[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1509018822881{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]L’aula di Strasburgo ha approvato ieri (con 451 voti a favore, 147 contrari e 42 astensioni) una relazione che invita “tutti gli Stati membri a introdurre regimi di reddito minimo adeguati, accompagnati da misure di sostegno al reinserimento nel mondo del lavoro per chi può lavorare e programmi d’istruzione e formazione adeguati alla situazione personale e familiare del beneficiario, al fine di sostenere le famiglie con redditi insufficienti e garantire loro un tenore di vita decoroso”, sottolineando che il reddito minimo dovrebbe “consistere in un sostegno finanziario adeguato (che garantisca un reddito al di sopra della soglia di povertà), oltre che in un accesso garantito a servizi di qualità e politiche attive del lavoro”. Il Parlamento europeo afferma anche che il diritto all’assistenza sociale è un diritto fondamentale, e che regimi di reddito minimo adeguati aiutano le persone a vivere dignitosamente, sostengono la loro piena partecipazione alla società e garantiscono la loro autonomia durante tutto l’arco della vita.
Ce lo chiede l’Europa, insomma, e lo chiede soprattutto all’Italia, visto che la stessa relazione afferma che in 26 Stati membri esistono già forme di sostegno al reddito (tranne Italia e Grecia), per quanto in molti casi ancora insufficienti e ‑secondo l’aula- da estendere e rafforzare. Il Parlamento infatti “si rammarica che alcuni Stati membri non sembrino tenere conto della raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio”, che già nel 1992 aveva auspicato l’adozione in tutti gli Stati membri di strumenti adeguati di sostegno al reddito.
Nella lunga relazione approvata ieri, tra le altre cose, il Parlamento insiste sull’importanza di garantire un accesso equo al reddito minimo, senza discriminazioni basate “sull’etnia, il genere, il livello d’istruzione, la nazionalità, l’orientamento sessuale, la religione, la disabilità, l’età, le idee politiche o l’estrazione socioeconomica” e sull’attenzione alle fasce più vulnerabili della società, come le persone senza fissa dimora (per cui si chiede che non vi sia, tra i requisiti d’accesso al reddito minimo, un indirizzo fisico).
Si sostiene, poi, che il reddito minimo debba essere inteso come strumento di contrasto alla povertà e alle diseguaglianze, ed integrato in un approccio strategico orientato all’inclusione sociale. In particolare, per il Parlamento europeo il reddito minimo può dare un contributo significativo al raggiungimento dell’obiettivo ‑assunto con la strategia Europa 2020- di ridurre di 20 milioni entro il 2020 il numero di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale nell’UE, che sono ancora 119 MLN (circa il 25% della popolazione europea, un livello superiore al 2008).
Ma il Parlamento europeo sottolinea anche che povertà e diseguaglianze sono in crescita in Europa, e che “le ampie disparità di reddito non sono soltanto dannose per la coesione sociale, ma ostacolano anche la crescita economica sostenibile”. Insomma, anche nella plenaria di Strasburgo è pacifico che l’impatto della crisi sia stato più grave tra i soggetti a più basso reddito, aumentando in modo esponenziale le diseguaglianze nelle società europee.
Inoltre, la relazione risponde ad alcuni argomenti usati contro il reddito minimo, affermando che regimi di sostegno al reddito ben concepiti ed adeguati non impediscono né scoraggiano un reinserimento nel mondo del lavoro, contribuendo anzi a rilanciare la domanda interna, e sono positivi per l’intera società in quanto “ indispensabili per garantire società più eque, e società più eque garantiscono risultati migliori in termini di numerosi indicatori sociali ed economici”. Infine, il Parlamento riconosce che gli schemi di reddito minimo, nei Paesi in cui esistono, fungono da stabilizzatori automatici in risposta agli shock economici ed hanno alleviato l’impatto della recessione.
Con questo importante voto, il Parlamento europeo chiede agli Stati membri di adottare o rafforzare ed estendere gli schemi di reddito minimo, e chiede alla Commissione di intervenire, ad esempio in seno al semestre europeo, per monitorare l’adeguatezza degli schemi esistenti, in particolare attraverso le raccomandazioni specifiche per paese. Chiede anche finanziamenti pubblici adeguati, arrivando a chiedere una modifica della normativa sull’utilizzo del Fondo sociale europeo affinché possa essere utilizzato in questa direzione.
Il segnale da Strasburgo è arrivato forte e chiaro, si chiede all’Italia di adottare uno schema di reddito minimo adeguato, così come noi di Possibile chiediamo da sempre, e proponiamo anche nel nostro Manifesto. La battaglia continua, sapendo di non essere soli, in Europa.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]