Parma città Possibile (verso le amministrative 2017)

Il percorso verso le amministrative a Parma parte da qui. Dalla scommessa che quella voglia di città possibile sia ancora viva. “Possibile” non come l’arte del compromesso possibile, ma come l’esplorazione di altre strade possibili.

Tra poco più di una anno Par­ma andrà al voto ammi­ni­stra­ti­vo. I comi­ta­ti cit­ta­di­ni di Pos­si­bi­le han­no ini­zia­to un per­cor­so per ela­bo­ra­re una nuo­va agen­da per la cit­tà. Il pri­mo momen­to, un pome­rig­gio di ascol­to che si è svol­to lo scor­so 5 mar­zo, ha visto gli inter­ven­ti di ven­ti per­so­ne, asso­cia­zio­ni, comi­ta­ti che han­no rac­con­ta­to la loro visio­ne del­la Par­ma del futu­ro.

Sono par­ti­ti dal­le loro espe­rien­ze di cit­ta­di­nan­za atti­va in dife­sa del­la qua­li­tà di ser­vi­zi edu­ca­ti­vi, wel­fa­re, ambien­te, cul­tu­ra, biblio­te­che, lavo­ro, par­te­ci­pa­zio­ne. Set­te minu­ti a testa per com­por­re i tas­sel­li del­la “cit­tà pos­si­bi­le”, quel­la che rifiu­ta l’idea che non ci sia­no alter­na­ti­ve, come ha sot­to­li­nea­to Elly Schlein nel suo inter­ven­to che ha col­le­ga­to il nostro per­cor­so a quel­lo in atto in altre cit­tà.

Il pros­si­mo appun­ta­men­to sarà dedi­ca­to a tavo­li di lavo­ro tema­ti­ci che, par­ten­do dagli spun­ti emer­si, imma­gi­ne­ran­no stra­de di azio­ne. E poi la ter­za fase, pri­ma dell’estate, quel­la dei pri­mi pro­get­ti con­cre­ti che met­ta­no le idee alla pro­va del­la soste­ni­bi­li­tà.

Abbia­mo ini­zia­to dall’ascolto di espe­rien­ze per esse­re aiu­ta­ti a inter­cet­ta­re le doman­de vita­li del­la cit­tà. E poi ela­bo­ra­re insie­me rispo­ste pun­tua­li e inno­va­ti­ve. Non è que­sto incro­cio, così deci­si­vo e deli­ca­to, tra doman­da e rispo­sta che ci affa­sci­na del­la poli­ti­ca? Non è que­sto che dà all’amministrare un’anima? Per­ché la rispo­sta può esse­re tec­ni­ca­men­te per­fet­ta, ma inu­ti­le o addi­rit­tu­ra dan­no­sa se non sod­di­sfa una doman­da che le dia senso.

In uno dei tan­ti lavo­ri appe­si alle pare­ti del liceo arti­sti­co dove inse­gno, ho let­to una fra­se trat­ta da “Le cit­tà invi­si­bi­li” di Cal­vi­no. Mar­co Polo, rac­con­tan­do i suoi viag­gi — rea­li o imma­gi­na­ri — dice a Kublai Kan, impe­ra­to­re dei Tar­ta­ri: “D’una cit­tà non godi le set­te o le set­tan­ta­set­te mera­vi­glie, ma la rispo­sta che dà a una tua doman­da”.

Que­sti miei quat­tro anni in con­si­glio comu­na­le mi dico­no che la poli­ti­ca ha anco­ra gran­di pos­si­bi­li­tà nel dare rispo­ste. Ma che ha pau­ra: pau­ra di incon­tra­re doman­de che non ave­va pre­vi­sto, pau­ra di ten­ta­re rispo­ste che non sia­no già sta­te spe­ri­men­ta­te.

Così le rispo­ste, a livel­lo nazio­na­le come loca­le, fini­sco­no per asso­mi­gliar­si tut­te. E l’astensionismo cre­sce: non solo per stan­chez­za del­la poli­ti­ca, ma soprat­tut­to per voglia di più poli­ti­ca. Di più dif­fe­ren­za. Di più pro­fon­di­tà di ana­li­si. Di più radi­ca­li­tà di cambiamento.

