Con passione, cordialmente: perché non possiamo continuare a penalizzare i professionisti della cultura

Ma davvero per pubblicizzare un'iniziativa bella e importante come quella che il FAI organizza da decenni è necessario abbassarsi a creare contrapposizioni inutili e dannose, anzi, inutili in quanto dannose? Ma davvero è necessario mettere l’uno contro l’altro i volontari e i professionisti dei beni culturali, a discapito del ruolo di entrambi (ma ovviamente soprattutto di quello dei lavoratori, che hanno, in questo caso, di più da perdere)?

«La nar­ra­zio­ne pre­sup­po­ne la cono­scen­za, l’esposizione dei dati salien­ti e la pas­sio­ne di comu­ni­ca­re: una pas­sio­ne tipi­ca dei volon­ta­ri, che alle gui­de pro­fes­sio­na­li soven­te man­ca […] Non vi è nes­su­no in Ita­lia che cono­sca i luo­ghi spe­cia­li come i capi dele­ga­zio­ne [FAI] e i loro volontari».
Andrea Caran­di­ni, Pre­si­den­te del FAI

Una cosa col­pi­sce e offen­de pro­fon­da­men­te, leg­gen­do l’e­di­to­ria­le pub­bli­ca­to a fir­ma del pre­si­den­te Caran­di­ni in aper­tu­ra del Noti­zia­rio del FAI di qual­che gior­no fa: l’i­dea ste­reo­ti­pa­ta e deci­sa­men­te qua­lun­qui­sta che arte, sto­ria, divul­ga­zio­ne cul­tu­ra­le sia­no da con­si­de­rar­si esclu­si­vo appan­nag­gio del­la gra­tui­tà, del ‘dono’. Per­ché le cose bel­le non si fan­no per vile dena­ro, per­ché basta la for­tu­na di ama­re qual­co­sa per poter­lo rac­con­ta­re, per­ché solo gra­tui­ta­men­te si può espri­mer­si con ‘pas­sio­ne’. Che tri­stez­za, esse­re con­vin­ti che la pas­sio­ne sia esclu­si­vo appan­nag­gio del­la gra­tui­tà. Che tri­stez­za pen­sa­re che solo chi lo fa gra­tui­ta­men­te sia dav­ve­ro moti­va­to a tra­smet­te­re cul­tu­ra. Che tri­stez­za ma soprat­tut­to, appun­to, che pes­si­mo gusto.

Ma dav­ve­ro per pub­bli­ciz­za­re un’i­ni­zia­ti­va bel­la e impor­tan­te come quel­la che il FAI orga­niz­za da decen­ni è neces­sa­rio abbas­sar­si a crea­re con­trap­po­si­zio­ni inu­ti­li e dan­no­se, anzi, inu­ti­li in quan­to dan­no­se? Ma dav­ve­ro è neces­sa­rio met­te­re l’uno con­tro l’altro i volon­ta­ri e i pro­fes­sio­ni­sti dei beni cul­tu­ra­li, a disca­pi­to del ruo­lo di entram­bi (ma ovvia­men­te soprat­tut­to di quel­lo dei lavo­ra­to­ri, che han­no, in que­sto caso, di più da perdere)?

Nes­su­no met­te in dub­bio la pre­pa­ra­zio­ne, l’a­mo­re, l’im­pe­gno di chi lavo­ra volon­ta­ria­men­te, sen­za per­ce­pi­re un com­pen­so. Que­sto non signi­fi­ca però che que­sto pos­sa fini­re per esse­re una scu­sa per far si che chi lo fa a livel­lo pro­fes­sio­na­le deb­ba per sen­tir­si man­ca­re di rispet­to, quan­do non veder­si nega­re la digni­tà di un rico­no­sci­men­to eco­no­mi­co che sia all’al­tez­za dei suoi dirit­ti di lavoratore.

