Perché poi, alla lunga, ci si stanca

Da quando è iniziata l’attività estrattiva intensiva e industriale dei giacimenti di idrocarburi, dapprima in val Basento e successivamente in val d’Agri, la Basilicata ha perso più di 60.000 abitanti, il 10 per cento della popolazione.

Non so se sia dav­ve­ro per pau­ra del­le con­te­sta­zio­ni, come scri­ve Ange­la Mau­ro sull’Huf­fing­ton Post, che Ren­zi abbia deci­so di rinun­cia­re ad anda­re a Mate­ra. D’altronde, è pos­si­bi­le: nem­me­no ad Arez­zo il gover­no si è fat­to vede­re più di tan­to dopo i fat­ti di Ban­ca Etru­ria, e lì, come dire, gio­ca­va­no in casa. Alla lati­tu­di­ne dei Sas­si, inve­ce, il pre­si­den­te del Con­si­glio è un po’ in tra­sfer­ta, mol­to, se si pen­sa che nes­sun mini­stro del suo par­ti­to (a meno che non sia da anno­ve­rar­vi Alfa­no) è nato a sud del Vol­tur­no. So, inve­ce, che la stan­chez­za è tan­ta. Quel­la di dover vede­re una clas­se diri­gen­te che veste d’arroganza una sup­po­sta impu­ni­tà e quel­la di una sua oppo­si­zio­ne inter­na che fin­ge diver­si­tà, denun­cian­do­la, ma poi non fa nul­la per dimo­strar­la, tan­to che essi stes­si deb­bo­no rico­no­sce­re di gio­ca­re «tut­te le par­ti in com­me­dia».

Pen­san­do a quel sen­ti­men­to di esau­ri­ta sop­por­ta­zio­ne e a Mate­ra, m’è tor­na­to alla men­te il mot­to con­te­nu­to nel­lo stem­ma del­la cit­tà: bos las­sus fir­mius figit pedem, il bue stan­co affon­da la zam­pa con mag­gio­re fer­mez­za. Sem­bra la mora­le del­la ribel­lio­ne con­tro Gio­van Car­lo Tra­mon­ta­no, figlio di un ban­chie­re che otten­ne il tito­lo di “Con­te di Mate­ra” da Fer­di­nan­do II, Fer­ran­di­no, nel 1497, essen­do­si pri­ma garan­ti­to l’appoggio e la fidu­cia, posti qua­le clau­so­la dal re, dei cit­ta­di­ni più illu­stri, in un pri­mo tem­po suoi oppo­si­to­ri, attra­ver­so pro­mes­se ed elar­gi­zio­ni, e tra­vol­to dal­la col­le­ra dei mate­ra­ni dopo aver alza­to le tas­se per paga­re i debi­ti con­trat­ti, anche per costruir­si il suo splen­di­do manie­ro incom­piu­to. In un’epoca di “disin­ter­me­dia­zio­ne”, il rischio che chi la evo­chi deb­ba poi scon­trar­la non è cam­pa­to in aria. Direb­be Sco­tel­la­ro, «Sen­ti­re­ste la nostra dura parte/ in quel gior­no che fos­si­mo agguerriti/ in quel­lo stes­so Castel­lo intristito».

E comun­que, nel caso, come non com­pren­der­la, la stan­chez­za. Men­tre si discu­te di mini­stre e com­pa­gni, for­se un’intera val­le è sta­ta avve­le­na­ta. E in mez­zo a tut­to que­sto, si è costret­ti a dover pure rispon­de­re a gover­nan­ti ipo­te­ti­ci e sot­to­se­gre­ta­ri even­tua­li, teo­riz­za­to­ri del­le tri­vel­la­zio­ni estrat­tri­ci di «ric­chez­za e posti di lavo­ro», che por­ta­no la cre­sci­ta ren­den­do tut­ti feli­ci e con­ten­ti. Bene; di soli­to non repli­co a chi rac­con­ta le fia­be, soprat­tut­to se fin­ge di cre­der­ci. Sta­vol­ta, voglio fare un’eccezione.

Cono­scen­do la Basi­li­ca­ta non per sen­ti­to dire, non capi­sco per­ché, con le tesi dei “petro­lot­ti­mi­sti”, dal­la secon­da metà del seco­lo scor­so, quan­do è ini­zia­ta l’attività estrat­ti­va inten­si­va e indu­stria­le dei gia­ci­men­ti di idro­car­bu­ri, dap­pri­ma in val Basen­to e suc­ces­si­va­men­te in val d’Agri, essa abbia per­so più di 60.000 abi­tan­ti, il 10 per cen­to del­la popo­la­zio­ne, e uno stu­dio con­dot­to da Sin­loc per con­to del­la Bei e di diver­se fon­da­zio­ni ban­ca­rie, sti­ma che entro i pros­si­mi 15 anni saran­no in più di 50.000 a seguir­li. Con­si­de­ra­ta l’attenzione di chi coman­da per la “nar­ra­zio­ne”, voglio dun­que rac­con­tar loro una sto­ria, lun­ga come quel­la d’Italia.

Io sono nato a Sti­glia­no, nel­la pro­vin­cia di quel­la Mate­ra di cui dice­va­mo e a metà stra­da tra quel­le due val­li, pro­prio sopra quel­la del Sau­ro, dove sta sor­gen­do il cen­tro oli di “Tem­pa Ros­sa”. Negli anni Ses­san­ta, in val Basen­to, si comin­cia­ro­no a sfrut­ta­re inten­si­va­men­te i gia­ci­men­ti di gas. Dagli anni Novan­ta, toc­cò a quel­li di petro­lio del­la val d’Agri. Stan­do alla logi­ca del­le rica­du­te diret­te sul ter­ri­to­rio, il mio pae­se, tro­van­do­si nel bel mez­zo geo­gra­fi­co di tut­ta quel­la “pro­spe­ri­tà”, avreb­be dovu­to avvan­tag­giar­se­ne, non credete?

>Ora, però, qual­co­sa nel­la favo­la dei “tri­vel­la­to­ri” non tor­na. Sti­glia­no, al pri­mo cen­si­men­to postu­ni­ta­rio del 1861, con­ta­va poco meno di cin­que­mi­la abi­tan­ti, 4.948 per la pre­ci­sio­ne. In quel seco­lo e per la metà del suc­ces­si­vo, creb­be, nono­stan­te si dovet­te­ro scon­ta­re due guer­re mon­dia­li e la sta­gio­ne del­le gran­di migra­zio­ni, quel­la per le Ame­ri­che su tut­te. Cent’anni dopo, nel 1961, era rad­dop­pia­to, arri­van­do a sfio­ra­re i die­ci­mi­la, 9.925 residenti. 

Da lì, e con tut­te quel­le poten­zial­men­te arric­chen­ti estra­zio­ni, la sua popo­la­zio­ne non solo smi­se di cre­sce­re, ma comin­ciò a cala­re costan­te­men­te: 8.154 nel 1971, 7.276 nel 1981, 6.576 nel 1991, 5.616 nel 2001, 4.685 all’ultima rile­va­zio­ne cen­sua­ria, nel 2011. Lun­gi dal fer­mar­si, quel decli­no con­ti­nua, di modo che, in soli cinquant’anni, il pae­se ha per­so più di quan­to gua­da­gna­to in un seco­lo, scen­den­do al di sot­to del nume­ro di abi­tan­ti che ave­va al tem­po degli scon­tri fra i bri­gan­ti e le trup­pe del regno nascente.

>Chi se ne andreb­be da un ben­go­di di «ric­chez­za e posti di lavoro»?

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