben lon­ta­ni dal nuclea­re, rite­nu­to a ragio­ne trop­po incer­to e rischio­so. Anche la deci­sio­ne di nazio­na­liz­za­re EDF da par­te del gover­no fran­ce­se va in que­sta direzione.

Si trat­ta di un gra­ve pro­ble­ma, per­ché come ricor­da IEA nel­lo sce­na­rio Net Zero 2050 gli inve­sti­to­ri pri­va­ti dovran­no fare la par­te del leo­ne nel soste­ne­re la tran­si­zio­ne eco­lo­gi­ca, copren­do al 70% gli oltre 100,000 miliar­di di dol­la­ri che sarà neces­sa­rio investire.

In que­ste con­di­zio­ni il nuclea­re non potrà che fare affi­da­men­to su risor­se pub­bli­che, come del resto è sem­pre acca­du­to: e que­sto, nel­le con­di­zio­ni attua­li, non potrà che limi­tar­ne lo sviluppo.

IL NUCLEARE HA UN’EVOLUZIONE TECNOLOGICA LENTISSIMA

Il nuclea­re è una tec­no­lo­gia mera­vi­glio­sa ma oltre­mo­do com­ples­sa: ha tem­pi di ite­ra­zio­ne di cir­ca 20–25 anni, ossia due vol­te l’arco del­la vita uti­le di un impian­to (40–50 anni).

Mol­ti impian­ti di pri­ma gene­ra­zio­ne sono anco­ra in fun­zio­ne, pochis­si­mi di ter­za gene­ra­zio­ne sono ope­ra­ti­vi e la quar­ta gene­ra­zio­ne è anco­ra lon­ta­na da uno svi­lup­po commerciale.

Al con­tra­rio, le rin­no­va­bi­li – in par­ti­co­la­re il sola­re – han­no tem­pi di ite­ra­zio­ne rapi­dis­si­mi, nell’ordine dei mesi, che con­sen­to­no un costan­te miglio­ra­men­to del­le per­for­man­ce e una otti­miz­za­zio­ne dei costi.

Si par­la mol­to del nuclea­re a fis­sio­ne “di nuo­va gene­ra­zio­ne”, ma sia­mo anco­ra ben lon­ta­ni dal poter­lo uti­liz­za­re per uso com­mer­cia­le: una spe­ran­za potreb­be­ro esse­re gli SMRs (Small Modu­lar Reac­tors): pic­co­li reat­to­ri modu­la­ri, con poten­za infe­rio­re rispet­to a quel­la dei reat­to­ri tra­di­zio­na­li (~300 MW), che nel­le inten­zio­ni degli svi­lup­pa­to­ri potran­no risol­ve­re i pro­ble­mi di costo e tem­pi­sti­ca del nuclea­re tra­di­zio­na­le. Esi­sto­no cir­ca 50 diver­si desi­gn e alcu­ni impian­ti sono in costru­zio­ne in Rus­sia e Cina, ma la sca­la com­mer­cia­le è anco­ra lon­ta­na e dif­fi­cil­men­te sarà rag­giun­ta pri­ma di 10–15 anni. Ci sono poi i “reat­to­ri di quar­ta gene­ra­zio­ne”, un grup­po di sei diver­se tec­no­lo­gie indi­vi­dua­te 20 anni fa dal Gene­ra­tion IV Inter­na­tio­nal Forum (Gif): nel­le inten­zio­ni dei pro­po­nen­ti que­sto tipo di reat­to­ri dovran­no garan­ti­re soste­ni­bi­li­tà ambien­ta­le ed eco­no­mi­ca, sicu­rez­za e affi­da­bi­li­tà, e la ridu­zio­ne del rischio di pro­li­fe­ra­zio­ne (il mate­ria­le nuclea­re uti­liz­za­to dovrà esse­re meno adat­to per la fab­bri­ca­zio­ne di armi nuclea­ri). Inol­tre, i reat­to­ri potran­no ave­re un ciclo chiu­so, ossia il com­bu­sti­bi­le sarà ripro­ces­sa­to, sem­pli­fi­can­do così il pro­ble­ma del­la gestio­ne del­le scorie.

L’o­biet­ti­vo ini­zia­le del Forum era che intor­no al 2030 i reat­to­ri di Gen IV potes­se­ro esse­re dispo­ni­bi­li per l’u­ti­liz­zo com­mer­cia­le: al momen­to l’o­biet­ti­vo appa­re lon­ta­no, con ecce­zio­ne del­la Rus­sia e Cina che han­no un paio di reat­to­ri atti­vi, ma si trat­ta sostan­zial­men­te di prototipi.

Lo stes­so Mini­stro del­la Tran­si­zio­ne Eco­lo­gi­ca Cin­go­la­ni – favo­re­vo­le allo svi­lup­po del nuclea­re – ha defi­ni­to il nuclea­re di quar­ta gene­ra­zio­ne una “tec­no­lo­gia non matu­ra”, e che richie­de­rà anco­ra una deci­na d’an­ni di appro­fon­di­men­ti per valu­tar­ne la fattibilità.

Per la fusio­ne nuclea­re inve­ce pur­trop­po sem­bra anco­ra vale­re il vec­chio det­to: “nuclear fusion is 30 years away and always will be”: ad oggi sem­bra esser­ci accor­do sul fat­to richie­de­rà anco­ra qual­che decen­nio per rag­giun­ge­re la sca­la com­mer­cia­le (se ci arri­ve­rà, non ci sono cer­tez­ze in meri­to). L’i­ni­zia­ti­va più cele­bre nel cam­po è sen­z’al­tro ITER (Inter­na­tio­nal Ther­mo­nu­clear Expe­ri­men­tal Reac­tor) un pro­get­to inter­na­zio­na­le finan­zia­to da un con­sor­zio di vari Gover­ni che però al momen­to non sem­bra poter pro­dur­re risul­ta­ti per un uti­liz­zo com­mer­cia­le pri­ma del­la secon­da metà del seco­lo. Negli ulti­mi anni sono sta­te lan­cia­te diver­se ini­zia­ti­ve pri­va­te nel set­to­re (ex. Gene­ral Fusion, TAE Tech­no­lo­gies, Com­mo­n­wealth Fusion Systems, Toka­mak Ener­gy, Fir­st Light Fusion) che han­no fat­to pro­mes­se alquan­to auda­ci in meri­to alla pos­si­bi­li­tà di lan­cio com­mer­cia­le di reat­to­ri a fusio­ne tra il 2030 e il 2040: ma i risul­ta­ti rag­giun­ti fino ad ora sug­ge­ri­sco­no una cer­ta pru­den­za, e que­sti pro­cla­mi van­no let­ti anche alla luce del fat­to che si trat­ta di socie­tà alla ricer­ca di investitori.

