Andrea Orlando, ministro della Giustizia del governo Gentiloni e già ministro della Giustizia del governo Renzi, nonché candidato alla segreteria del Partito Democratico, lancia una grande manifestazione a favore dei migranti, rilanciando una proposta di Veltroni (sì, Veltroni):
Concorda con la proposta di Veltroni di tenere una manifestazione a favore dei migranti, come quella fatta a Barcellona?
«Sì, senza esitazioni. È un tema identitario e forte che deve caratterizzare una sinistra che riconosca la dignità delle persone. È una sfida che lancio a tutto il partito, facciamola presto. Sarebbe un modo per dare un senso politico alle primarie, farle diventare un momento di grande mobilitazione. La cosa che mi preoccupa dei sondaggi è che rischiano di andare ai gazebo poche persone. Se riusciamo a fare delle cose insieme è un modo per rappresentare un progetto politico».
Come ben sapete, saremmo i primi a scendere in piazza per i diritti dei migranti e dei rifugiati, ed è anche per questo motivo che non possiamo non rilevare come il ministro e candidato abbia tenuto posizioni assolutamente in contrasto con quanto propone oggi.
Se dovessimo scendere in piazza, infatti, lo faremmo anche per protestare contro quanto fatto da Orlando, che va nella direzione opposta della tutela dei migranti.
Era il 2 aprile del 2014 quando la Camera ha approvato in via definitiva la cosiddetta «Legge delega sulle pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio», dando mandato al governo di abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato di ingresso e soggiorno irregolare. Conosciuto anche come «reato di clandestinità», si tratta di un reato definito dallo stesso Orlando «inefficace, con una capacità limitata, se non nulla, di deterrenza. L’abrogazione del reato di immigrazione clandestina non solo comporterà un risparmio di risorse, giudiziarie e amministrative ma produrrà anche effetti positivi per l’efficacia delle indagini in materia di traffico di migranti e favoreggiamento all’immigrazione clandestina». Tutto assolutamente vero: ci permettiamo di aggiungere che il reato ha gravi ricadute anche sull’esposizione dei migranti privi di documenti allo sfruttamento. Peccato che la delega data dal Parlamento al Governo avesse una validità temporale pari a 18 mesi e che il governo non abbia esercitato la delega nei tempi previsti perché — si disse allora — era «necessario preparare l’opinione pubblica», in barba a quanto approvato dal Parlamento.
Andrea Orlano, ai tempi, ribadì che «si deve fare», ma «col ministero degli Interni si sta ragionando su un intervento complessivo che riguardi i rimpatri, i tempi per il riconoscimento dello status di rifugiato: l’abolizione del reato può stare dentro quel pacchetto». Ora che il pacchetto è arrivato — col cambio al vertice degli Interni -, dell’abolizione del reato di immigrazione clandestina non c’è comunque traccia.
Il pacchetto Minniti, invece, contiene un altro provvedimento tanto caro al guardasigilli, che per primo lo propose. Durante un’audizione di fronte al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, nell’agosto 2016, Orlando dichiarò che avrebbe promosso, in caso di diniego alla domanda d’asilo, «la soppressione dell’appello contro la decisione del Tribunale». Una misura ripresa pari pari dal decreto Minniti e che introduce una inaccettabile discriminazione di fronte alla giustizia, tra cittadini italiani e cittadini stranieri.
Niente cancellazione del reato di ingresso e soggiorno irregolare, perciò, ma in compenso una discriminatoria diminuzione delle tutele giuridiche dei richiedenti asilo. Orlando stia a casa, il giorno della manifestazione.