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Stalking, minacce e insulti fino ad arrivare a calci, pugni e tentativi di soffocamento davanti al rifiuto di alzare un voto o promuovere il figlio: ormai pare lecito trasferire atteggiamenti sociali sempre più diffusi come l’aggressività e l’individualismo anche nei luoghi deputati alla formazione delle giovani generazioni.
Ma come siamo arrivati a questo punto?
Chi sono le vittime principali dello sfaldamento sempre più profondo tra Scuola e Società?
Purtroppo sono gli alunni e le alunne.
Ogni tipo di competizione e contrapposizione individualistica tra chi svolge un ruolo educativo, l’idea di una scuola come luogo puramente performativo, che riduce il processo di insegnamento e apprendimento ad una semplice misurazione di “competenze”, o ad una sua concezione puramente strumentale, può avere conseguenze disastrose per la società e per i giovani, i bambini e le bambine.
Il recupero, la difesa della dignità sociale e professionale del personale della scuola, la battaglia contro ogni elemento e pratica divisiva che spinga insegnanti, studenti, e perciò anche genitori, alla competizione anziché alla collaborazione e al rispetto reciproco — delle funzioni, delle persone — sono principi cui non si può rinunciare, soprattutto in questa delicata fase storica e culturale. E’ in questione la coerenza ed il senso delle istituzioni democratiche: i tristi fatti di cronaca di questi ultimi giorni, gravissimi e penosi, non devono divenire l’ennesimo oggetto di campagne mediatiche destinate all’oblio, alla semplificazione, alla spettacolarizzazione, ma un serissimo momento di riflessione per tutti, una riflessione che mai più dovrà interrompersi, e che dovrà procedere con rispetto, con visione, con ascolto. La scuola è un bene comune.
La brutale violenza che viene raccontata significa la crisi del patto educativo, la crisi del senso di coesione e solidarietà sociale, e implica il dovere, da parte della politica in primo luogo, di intervenire e parlare in modo serio, non più retorico, non più estemporaneo o propagandistico, a difesa della scuola pubblica, a tutela della comunità scolastica e delle relazioni che la sostanziano.
La politica dovrà d’ora in poi tenere ben presente, come dovere morale e politico insieme, le conseguenze che ogni azione, intervento, parola può avere sulla comunità scolastica stessa e le relazioni che la rendono viva, umana, e senza cui nessun modello pedagogico-didattico astratto o ricetta “di sistema” può avere validità. La banalizzazione della questione scolastica, specie nella sua versione economicista, efficientista e “produttivistica”, ha generato e sta generando conseguenze drammatiche, in cui tutti siamo coinvolti e cui noi adulti siamo chiamati a rispondere.
“Le scuole, pubbliche e di qualità, sono fondamentali perché altrimenti è inutile riempirsi la bocca della parola ‘merito’… Perché il merito nasce dalla possibilità di essere costruito, è un fatto relazionale, dipende dal contesto, dal punto di partenza. Senza pari opportunità di partenza si finisce solo con il premiare chi c’è già in prima fila, o al massimo in seconda. Degli altri si perdono le tracce” (G. Civati, Qualcuno ci giudicherà, 2014).
Dafne Murè — Possibile Scuola Rieti
(in collaborazione con Eulalia Grillo)
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