OGGI ESISTONO ALTERNATIVE MIGLIORI: LE RINNOVABILI

Come già evi­den­zia­to, negli ulti­mi 10 anni le rin­no­va­bi­li han­no visto i loro costi crol­la­re e loro pre­sta­zio­ni miglio­ra­re, e come con­fer­ma il report IEA Net Zero 2050 già oggi sono più com­pe­ti­ti­ve – sen­za incen­ti­vi – sia del nuclea­re che del­le fon­ti fos­si­li., e lo saran­no anco­ra di più in futuro.

Que­sti valor sono in linea con quan­to ripor­ta­to d’affari Lazard, che ogni anno pro­du­ce uno stu­dio con­si­de­ra­to uno dei prin­ci­pa­li rife­ri­men­ti del settore.

La clas­si­ca obie­zio­ne a que­sta ana­li­si di IEA è che que­sti costi non ten­go­no con­to degli accu­mu­li e degli ade­gua­men­ti del­la rete neces­sa­ri per gesti­re le rin­no­va­bi­li. Que­sto è par­zial­men­te vero se con­si­de­ria­mo solo l’LCOE (Leve­li­zed Cost of Elec­tri­ci­ty) ripor­ta­to nel­la pre­ce­den­te tabel­la, ma ovvia­men­te l’analisi dell’IEA nel suo com­ples­so ne tie­ne con­to, e il risul­ta­to fina­le è quel­lo già men­zio­na­to in pre­ce­den­za: lo sce­na­rio “più tec­ni­ca­men­te fat­ti­bi­le, più effi­cien­te dal pun­to dei vista dei costi, e più accet­ta­bi­le social­men­te” per giun­ge­re a emis­sio­ni net­te nul­le entro il 2050 è quel­lo che pre­ve­de che le rin­no­va­bi­li potran­no copri­re il fab­bi­so­gno elet­tri­co mon­dia­le al 90% circa.

Del resto anche l’IPCC — Grup­po inter­go­ver­na­ti­vo sul cam­bia­men­to cli­ma­ti­co – con­fer­ma nel suo ulti­mo report che le rin­no­va­bi­li sono le fon­ti con mag­gior poten­zia­le di ridu­zio­ne, e a minor costo.

Con­tra­ria­men­te a quan­to in mol­ti sosten­go­no, il nuclea­re non ci aiu­te­reb­be ad alleg­ge­ri­re le bol­let­te: è esat­ta­men­te l’opposto.

IL NUCLEARE È TECNICAMENTE INADATTO A RIVESTIRE UN RUOLO PRIMARIO IN UN MONDO DOVE LE RINNOVABILI LA FARANNO DA PADRONE

Un’altra obie­zio­ne che vie­ne sol­le­va­ta rego­lar­men­te è quel­la rela­ti­vo al “cari­co di base” (base­load in ingle­se) che le rin­no­va­bi­li non sareb­be­ro in gra­do di sod­di­sfa­re, ren­den­do quin­di neces­sa­rio un uti­liz­zo anche mas­sic­cio del nucleare.

Ma que­sto è sem­pre più un “mito” da sfa­ta­re: nel­la rete elet­tri­ca di doma­ni, che sarà domi­na­ta dal­le rin­no­va­bi­li (e su que­sto c’è con­sen­so pres­so­ché una­ni­me), “base­load is dead”, come in mol­ti sosten­go­no già da un decen­nio e come mol­ti dei mag­gio­ri esper­ti, tra cui Mïchael Lïe­breïch (fon­da­to­re di Bloom­berg New Ener­gy Finan­ce, pro-nuclea­re e con­ser­va­to­re) sosten­go­no anche oggi.

Lo stes­so sostie­ne anche Jes­se Jen­kins, pro­fes­so­re a Prin­ce­ton e uno dei mas­si­mi esper­ti ame­ri­ca­ni di energia.

Non è un caso quin­di che il con­sen­so che un mon­do ali­men­ta­to al 100% da rin­no­va­bi­li sia pos­si­bi­le è in costan­te aumen­to: ora­mai sono cen­ti­na­ia gli stu­di che lo confermano.

Il che non vuol dire che sarà faci­le e/o bre­ve arri­var­ci, ma che è tec­ni­ca­men­te pos­si­bi­le farlo.

È da nota­re infi­ne che in una rete domi­na­ta dal­le rin­no­va­bi­li il nuclea­re non potrà ave­re mol­to spa­zio: infat­ti non è in gra­do di sosti­tui­re la fles­si­bi­li­tà for­ni­ta dal gas al siste­ma elettrico.

Seb­be­ne sia in una cer­ta misu­ra modu­la­bi­le, il nuclea­re non rie­sce a segui­re velo­ce­men­te la varia­zio­ne del cari­co elet­tri­co, limi­tan­do la quo­ta mas­si­ma di nuclea­re che un siste­ma elet­tri­co inter­con­nes­so come quel­lo euro­peo può ospi­ta­re convenientemente.

Il nuclea­re non è quin­di la solu­zio­ne per­fet­ta che vie­ne dipin­ta, oltre a non risol­ve­re gli altri pro­ble­mi ambien­ta­li di cui dovrem­mo occu­par­ci (per­di­ta di bio­di­ver­si­tà, con­su­mo di suo­lo, ecc.).