Spie­ga­re che è pro­prio la ‘fata­le rou­ti­ne’ del lavo­ro ripe­tu­to e ‘non ade­gua­ta­men­te rico­no­sciu­to’ a far sì che ‘tal­vol­ta’ la ‘pas­sio­ne’ ven­ga meno, infi­ne, con­fon­de ulte­rior­men­te le acque con­ti­nuan­do ad esse­re offen­si­vi: per­ché è pro­prio saper gesti­re rou­ti­ne e ripe­ti­ti­vi­tà in una pro­fes­sio­ne par­ti­co­lar­men­te crea­ti­va che deno­ta la pro­fes­sio­na­li­tà – e pas­sio­ne per il pro­prio lavo­ro. E per­ché non è cer­to indi­can­do nel lavo­ro volon­ta­rio la rispo­sta a que­sta ‘stan­chez­za’ dovu­ta alla cat­ti­va retri­bu­zio­ne che ci si scu­sa e che soprat­tut­to ci si fa por­ta­vo­ce del­la neces­si­tà di cam­bia­men­ti strut­tu­ra­li pre­ci­si e uti­li per tut­ti, volon­ta­ri e no.

La que­stio­ne dei lavo­ra­to­ri volon­ta­ri nei beni cul­tu­ra­li non è nuo­va e si arric­chi­sce con­ti­nua­men­te di nuo­vi capi­to­li, che han­no sca­te­na­to di vol­ta in vol­ta alcu­ne pro­te­ste, subi­to affo­ga­te nel sus­se­guir­si di ban­di, offer­te di sta­ge, dichia­ra­zio­ni mini­ste­ria­li e un gene­ra­le stal­lo quan­do non peg­gio­ra­men­to del­le con­di­zio­ni di lavo­ro degli ope­ra­to­ri cul­tu­ra­li di ogni livel­lo. Ma se la spi­ra­le (discen­den­te) non pare fer­mar­si, c’è chi comin­cia a nuo­ta­re con­tro­cor­ren­te in manie­ra sem­pre più orga­niz­za­ta e deci­sa. Stia­mo pen­san­do per esem­pio al gran­de lavo­ro fat­to da una cam­pa­gna come quel­la di ‘Mi rico­no­sci? Sono un pro­fes­sio­ni­sta dei Beni Cul­tu­ra­li’ (che ter­rà il 9 apri­le a Bolo­gna la sua pri­ma assem­blea nazio­na­le, aper­ta a tut­ti: ci vedia­mo lì?) da cui nasce il PLAC — Pat­to per il Lavo­ro Cul­tu­ra­le (pote­te sot­to­scri­ver­lo qui, noi lo abbia­mo fat­to con­vin­ta­men­te) e oggi alle rispo­ste di diver­se voci, sui social e sui gior­na­li onli­ne, che non ci stan­no a sen­ti­re e leg­ge­re paro­le come quel­le di Caran­di­ni. Per­so­ne che riven­di­ca­no la digni­tà del pro­prio lavo­ro, in un pae­se che, men­tre riven­di­ca il pro­prio patri­mo­nio cul­tu­ra­le come il pro­prio ‘petro­lio’, ha inve­ce spes­so con­si­de­ra­to il lavo­ro cul­tu­ra­le come un lavo­ret­to — o una pas­sio­ne, ama­to­ria­le, appun­to — più che un lavo­ro. Per­so­ne le cui pro­te­ste han­no spin­to il FAI a pub­bli­ca­re un post di scu­se, che non ha però fat­to mol­to per pla­ca­re gli ani­mi di chi, dopo anni di for­ma­zio­ne e abi­li­ta­zio­ni, vede gli spa­zi lavo­ra­ti­vi e le con­di­zio­ni con­trat­tua­li ridot­ti, dete­rio­ra­ti e con­fu­si da norma­ti­ve incom­ple­te, leg­gi disat­te­se e nor­me aggi­ra­te anche dal­le isti­tu­zio­ni che dovreb­be­ro per pri­me rispet­tar­le e garan­tir­le. Se c’è qual­co­sa che può spe­gne­re la pas­sio­ne, pen­sia­mo che sia pro­prio questo.

Fran­ce­sca Druetti

Sil­via Regonelli

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Possibile sostiene Coopla Green. Fallo anche tu.

Pri­ma l’a­zien­da si chia­ma­va Man­fre­pla­st e pro­du­ce­va sto­vi­glie in pla­sti­ca monou­so. Ope­ra­ie e ope­rai licen­zia­ti voglio­no ricon­ver­ti­re l’azienda nel­la pro­du­zio­ne di posa­te com­po­sta­bi­li uti­liz­zan­do solo ener­gie rinnovabili.

Han­no biso­gno del soste­gno di tut­te e tut­ti noi. Noi abbia­mo fat­to la nostra par­te, ma chie­dia­mo anche a te di fare un pic­co­lo sforzo.