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«Quelli che approfittano di servizi che non dovrebbero avere tolgono un diritto ad altri. In un Pronto soccorso qualsiasi c’è gente che aspetta giustamente con una patologia, e ci sono i furbetti che vanno al Pronto soccorso tre, quattro, cinque, sei, sette volte perché non pagano una lira e in 9 casi su 10 sono stranieri, che tolgono tempo ai medici e diritti agli italiani perché purtroppo. Ci sono accampamenti di clandestini in giro per i pronto soccorso di Milano: accampamenti di clandestini».
Era l’aprile del 2016 e Matteo Salvini, allora sulla rampa di lancio del consenso politico, cavalcava un vero e proprio tormentone che chi abita nelle regioni settentrionali deve sorbirsi da svariati anni.
«Indovina chi è l’ultimo?» è stato un manifesto che, da queste parti, ha spadroneggiato per anni sulle bacheche comunali, con implicito messaggio a corredo: «vengono a casa nostra, sono arroganti e prepotenti, non pagano le tasse e pretendono di essere serviti per primi». Un misto di pregiudizi (pretendono tutto e subito) e falsità (non pagano le tasse).
E’ stata necessaria una pandemia per far comprendere a pieno quanto sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, secondo il quale «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo», ma non solo, perché tutela la salute anche quale «interesse della collettività» e, di conseguenza, «garantisce cure gratuite agli indigenti». Garantire prestazioni mediche di base a tutti è una garanzia per la salute pubblica, per la salute di tutti, non solamente della persona curata. Preoccuparsi della salute di tutti è non solo giusto in termini assoluti, ma è anche conveniente nella più individualistica delle visioni.
Discussioni simili hanno riguardato anche la possibilità, da parte del personale sanitario, di denunciare il paziente che risiede irregolarmente nel nostro Paese. Una possibilità che nega indirettamente il diritto a farsi curare, sottoponendo il paziente all’inaccettabile ricatto di dover scegliere tra la salute e il rimpatrio. Un ricatto di fronte al quale rischiano di prevalere le cure fai da te, con tutte le loro conseguenze.
Il Portogallo, nei giorni scorsi, ha garantito pieno accesso ai servizi sanitari ai richiedenti asilo, portandoli sullo stesso piano dei cittadini. Speriamo che tutto ciò sia chiaro fin da subito anche nel nostro Paese, sia durante questi terribili giorni che quando saranno — ci auguriamo presto — passati. E speriamo che la comprensione si traduca in strumenti giuridici che permettano a tutte le persone di curarsi. Senza ricatti, senza paura.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]