Le rin­no­va­bi­li si pro­pon­go­no inve­ce come par­te tra­sver­sa­le del­la solu­zio­ne, come chia­ve di vol­ta per supe­ra­re il para­dig­ma del­la nostra ingor­di­gia ener­ge­ti­ca e il model­lo di acca­par­ra­men­to del­le risor­se natu­ra­li. Se uti­liz­za­te in com­bi­na­zio­ne con siste­mi di accu­mu­lo, sono il siste­ma più eco­no­mi­co per bilan­cia­re una rete che non pre­ve­de l’uso di com­bu­sti­bi­li. Tan­to più effi­cien­te, in real­tà, che anche nei “miglio­ri” stu­di scien­ti­fi­ci in cui il nuclea­re è pro­po­sto come par­te del mix ener­ge­ti­co il bilan­cia­men­to del­la rete nei momen­ti di pic­co del­la doman­da è effet­tua­to tra­mi­te impian­ti di pro­du­zio­ne di ener­gia rin­no­va­bi­le e stoc­cag­gio, per­ché la scar­sa fles­si­bi­li­tà dei reat­to­ri nuclea­ri non per­met­te una modu­la­zio­ne del­l’out­put ener­ge­ti­co, e i costi sono tal­men­te alti che una sovrap­pro­du­zio­ne di ener­gia avreb­be costi inaccettabili.

IL NUCLEARE PRODUCE SCORIE, E SMALTIRLE È COMPLESSO E COSTOSISSIMO

Il nuclea­re ha un costo non dichia­ra­to, ossia la gestio­ne del­le sco­rie nel lun­go ter­mi­ne che, sep­pur ridot­te in quan­ti­tà, devo­no esse­re gesti­te: il com­bu­sti­bi­le nuclea­re esau­sto è nor­mal­men­te con­ser­va­to in sicu­rez­za all’interno del­le cen­tra­li ope­ra­ti­ve, ma si trat­ta di una solu­zio­ne temporanea.

È neces­sa­rio tro­va­re solu­zio­ne di lun­go ter­mi­ne, come la indi­vi­dua­zio­ne e costru­zio­ne di un depo­si­to geo­lo­gi­co per­ma­nen­te, che ne per­met­ta­no lo stoc­cag­gio sen­za rischi fin­ché la loro radioat­ti­vi­tà non si sia esaurita.

Pur­trop­po ad oggi – a decen­ni dall’entrata in fun­zio­ne dei pri­mi reat­to­ri — non è in fun­zio­ne al mon­do alcun depo­si­to geo­lo­gi­co per­ma­nen­te: per­ché è dif­fi­ci­lis­si­mo tro­va­re un sito adat­to ed è costo­sis­si­mo realizzarlo.

La Fin­lan­dia sarà il pri­mo pae­se al mon­do a dotar­si di un depo­si­to del gene­re, al costo di cir­ca 4 miliar­di di dol­la­ri. In UK — uno dei pochis­si­mi Pae­si Occi­den­ta­li con un pro­gram­ma nuclea­re — i costi sono inve­ce sti­ma­ti a cir­ca 10 vol­te quel­li Fin­lan­de­si.

Que­sti costi, come si vede dell’ordine di sva­ria­ti miliar­di di dol­la­ri, sono com­ple­ta­men­te a cari­co del­la collettività.

Vice­ver­sa, le fon­ti rin­no­va­bi­li pro­du­co­no rifiu­ti che a fine vita pos­so­no esse­re trat­ta­ti in manie­ra abba­stan­za stan­dard e sen­za par­ti­co­la­ri accor­gi­men­ti di sicu­rez­za, di cer­to nien­te di para­go­na­bi­le a quan­to neces­sa­rio per le sco­rie pro­dot­te del nuclea­re : i mate­ria­li di cui sono com­po­sti gli impian­ti a fon­ti rin­no­va­bi­li pos­so­no esse­re rici­cla­ti, e ad oggi esi­sto­no tec­ni­che che, per esem­pio nel caso dei modu­li foto­vol­tai­ci, con­sen­to­no di recu­pe­ra­re l’80–90% dei mate­ria­li, ma la tec­no­lo­gia del rici­clo pun­ta al 100%.

IL NUCLEARE NON RISOLVE IL PROBLEMA DELLA DIPENDENZA ENERGETICA

Si par­la mol­to del­la dipen­den­za ener­ge­ti­ca che potreb­be esse­re crea­ta in un mon­do ali­men­ta­to a rin­no­va­bi­li, dal momen­to che la mag­gior par­te del­la pro­du­zio­ne è loca­liz­za­ta in Cina.

Ma se da un lato è pos­si­bi­le ripor­tar­ne una par­te signi­fi­ca­ti­va in Euro­pa (e in Ita­lia sta già suc­ce­den­do), la dipen­den­za dal­la Cina per le mate­rie pri­me è rela­ti­va, se si con­si­de­ra che il sili­cio – ingre­dien­te di base del­le cel­le foto­vol­tai­che – è uno dei mate­ria­li più comu­ni del mon­do e che le famo­se “ter­re rare” (in real­tà non mol­to rare nono­stan­te il nome) non sono pra­ti­ca­men­te uti­liz­za­te nel sola­re e che sono già allo stu­dio solu­zio­ni per ridur­re la dipen­den­za dell’eolico dal­le stesse.

Si par­la inve­ce mol­to meno del fat­to che l’uranio rischia di diven­ta­re una nuo­va risor­sa cri­ti­ca, la cui for­ni­tu­ra è prin­ci­pal­men­te nel­le mani di regi­mi autoritari

I pae­si mag­gio­ri pro­dut­to­ri di ura­nio sono Kaza­ki­stan, Cana­da, Austra­lia, Nami­bia, Niger e Russia.