Nel­la vit­to­ria del Movi­men­to 5 stel­le nel­le ammi­ni­stra­ti­ve di Par­ma di quat­tro anni fa c’era tut­to que­sto. La cit­tà veni­va dal­la para­bo­la fina­le di una sta­gio­ne, quel­la del sup­po­sto civi­smo, in cui trop­pi si era­no illu­si che destra e sini­stra non con­tas­se­ro più: l’importante era dare rispo­ste ai cit­ta­di­ni. Rispo­ste imme­dia­te e per tut­ti, che creas­se­ro con­sen­so pre­sen­te sen­za guar­da­re all’equilibrio eco­no­mi­co futu­ro. Anche a costo di allar­ga­re, fino strap­par­le, le maglie del­la lega­li­tà. Così ci ritro­via­mo quar­tie­ri non con­clu­si e con­do­mi­ni disa­bi­ta­ti; ope­re che non han­no abbel­li­to la cit­tà, anzi; il pro­li­fe­ra­re di socie­tà par­te­ci­pa­te; il defi­cit che diven­ta debi­to fuo­ri con­trol­lo; il Comu­ne svuo­ta­to di fun­zio­ni e patri­mo­nio. La cit­tà si è resa improv­vi­sa­men­te con­to di quan­to sia peri­co­lo­so lascia­re inter­pre­ta­re pas­si­va­men­te le pro­prie doman­de dal pote­re poli­ti­co, sen­za distur­ba­re il manovratore.

E nel 2012 all’esperienza nell’amministrare, da qua­lun­que par­te fos­se pro­po­sta, gli elet­to­ri han­no pre­fe­ri­to il cam­bia­men­to dell’agenda dell’amministrare. E del­le sue moda­li­tà: basta dele­ghe in bian­co. Era la doman­da di più par­te­ci­pa­zio­ne e con­trol­lo dei cit­ta­di­ni, di una deci­sa inver­sio­ne sul con­su­mo di suo­lo, di moda­li­tà alter­na­ti­ve di smal­ti­men­to dei rifiu­ti. Era la doman­da di valo­riz­za­zio­ne del com­mer­cio di vici­na­to, di una mobi­li­tà soste­ni­bi­le, di pro­po­ste cul­tu­ra­li dif­fu­se e aper­te alla spe­ri­men­ta­zio­ne. Era la doman­da di un wel­fa­re inno­va­ti­vo e comu­ni­ta­rio, di un ruo­lo più for­te dell’ente pub­bli­co nel pen­sa­re e gesti­re i ser­vi­zi edu­ca­ti­vi, di un’idea nuo­va e insie­me più effi­ca­ce di sicu­rez­za. Era la doman­da di una poli­ti­ca auto­no­ma, in gra­do di esse­re gui­da del cam­bia­men­to, anche negli equi­li­bri di pote­re del­la nostra città.

Quel­le pro­mes­se di cam­bia­men­to, impli­ci­te o chia­ra­men­te espli­ci­ta­te nel pro­gram­ma, sono sta­te in gran par­te tra­di­te. E allo­ra c’è il rischio che alle pros­si­me ammi­ni­stra­ti­ve cre­sca il nume­ro dei cit­ta­di­ni che sce­glie­rà di non vota­re. O che pen­se­rà che la paro­la “cam­bia­men­to” sia ormai usu­ra­ta e che il solo pro­nun­ciar­la sia da inge­nui. O che cre­de­rà che è meglio tor­na­re indie­tro, per­ché “alla fine sono tut­ti ugua­li”. O che si lasce­rà tra­spor­ta­re dal­la deri­va mode­ra­ta del par­ti­to del­la nazione.

Il nostro per­cor­so par­te da qui. Dal­la scom­mes­sa che quel­la voglia di cit­tà pos­si­bi­le sia anco­ra viva. “Pos­si­bi­le” non come l’arte del com­pro­mes­so pos­si­bi­le, ma come l’esplorazione di altre stra­de pos­si­bi­li. Dopo la Par­ma pri­mo labo­ra­to­rio in Emi­lia Roma­gna del cen­tro­de­stra nel 1998 e poi pri­mo labo­ra­to­rio in Ita­lia dei 5 stel­le nel 2012, sia­mo con­vin­ti che per il 2017 pos­sia­mo atti­va­re nel­la nostra cit­tà, con il con­tri­bu­to di tan­ti, un nuo­vo labo­ra­to­rio dell’alternativa, cul­tu­ra­le pri­ma anco­ra che poli­ti­ca.

Sia­mo par­ti­ti più di un anno pri­ma per­ché le idee nuo­ve e pro­fon­de han­no biso­gno di tem­po per cre­sce­re. Sia­mo par­ti­ti dai con­te­nu­ti e non da nomi, sigle, tavo­li, allean­ze per­ché il pro­gram­ma sia il moto­re ini­zia­le e non l’equilibrismo dell’ultimo momen­to o un mani­fe­sto irrea­liz­za­bi­le. Sia­mo par­ti­ti in modo lar­go e par­te­ci­pa­to per­ché o que­sto per­cor­so sarà lar­go e par­te­ci­pa­to o non sarà.

E, dopo il pri­mo appun­ta­men­to, la cit­tà pos­si­bi­le ci è sem­bra­ta già un po’ più rea­le.

Giu­sep­pe Bizzi

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