Il TTIP, noto acronimo che identifica l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America dal luglio 2013, sta per “Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti” (in inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP). Come detto, il negoziato ha avuto inizio nel giugno 2013, quando il Presidente degli Stati Uniti Obama e l’allora Presidente della Commissione europea Barroso hanno lanciato ufficialmente i negoziati internazionali a riguardo.
La complessità della vicenda parte dalla difficoltà, evidente, di reperire informazioni rilevanti riguardo i negoziati che si stanno costruendo e che porteranno all’accordo TTIP. E se si considerano le dimensioni economiche e geopolitiche di cui parliamo, capiremo quanto sia importante la trasparenza con la quale avrebbe dovuto essere condotta la vicenda e la costruzione partecipativa della stessa: se il progetto avrà successo, il TTIP darà vita alla più grande area di libero scambio esistente, rappresenterebbe circa la metà del PIL mondiale e un terzo del commercio mondiale. E per delle economie in difficoltà, europea in primis ed americana (in ripresa), sarebbe — così si dice — una vera manna dal cielo.
Il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha definito il TTIP una priorità strategica, impegnando il suo Governo in un appoggio totale e incondizionato per la conclusione dello storico accordo. Paolo De Castro, relatore permanete per TTIP, ha parlato del TTIP come di “una grande opportunità per l’Europa in generale e per l’Italia in particolare, che potrà portare crescita, sviluppo e occupazione”. Lo stesso De Castro, in una intervista oramai datata, ha dichiarato che “la storia ci insegna che la buona conclusione di queste trattative ha portato sempre più sviluppo, valutato in questa situazione specifica in 2 punti di Pil”. Non più tardi di qualche giorno addietro, il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha posto alcune criticità ma all’interno di una posizione ufficiale che rimane «pro Ttip». Chissà come il Ministro riuscirà a difendere il prodotto italiano visto che Renzi, capo governo in cui Martina è appunto ministro nonché segretario nazionale del stesso partito, invece ritiene che lo stesso accordo è da sostenere con grande entusiasmo e determinazione e se Calenda, fresco di nomina come Ministro dello Sviluppo Economico, del TTIP è un grande sostenitore.
I punti critici, di quel che è riuscito ad emergere nell’opinione pubblica, sono diversi e riguardano differenti tematiche economico/finanziarie. Ritengo si tratti del tentativo più ambizioso, e mai tentato prima, di svendere diritti sociali, beni comuni, cultura agricola di qualità, diritti dei lavoratori, questioni inerenti alla salute ed infine questioni inerenti la proprietà intellettuale.
I temi centrali per il nostro Paese, dati se non altro per le sue vocazioni principali e le sue tradizioni culturali, sono fondamentalmente due: l’aspetto agricolo/alimentare e la questione giuridica relativa all’istituzione dell’ISDS (Investor-State Dispute Settlement).
Riguardo l’aspetto agricolo/alimentare si tratta di capire come si compierà la cosiddetta «armonizzazione dei regolamenti» in queste materie, oggi completamente differenti tra UE e USA. Il vero nodo, strategicamente importante, passa da qui: sul controllo sulla sicurezza (alimentare, in primis, ma anche sui prodotti farmaceutici e quelli chimici. ) ex ante o ex post. Per fare un esempio, a livello comunitario sugli Ogm c’è una procedura di valutazione del rischio e di autorizzazione, in cui sono coinvolti gli enti competenti nazionali e l’Efsa. A livello statunitense, invece, trattano gli Ogm come prodotti functionally equivalent, cioè equivalenti agli Ogm-free, quindi non sono specificamente regolamentati.
Per quanto riguarda l’aspetto giuridico c’è da capire come l’istituzione dell’ISDS possa essere prevista nella normativa vigente in ogni Stato dell’Ue, sapendo che recentemente anche la Germania ha preso posizione contro l’Isds, ovvero ha manifestato pubblicamente tutte le sue perplessità su questo meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (o parti di essi) coinvolti. Il nostro Paese, culla del diritto, dovrebbe andare dritto al sodo: ovvero sciogliere politicamente nodi fondamentali che riguardano il destino di interi Paesi e l’idea di sviluppo che essi hanno. Si tratta di capire che la delega delle dispute economiche finanziare ad un tribunale internazionale, tra uno Stato ed una multinazionale o tra Stato e gruppi finanziari, implica una inevitabile privatizzazione del diritto pubblico internazionale. Si tratta di capire per quale motivo stiamo dando ad alcuni livelli internazionali nuovi poteri di controllo giudiziario. Qual è la portata del potere che stiamo delegando? Quali obbligazioni stiamo creando? La risposta a queste domande è di vitale importanza, ed un Paese come il nostro, con forti basi giuridiche (siamo o no la culla del diritto?), dovrebbe dare risposte d’avanguardia.
Anche il dibattito pubblico intorno questa vicenda, pur in constante crescita, sino ad oggi è rimasto ai margini della cronaca politico/economica. E se Renzi, Presidente del Consiglio nonché Segretario del Partito di maggioranza relativa, si dichiara completamente favorevole (“Il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti ha l’appoggio totale e incondizionato del governo italiano” così Renzi ad ottobre del 2014 in un intervento pubblico), vorrei che si sviluppasse, anche a livello mediatico, un dibattito sereno su questo rapporto commerciale, non soltanto valoriale, culturale, ideale e identitario, tra USA ed UE. Un dibattito privo di pregiudizi, o vecchi retaggi, ma che sia basato sui contenuti.
Un gruppo organizzato di persone, associazioni e organizzazioni sociali del territorio, hanno provato a ragionarci sù anche nel Salento. Si costituito già da tempo il comitato STOP-TTIP SALENTO, provando ad informare il territorio sul TTIP perché sempre più persone si determinino ed esprimano un’opinione a riguardo. La speranza è che si continui a farlo su larga scala, per essere cittadini consapevoli ed informati.
Non affrontare questa questione, a livello parlamentare, significherebbe ignorare temi internazionali con forti ricadute locali, ovvero effetti importanti su territori a forte vocazione agricola e che fanno dell’economia agro-alimentare una punta di diamante. Ed è all’interno di questo ragionamentocnon potuto far altro che apprezzare che Possibile abbia partecipato al corteo romano STOP TTIP, cogliendo appieno i rischi ambientali del TTIP ma anche i pericoli per i diritti del lavoro, per l’occupazione, per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per i servizi pubblici e lo stato sociale, insiti nell’accordo di partenariato.
Diego Dantes