Ma quel­lo che con­ta è la capa­ci­tà di for­ni­re ura­nio pro­ces­sa­to, adat­to per esse­re uti­liz­za­to nei reat­to­ri: e in que­sto seg­men­to il lea­der di mer­ca­to è la Rus­sia, il cui ura­nio ali­men­ta anche le cen­tra­li USA.

Non è un caso che nel­le recen­ti san­zio­ni nei con­fron­ti del­la Rus­sia non sia sta­to inclu­so l’u­ra­nio arricchito.

Nel nostro pae­se l’uranio non è qua­si pre­sen­te, men­tre è pre­sen­te l’energia sola­re in gran­de quan­ti­tà e per perio­di mol­to lun­ghi nell’arco dell’anno. E abbia­mo suf­fi­cien­te ener­gia eoli­ca per il giu­sto bilan­cia­men­to tra le fon­ti rinnovabili.

IL NUCLEARE HA SUPPORTO POPOLARE: FINCHÉ NON SI TRATTA DI SCEGLIER DOVE COSTRUIRE LE CENTRALI

Il nuclea­re è un inve­sti­men­to a lun­go ter­mi­ne i cui rischi sono com­ple­ta­men­te a cari­co del­la socie­tà. Per quan­to sia impor­tan­te riba­di­re che la pro­ba­bi­li­tà di inci­den­ti è mol­to bas­sa, la gra­vi­tà degli impat­ti sul­la popo­la­zio­ne fa sì che la scel­ta di instal­la­re cen­tra­li e depo­si­ti di sco­rie deb­ba gode­re di lar­go con­sen­so popo­la­re, sia a livel­lo nazio­na­le che nel­le comu­ni­tà diret­ta­men­te inte­res­sa­te. Qua­li sono, in Ita­lia, le comu­ni­tà dispo­ste ad ospi­ta­re le cen­tra­li? La popo­la­zio­ne gene­ra­le è con­vin­ta di ave­re nel gover­no la fidu­cia neces­sa­ria a sup­por­ta­re il nuclea­re per un seco­lo? Per la sua stes­sa natu­ra di inve­sti­men­to a lun­go ter­mi­ne, il nuclea­re è una scel­ta sen­sa­ta solo se la popo­la­zio­ne ha fidu­cia nel­la sua scel­ta, e que­sta è una doman­da poli­ti­ca non rinviabile.

IL NUCLEARE COMPORTA RISCHI AMBIENTALI E PER LA SALUTE

Sep­pur remo­to nel­la pro­ba­bi­li­tà, un inci­den­te nuclea­re impli­ca la con­ta­mi­na­zio­ne per cen­ti­na­ia di anni del ter­ri­to­rio adia­cen­te, ren­den­do­lo ina­dat­to alla vita uma­na “per sem­pre”. In modo simi­le, il com­bu­sti­bi­le nuclea­re esau­sto vie­ne pro­dot­to in quan­ti­tà mini­me rispet­to all’energia gene­ra­ta, ma rima­ne tos­si­co per qual­sia­si for­ma di vita per gene­ra­zio­ni. Quin­di, per con­tro, la gra­vi­tà è mas­si­ma. Le fon­ti rin­no­va­bi­li pos­so­no inve­ce inte­grar­si nell’ambiente cir­co­stan­te e anche l’occupazione di suo­lo agri­co­lo può esse­re mini­miz­za­to uti­liz­zan­do nuo­vi meto­di di instal­la­zio­ne come il floa­ting PV (il foto­vol­tai­co gal­leg­gian­te) e l’agri vol­tai­co (che con­sen­te l’utilizzo agri­co­lo del ter­re­no cir­co­stan­te). Nel lun­go perio­do, e con una pos­si­bi­li­tà rea­le di arri­va­re ad un pie­no rici­clo del­le mate­rie pri­me neces­sa­rie, le rin­no­va­bi­li han­no la pos­si­bi­li­tà di esse­re più com­pa­ti­bi­li con un futu­ro ad impat­to ambien­ta­le zero, che va ben al di là del “sem­pli­ce” abbat­ti­men­to del­le emis­sio­ni di ani­dri­de carbonica

Si noti anche che se la sicu­rez­za del­le nuo­ve cen­tra­li può ren­der­ci for­se otti­mi­sti sul­le con­se­guen­ze in ter­mi­ni di vit­ti­me di un nuo­vo inci­den­te nuclea­re, l’incidente di Fuku­shi­ma, che pure nel­le sta­ti­sti­che uffi­cia­li non ha por­ta­to a deces­si fra i civi­li, ha costret­to il gover­no ad eva­cua­re un’area di 3.000 km2, e ha cau­sa­to dan­ni che richie­de­ran­no decen­ni e cen­ti­na­ia di miliar­di per esse­re riparati

INDUSTRIA NUCLEARE CIVILE E MILITARE SONO SEMPRE ANDATE A BRACCETTO

Altro fat­to­re di cui si par­la ben poco è lo sto­ri­co lega­me tra nuclea­re civi­le e nuclea­re militare.

La mag­gior par­te dei pae­si dove il nuclea­re civi­le è più svi­lup­pa­to – USA, Fran­cia, Rus­sia e Cina da soli ospi­ta­no più del­la metà dei reat­to­ri atti­vi al mon­do — dispon­go­no anche di armi o sot­to­ma­ri­ni nuclea­ri, e non è un caso.

Si pen­si alla Fran­cia: per decen­ni la ricer­ca nei due set­to­ri del nuclea­re è sta­ta stret­ta­men­te col­le­ga­ta, e finan­zia­ta dal­le finan­ze pub­bli­che. Ed è sta­to lo stes­so Macron a dichia­ra­re che “sen­za nuclea­re civi­le non c’è nuclea­re mili­ta­re, e sen­za nuclea­re mili­ta­re non c’è mili­ta­re civile”.

