Quello che sta succedendo nelle Marche in tema di salute riproduttiva e sessuale è l’ennesima occasione per la destra di attaccare l’autodeterminazione e la libertà di scelta e di sfoderare un armamentario di argomentazioni prese dalla propaganda più becera. Sapevamo che le Marche sono schierate con quelle regioni (tutte guidate dalla destra) come Umbria e Piemonte, che non intendono adeguarsi alle nuove linee ministeriali in materia di Ru486. Linee guida che sono arrivate proprio in risposta alle posizioni di Donatella Tesei, presidente della Regione Umbria, sull’accesso all’aborto farmacologico.
Già all’inizio di dicembre l’assessora delle Marche Giorgia Latini (Fratelli d’Italia) ci teneva a ricordarci che lei è da “sempre contraria all’aborto”, in merito proprio all’applicazione delle norme ministeriali. In questi giorni la discussione è arrivata in Consiglio Regionale e il “dibattito” — le virgolette sono necessarie, visto il livello delle argomentazioni portate — è intriso della più stantia retorica antiabortista e discriminatoria.
Il tema dell’aborto non sarebbe “una battaglia prioritaria”, secondo il capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli. Saremmo anche d’accordo, nel senso che non dovrebbe essere una battaglia affatto, ma un diritto garantito a norma di legge dello Stato, ma Ciccioli continua dicendo che “la battaglia da fare oggi è quella per la natalità. Non c’è ricambio e non riesco a condividere il tema della sostituzione: siccome la nostra società non fa figli allora possiamo essere sostituiti dall’arrivo di persone che provengono da altre storie, continenti, etnie. Ritengo che un popolo abbia una sua dignità, da manifestare attraverso una sua identità e la sua capacità di riproduzione”. Insomma, la buona vecchia tesi della “sostituzione etnica”. Chi l’avrebbe mai detto che per sostenere una posizione antiabortista e antifemminista (perché naturalmente sono le femministe a essere colpevoli di impegnarsi in questa battaglia di retroguardia per l’aborto) venisse utile un argomento xenofobo e razzista, caro all’estrema destra complottista e ossessionata dall’“identità”.
Compaiono, nel caso ne aveste sentito la mancanza fin qui, anche le “radici giudaico-cristiane”, rinnegate dall’Europa in favore di quelle “filosofiche greche della laicità spinta” (dove laicità è evidentemente una parolaccia) aprendo alla RU486. Perché, ricordiamolo, l’aborto farmacologico viene effettuato in piena sicurezza in day hospital da anni e in alcuni Paesi addirittura in modalità telemedica.
D’altra parte, per l’assessore alla Sanità Saltamartini, l’aborto non è un diritto, “più una facoltà, un’opzione”. E continua: “Io aprirei anche ad associazioni private per il diritto alla vita”. Giusto per darci un’indicazione di quanto debba essere ristretta, questa opzione nello scenario che ha in mente. In tale consesso, apparentemente meno folkloristiche risultano le parole dell’assessora alle Pari Opportunità Latini, che rimprovera alle femministe di aver “trasformato in uno scontro violento un tema così delicato”. Però colpiscono, perché quasi nello stesso momento in Lombardia è stata rinviata la discussione sulla proposta di legge di iniziativa popolare “Aborto al sicuro”, già calendarizzata. La neo insediata presidente Moratti e l’assessora Locatelli hanno disposto un rinvio di quattro settimane per “approfondire un argomento così importante e delicato”.
Il filo nero che unisce le destre di ogni Paese (sempre ieri è arrivata la notizia che, nonostante la resistenza delle donne polacche e un’iniziale frenata, il Governo della Polonia ha reso effettiva la legge che rende l’aborto di fatto impraticabile nel paese) anche in Italia sta approfittando di ogni spazio di discussione per minacciare il diritto all’aborto: nei consigli comunali, regionali, nei salotti televisivi, dalle pagine dei giornali e dai seggi del Senato, dove persino in piena crisi di governo Salvini ha trovato il tempo di spacciare la bufala sulle “pillole abortive regalate per strada a chiunque”.
Ogni scusa è buona per rinviare e far finire la questione dell’interruzione volontaria di gravidanza in fondo alla lista delle priorità: “delicatezza” del tema, crisi sanitaria, deliri xenofobi e preoccupazioni identitarie che sembrano prese di peso dalle pagine de “La difesa della razza”. Particolarmente illuminante è che questa discussione approdi sui giornali proprio il 27 gennaio, fianco a fianco con le celebrazioni della Giornata della Memoria, che non sembrano aver avuto successo nel far capire ai rappresentati delle nostre istituzioni come i discorsi su etnia, “razza” e identità del popolo dovrebbero restare lontanissimi dal dibattito pubblico.
Sempre, e soprattutto quando parliamo di salute riproduttiva e sessuale, quando parliamo dei nostri corpi e delle scelte che li autodeterminano.