Si pen­si all’UK, dove l’interdipendenza tra nuclea­re civi­le e il pro­gram­ma mili­ta­re di svi­lup­po dei sot­to­ma­ri­ni nuclea­ri è ogget­to di for­ti cri­ti­che, con il sospet­to che il pri­mo sus­si­di i secon­di.

Più in gene­ra­le, che ci sia­no sostan­zia­li col­le­ga­men­ti tra i due set­to­ri è ben noto.

Anco­ra una vol­ta, il ruo­lo del­lo sta­to nel­lo svi­lup­po nuclea­re emer­ge in tut­ta la sua impor­tan­za, ma da un’angolazione meno nota.

IL NUCLEARE RISCHIA DI ESSERE UNA COSTOSA DISTRAZIONE

Da quan­to espo­sto, pen­sia­mo che sia chia­ro che – al con­tra­rio di quan­to spes­so si ten­de a far cre­de­re – il nuclea­re mol­to dif­fi­cil­men­te potrà rap­pre­sen­ta­re una stra­da dav­ve­ro per­cor­ri­bi­le per affron­ta­re e risol­ve­re la cri­si cli­ma­ti­ca e la cri­si ener­ge­ti­ca, quan­to­me­no in eco­no­mie avan­za­te come la nostra.

Tem­pi lun­ghis­si­mi, costi fuo­ri con­trol­lo e una cri­si tec­no­lo­gi­ca e indu­stria­le che ora­mai dura da decen­ni ren­do­no il nuclea­re ina­dat­to ad affron­ta­re le sfi­de che ci tro­via­mo di fron­te: que­sto a meno di svol­te tec­no­lo­gi­che dav­ve­ro rile­van­ti, che pos­sa­no por­ta­re le nuo­ve tec­no­lo­gie in cor­so di svi­lup­po a risol­ve­re gli anno­si pro­ble­mi da cui il nuclea­re è oggi afflitto.

Ma for­tu­na­ta­men­te dispo­nia­mo già oggi di vali­dis­si­me alter­na­ti­ve: le ener­gie rinnovabili.

Rite­nia­mo che l’Italia deb­ba pun­ta­re con deci­sio­ne su sole e ven­to, che pos­so­no tra­sfor­ma­re come il nostro pae­se pro­du­ce e con­su­ma ener­gia, pos­so­no por­tar­ci a decar­bo­niz­za­re e han­no la poten­zia­li­tà di diven­ta­re una enor­me oppor­tu­ni­tà indu­stria­le per le nostre imprese.

Nucleare: fonti e approfondimenti

In Ita­lia, il dibat­ti­to sull’energia nuclea­re è cicli­co, anzi car­si­co, scom­pa­re per lun­ghi perio­di per poi tor­na­re d’attualità — lo dimo­stra­no i due refe­ren­dum di cui la que­stio­ne è sta­ta ogget­to — e così è suc­ces­so pro­prio in occa­sio­ne del­la cam­pa­gna elet­to­ra­le per le ele­zio­ni poli­ti­che del 2022.

 

Pos­si­bi­le ha rea­liz­za­to que­sto docu­men­to di sin­te­si del­la pro­pria posi­zio­ne, favo­re­vo­le agli inve­sti­men­ti sul­le rin­no­va­bi­li e scet­ti­ca nei con­fron­ti del ritor­no del nostro Pae­se all’energia nucleare.

 

Tale docu­men­to è frut­to di un lavo­ro di ricer­ca che tie­ne con­to di posi­zio­ni ampia­men­te rap­pre­sen­ta­te nel dibat­ti­to stes­so, e di cui nel tem­po han­no dato con­to sia isti­tu­zio­ni inter­na­zio­na­li e nazio­na­li, sia orga­ni di infor­ma­zio­ni che se ne occu­pa­no siste­ma­ti­ca­men­te da anni.

 

Quel­lo che segue è quin­di un elen­co di fon­ti diver­se, uti­li a chi vuo­le appro­fon­di­re la questione.

 

Il Deca­lo­go di Ener­gia­per­li­ta­lia per le ele­zio­ni del 25 set­tem­bre 2022 (Ener­gia per l’Italia): “Il grup­po di ricer­ca­to­ri “Ener­gia per l’Italia” si rivol­ge alle elet­tri­ci e agli elet­to­ri, chia­ma­ti al voto in un momen­to cri­ti­co per il futu­ro del Pae­se”. (con­ti­nua a leggere)

 

Popu­li­smo nuclea­re (di Car­lo Gubi­to­sa per Altrae­co­no­mia): “La con­ver­sio­ne al nuclea­re è dav­ve­ro una magi­ca lam­pa­da di Ala­di­no, pri­va di rischi e di incer­tez­ze, che può sal­va­re il Pia­ne­ta dal­la cri­si cli­ma­ti­ca e l’Italia dal­la cri­si ener­ge­ti­ca? Da dove arri­va­no e soprat­tut­to dove ci por­ta­no i “pro­cla­mi ato­mi­ci” ven­du­ti a pie­ne mani nel­la cam­pa­gna elet­to­ra­le per le poli­ti­che 2022? L’agile dos­sier “Popu­li­smo nuclea­re” a cura di Car­lo Gubi­to­sa smon­ta la reto­ri­ca del­la pana­cea, adot­tan­do un sano e rigo­ro­so eser­ci­zio del dub­bio. Non una gui­da tec­ni­ca o un manua­le poli­ti­co ma una rac­col­ta di dati, infor­ma­zio­ni ed epi­so­di di cro­na­ca che resti­tui­sce par­te dei dub­bi e degli inter­ro­ga­ti­vi che cir­con­da­no la com­ples­si­tà lega­ta alla tec­no­lo­gia nuclea­re. Cono­scen­ze per non ripe­te­re gli erro­ri del pas­sa­to e difen­der­si dal­le fin­te solu­zio­ni popu­li­ste sul tema dell’energia, che ali­men­ta­no la pro­pa­gan­da dei par­ti­ti, del­le lob­by e di qual­che ano­ni­mo grup­po di “con­su­len­ti”. (con­ti­nua a leggere)

 

Nuclea­re, le pro­mes­se a vuo­to di Sal­vi­ni e Calen­da (di Ste­fa­no Baraz­zet­ta per Vali­gia Blu): “I più atti­vi su que­sto fron­te sono sta­ti Mat­teo Sal­vi­ni e soprat­tut­to Car­lo Calen­da, che sul nuclea­re ha deci­so di impo­sta­re gran par­te del­la cam­pa­gna di Azio­ne sui temi ener­ge­ti­ci. È inte­res­san­te per­ciò ana­liz­za­re le dichia­ra­zio­ni dei due lea­der e i pro­gram­mi dei rispet­ti­vi par­ti­ti. Come vedre­mo, la gran par­te degli argo­men­ti por­ta­ti a soste­gno del ritor­no del nuclea­re appa­re estre­ma­men­te debo­le e par­zia­le, quan­do non del tut­to incon­si­sten­te”. (con­ti­nua a leggere)

 

Il ruo­lo dell’energia nuclea­re nel­la lot­ta alla cri­si cli­ma­ti­ca (di Ema­nue­la Bar­bi­ro­glio e Ange­lo Roma­no per Vali­gia Blu): “Qual è il con­te­sto poli­ti­co ed ener­ge­ti­co e qua­li sono gli attua­li con­su­mi e capa­ci­tà pro­dut­ti­ve di ener­gia nuclea­re nel mon­do? Cosa sono i reat­to­ri di IV gene­ra­zio­ne e quel­li a fusio­ne di cui tan­to si sta par­lan­do in que­ste set­ti­ma­ne, quan­to costa­no, quan­do saran­no rea­liz­za­ti, qua­le sarà l’im­pat­to sull’ambiente e sul­la pro­du­zio­ne di ener­gia? (…) Pro­via­mo a far­lo attra­ver­so l’analisi di rap­por­ti e stu­di e ascol­tan­do la voce di esper­ti del set­to­re, rap­pre­sen­tan­ti di asso­cia­zio­ni pro e con­tro il nuclea­re ed euro­par­la­men­ta­ri che stan­no seguen­do la que­stio­ne”. (con­ti­nua a leggere)

 

Gli esper­ti boc­cia­no nuclea­re e gas: «Via dal­la tas­so­no­mia» (di Clau­dia Vago per Valo­ri): “La tas­so­no­mia del­le atti­vi­tà eco­no­mi­che con­si­de­ra­te “soste­ni­bi­li” non deve inclu­de­re tra le fon­ti di ener­gia ver­de il gas natu­ra­le e il nuclea­re. A dir­lo è un grup­po di esper­ti a cui la Com­mis­sio­ne euro­pea si è affi­da­ta per con­tri­bui­re a ela­bo­ra­re le rego­le sugli inve­sti­men­ti soste­ni­bi­li in un docu­men­to visio­na­to dal Finan­cial Times”. (con­ti­nua a leggere)

 

Tas­so­no­mia, per il par­la­men­to euro­peo gas e nuclea­re sono soste­ni­bi­li (Andrea Baro­li­ni per Valo­ri): “Il par­la­men­to si è in effet­ti espres­so in modo con­tra­rio anche rispet­to all’orientamento del­le due com­mis­sio­ni com­pe­ten­ti per mate­ria – Affa­ri eco­no­mi­ci e Ambien­te, salu­te e sicu­rez­za ali­men­ta­re – che alla metà del­lo scor­so mese di giu­gno ave­va­no boc­cia­to il pro­get­to di inclu­sio­ne di gas e nuclea­re nel­la tas­so­no­mia euro­pea. Ovve­ro, appun­to, nell’elenco del­le atti­vi­tà con­si­de­ra­te soste­ni­bi­li dal pun­to di vista ambien­ta­le”. (con­ti­nua a leggere)

 

Cri­si cli­ma­ti­ca: lo scon­tro in Euro­pa su nuclea­re e gas e i costi ambien­ta­li dell’estrazione del litio (di Ange­lo Roma­no per Vali­gia Blu): “«Stef­fen Hebe­streit, por­ta­vo­ce del can­cel­lie­re tede­sco Olaf Scholz, ha riba­di­to che il gover­no tede­sco ritie­ne che “la tec­no­lo­gia nuclea­re sia peri­co­lo­sa, che il pro­ble­ma del­lo smal­ti­men­to dei rifiu­ti sia anco­ra irri­sol­to” e respin­ge “la valu­ta­zio­ne [del­la Com­mis­sio­ne] sul­l’e­ner­gia nuclea­re»”. (con­ti­nua a leggere)

 

Cosa ha det­to dav­ve­ro l’IEA sul ruo­lo del nuclea­re nel­la tran­si­zio­ne ener­ge­ti­ca (di Ste­fa­no Baraz­zet­ta per Valo­ri): “Ad una pri­ma let­tu­ra, per il nuclea­re lo sce­na­rio NZE 2050 sem­bra offri­re segna­li di spe­ran­za: secon­do lo sce­na­rio il nuclea­re dovrà rad­dop­pia­re la quan­ti­tà di elet­tri­ci­tà pro­dot­ta da qui al 2050; ma guar­dan­do con più atten­zio­ne la situa­zio­ne appa­re meno rosea. Infat­ti, tenen­do con­to del fat­to che la pro­du­zio­ne elet­tri­ca mon­dia­le tri­pli­che­rà, que­sto signi­fi­ca che il nuclea­re andrà a rive­sti­re un ruo­lo sem­pre più mar­gi­na­le in ter­mi­ni rela­ti­vi, copren­do nel 2050 il fab­bi­so­gno elet­tri­co glo­ba­le per meno del 10% (in calo)”. (con­ti­nua a leggere)

 

Che gas e nuclea­re per l’Ue sia­no soste­ni­bi­li l’ha deci­so la Rus­sia? (Andrea Baro­li­ni per Valo­ri): Un rap­por­to di Green­pea­ce sve­la in che modo i colos­si rus­si dell’energia Gaz­prom, Lukoil e Rosa­tom sia­no riu­sci­ti ad eser­ci­ta­re enor­mi pres­sio­ni su Bru­xel­les a tale sco­po. L’intensa atti­vi­tà di lob­by­ing ha, d’altra par­te, obiet­ti­vi finan­zia­ri ma anche poli­ti­ci. L’introduzione di gas e nuclea­re nel­la tas­so­no­mia fa como­do, infat­ti, soprat­tut­to alla Rus­sia. E con­ce­de a Vla­di­mir Putin un pote­re nego­zia­le mol­to più ele­va­to nei con­fron­ti dell’Ue. Oltre a for­ni­re introi­ti che potran­no esse­re uti­liz­za­ti per pro­se­gui­re la guer­ra in Ucrai­na”. (con­ti­nua a leggere)

 

Per­ché il nuclea­re non tie­ne il pas­so del­la tran­si­zio­ne ener­ge­ti­ca (di Anto­nio Sca­la­ri per Vali­gia Blu): “Il nuclea­re ha segna­to il pas­so rispet­to allo svi­lup­po del­le ener­gie rin­no­va­bi­li, diven­ta­te sem­pre più com­pe­ti­ti­ve. Il costo dell’elettricità pro­dot­ta dall’energia sola­re ed eoli­ca on-sho­re è crol­la­to, rispet­ti­va­men­te, del 85% e del 70% nell’ultimo decen­nio. Il costo dei modu­li foto­vol­tai­ci si è ridot­to del 99% dal­la fine degli anni ‘70 ad oggi. Que­sto non è dovu­to a un’ipnosi ver­de col­let­ti­va ma, come spie­ga uno stu­dio del Mas­sa­chus­set Insti­tu­te of Tech­no­lo­gy (MIT), è il risul­ta­to del­le poli­ti­che pub­bli­che che han­no sti­mo­la­to il mer­ca­to del set­to­re, del­la ricer­ca sia pub­bli­ca che pri­va­ta e di quel­la che vie­ne defi­ni­ta eco­no­mia di sca­la, cioè il rap­por­to tra l’aumento del­la pro­du­zio­ne indu­stria­le e la cadu­ta dei costi”. (con­ti­nua a leggere)

 

Quan­do il “sì” al nuclea­re diven­ta un “no” alla scien­za (di Anto­nio Sca­la­ri per Vali­gia Blu): “Il sì al nuclea­re si van­ta di esse­re in accor­do con una con­ce­zio­ne scien­ti­fi­ca e razio­na­le del mon­do. In Ita­lia il sì è sta­to infat­ti una sto­ri­ca bat­ta­glia a dife­sa del­la scien­za e del­la tec­no­lo­gia. Ma se si va più a fon­do e si ana­liz­za­no cer­ti orien­ta­men­ti di pen­sie­ro e tesi che si ritro­va­no nel cam­po del sì, si sco­pre che anche que­sto è pie­no di ideo­lo­gia. Di un’i­deo­lo­gia che spes­so è in con­tra­sto con una visio­ne che rico­no­sca la gra­vi­tà del­la cri­si cli­ma­ti­ca e l’ur­gen­za del­la tran­si­zio­ne ener­ge­ti­ca. E quin­di con la scien­za stes­sa”. (con­ti­nua a leggere)

 

Anche il nuclea­re è una fon­te di ener­gia inter­mit­ten­te (Andrea Baro­li­ni per Valo­ri): “I reat­to­ri nuclea­ri, in caso di inci­den­te, pos­so­no pro­vo­ca­re auten­ti­ci disa­stri per l’ambiente, gli eco­si­ste­mi, la bio­di­ver­si­tà e la salu­te uma­na. Per que­sto sono – giu­sta­men­te – sot­to­po­sti a rigo­ro­si con­trol­li. Ciò in caso di qual­sia­si pro­ble­ma di sicu­rez­za, anche sola­men­te poten­zia­le. E mal­gra­do tale atten­zio­ne, non è comun­que pos­si­bi­le azze­ra­re i rischi, come ammes­so dai diri­gen­ti del­la stes­sa Auto­ri­tà per la sicu­rez­za nuclea­re fran­ce­se. Le veri­fi­che – altret­tan­to giu­sta­men­te – pren­do­no inol­tre tem­po e non pos­so­no lascia­re nul­la al caso. Il che ren­de, di fat­to, anche il nuclea­re “inter­mit­ten­te”. Esat­ta­men­te come l’eolico, che dipen­de dal ven­to, e il foto­vol­tai­co, lega­to all’irraggiamento sola­re. (con­ti­nua a leggere)

 

Sul Depo­si­to Nazio­na­le del­le sco­rie radioat­ti­ve con­ti­nuia­mo a per­de­re peri­co­lo­sa­men­te tem­po (di Ales­sia Mel­chior­re per Vali­gia Blu): “Il nostro pae­se è già in un ritar­do peri­co­lo­so, di oltre die­ci anni, sul­la gestio­ne dei rifiu­ti radioat­ti­vi: avrem­mo dovu­to dotar­ci di un pia­no nazio­na­le a par­ti­re dal 2011 – come richie­sto dal­la diret­ti­va Eura­tom – ma l’iter ha subi­to diver­si rin­vii per i qua­li ci sia­mo inve­ce gua­da­gna­ti una sen­ten­za di infra­zio­ne dal­la Cor­te di Giu­sti­zia UE nel 2019”. (con­ti­nua a leggere)

 

Decom­mis­sio­ning nuclea­re: tem­pi (sem­pre più) lun­ghi, costi alle stel­le (di Fran­ce­sco Fer­ran­te per Valo­ri): “Lo sman­tel­la­men­to degli ex siti nuclea­ri ita­lia­ni ritar­da di anno in anno: solo il 25% è rea­liz­za­to. Intan­to, i costi rad­dop­pia­no e i tem­pi si dila­ta­no”. (con­ti­nua a leggere)

 

Fran­cia e Ger­ma­nia: le oppo­ste stra­te­gie sull’energia che divi­do­no l’Europa (di Ele­na Comel­li per Vali­gia Blu): “La Fran­cia gui­da un grup­po di pae­si, per­lo­più del­l’Eu­ro­pa cen­tra­le e orien­ta­le, che han­no spin­to l’U­nio­ne Euro­pea a con­ce­de­re il bol­li­no di “atti­vi­tà eco­no­mi­ca eco­so­ste­ni­bi­le” anche all’e­ner­gia nuclea­re, mal­gra­do la stre­nua oppo­si­zio­ne di mol­ti pae­si mem­bri. Per i poli­ti­ci e gli atti­vi­sti tede­schi l’i­dea che l’e­ner­gia nuclea­re sia ver­de o soste­ni­bi­le è un ana­te­ma, con­si­de­ran­do il poten­zia­le di inci­den­ti con con­se­guen­ze ambien­ta­li cata­stro­fi­che e i pro­ble­mi asso­cia­ti allo stoc­cag­gio a lun­go ter­mi­ne del­le sco­rie radioat­ti­ve, che nem­me­no la stes­sa Fran­cia è anco­ra riu­sci­ta a risol­ve­re. Per non par­la­re del fat­to che le cen­tra­li fran­ce­si comin­cia­no a mostra­re i segni del­l’e­tà e han­no sem­pre più biso­gno di fer­mar­si per lavo­ri di manu­ten­zio­ne, com’è suc­ces­so nel­le ulti­me set­ti­ma­ne con tre dei quat­tro più gran­di reat­to­ri, costrin­gen­do il pae­se a incre­men­ta­re il ricor­so al car­bo­ne”. (con­ti­nua a leggere)

 

Nuclea­re, l’Agenzia fran­ce­se per l’ambiente: nuo­vi reat­to­ri costo­si e dan­no­si (di Andrea Baro­li­ni per Valo­ri): “La Fran­cia non ha inte­res­se a lan­ciar­si nel­la costru­zio­ne di nuo­vi reat­to­ri EPR di ulti­ma gene­ra­zio­ne. Ciò per­ché, da un lato, inve­sti­re sul­la filie­ra del nuclea­re ral­len­te­reb­be lo svi­lup­po del­le ener­gie rin­no­va­bi­li. Dall’altro, per­ché fareb­be aumen­ta­re il costo medio di pro­du­zio­ne dell’energia elet­tri­ca. E dun­que anche le bol­let­te paga­te dai cit­ta­di­ni. Ad affer­mar­lo non è un’associazione ambien­ta­li­sta ma l’Agenzia per l’ambiente e la gestio­ne dell’energia (Ade­me), in un rap­por­to pub­bli­ca­to nel­lo scor­so mese di dicem­bre”. (con­ti­nua a leggere)

 

Trop­po cal­do e fiu­mi in sec­ca, la Fran­cia chiu­de due reat­to­ri nuclea­ri per rischio col­las­so (Pep­pe Aqua­ro per Cor­rie­re del­la Sera): “Sic­ci­tà, onda­te di calo­re che non sem­bra­no ave­re fine, e il cam­bia­men­to cli­ma­ti­co si pren­de un’altra rivin­ci­ta nei con­fron­ti degli approv­vi­gio­na­men­ti ener­ge­ti­ci dell’uomo. L’ultima con­se­guen­za dei livel­li ecce­zio­nal­men­te bas­si dei fiu­mi è la chiu­su­ra dei reat­to­ri nuclea­ri”. (con­ti­nua a leggere)

 

Fran­cia e nuclea­re: una real­tà del tut­to pecu­lia­re (di Hen­ri Bague­nier per Trec­ca­ni): “All’inizio del 2022 è chia­ro, anco­ra una vol­ta, che nul­la è anda­to come pre­vi­sto. Il mer­ca­to nuclea­re mon­dia­le è rima­sto debo­le, la capa­ci­tà in fun­zio­ne nel mon­do oggi è al livel­lo del 2000 e la quo­ta del nuclea­re nel­la pro­du­zio­ne mon­dia­le di elet­tri­ci­tà è for­te­men­te dimi­nui­ta, pas­san­do dal 17% nel 2000 al 9,8% nel 2021”. (con­ti­nua a leggere)

 

I pro­ble­mi strut­tu­ra­li del nuclea­re fran­ce­se che ingua­ia­no il mer­ca­to elet­tri­co euro­peo (di Loren­zo Val­lec­chi per Qua­lE­ner­gia): “L’invasione rus­sa dell’Ucraina e il taglio del­le espor­ta­zio­ni di gas rus­so ver­so l’Europa stan­no con­tri­buen­do a cau­sa­re una cri­si ener­ge­ti­ca, ma in real­tà non sono for­se la cau­sa prin­ci­pa­le dei rin­ca­ri che si stan­no veri­fi­can­do nei mer­ca­ti elet­tri­ci euro­pei. Tut­te le cri­ti­che che sono sta­te sol­le­va­te, per esem­pio, sul­la deci­sio­ne del­la Ger­ma­nia di chiu­de­re le sue cen­tra­li nuclea­ri in una fase di mino­re dispo­ni­bi­li­tà di gas non ten­go­no con­to del fat­to che il pro­ble­ma prin­ci­pa­le per la gene­ra­zio­ne elet­tri­ca euro­pea non è il calo dell’offerta di gas, ben­sì l’indisponibilità del nuclea­re fran­ce­se”. (con­ti­nua a leggere)

 

Il decli­no del­la filie­ra nuclea­re (di Andrea Baro­li­ni per Valo­ri): “Il pre­sen­te e il futu­ro del nuclea­re civi­le appa­io­no incer­ti. A for­ni­re una foto­gra­fia del­la situa­zio­ne attua­le del set­to­re è il World nuclear indu­stry sta­tus report”. (con­ti­nua a leggere)

 

fonti istituzionali