Durante la campagna per il referendum costituzionale avevamo detto – con altri sostenitori del NO – che la revisione costituzionale del governo Renzi era una cattiva riforma ma che altre modifiche della Costituzione, leggere e condivise, sarebbero state possibili. Anzi, utili.
In un documento firmato dal sottoscritto con Gianfranco Pasquino, Maurizio Viroli e Roberto Zaccaria e immediatamente ripreso da Civati per Possibile e da D’Alema con Italianieuropei avevamo indicato precisamente i punti per alcuni interventi chirurgici sulla Costituzione, al fine di migliorarne il funzionamento (pur nella convinzione che questo avvenga anche attraverso interventi legislativi e sui regolamenti parlamentari).
Dopo la sonora bocciatura della revisione costituzionale Renzi-Boschi, nel referendum del 4 dicembre, però, sembra che si preferisca parlare d’altro: “riforme costituzionali chi?”. L’attenzione è tutta concentrata sulla data del voto, che – ancora una volta – porta via solo tempo. Invece, essendoci un Parlamento legittimamente operante (come dicevano a squarcia gola tutti i sostenitori della riforma costituzionale) e un Governo forte quanto il precedente (avendo la stessa maggioranza e gli stessi ministri), sarebbe il caso di dedicare il tempo rimanente della legislatura per fare il più possibile. Ad esempio, chi ha più saputo nulla del conflitto di interessi? E dell’eutanasia? E la legge sulla concorrenza? E… le riforme costituzionali leggere e condivise?
Ci sono alcuni interventi sulla Costituzione che proprio a fine legislatura e in vista anche delle prossime elezioni avrebbero particolarmente senso.
Il primo e più importante – certamente quello oggetto delle maggiori promesse da parte delle forze politiche durante la precedente campagna elettorale – è la riduzione del numero dei deputati e dei senatori. Una riduzione equilibrata, come indicato nel citato documento, che consenta un migliore funzionamento delle Camere e una riduzione dei loro costi (che comunque sarebbe realizzato soprattutto da un intervento su indennità, rimborsi e vitalizi o trattamenti pensionistici, come abbiamo proposto con apposito progetto di legge). Ecco perché nelle prossime ore depositeremo una proposta di legge di revisione costituzionale che porterà il numero complessivo dei parlamentari a settecento (trenta in meno della riforma costituzionale del governo Renzi): 470 deputati e 230 senatori, mantenendo equilibrio e rappresentanza e migliorando efficienza e costi.
Con la stessa proposta di legge di revisione costituzionale miriamo anche a far eleggere il Senato a tutti i maggiorenni (eliminando il limite dei venticinque anni per l’elettorato attivo), riducendo così il rischio di maggioranze diverse nelle due Camere (soprattutto se non escogitano leggi che, come il Porcellum, sembrano fatte apposta per creare il problema) e rispondendo a quel desiderio di partecipazione che è risultato visibile il 4 dicembre. In effetti, mentre con quella riforma costituzionale il voto del Senato veniva tolto a tutti, con la nostra proposta viene dato a tutti i maggiorenni.
Si tratta di un primo, ma importante punto, al quale per noi possono seguire gli altri indicati nel ricordato documento e già condivisi, a partire dall’intervento ampliativo della democrazia diretta con l’abbassamento del quorum per il referendum abrogativo e una vera e propria garanzia di messa in votazione (parlamentare o popolare) delle proposte di legge di iniziativa popolare, secondo quanto già avevamo proposto con un progetto di revisione costituzionale, stravolto e poi assorbito dalla riforma costituzionale respinta dai cittadini.
Insomma, il finale di legislatura potrebbe essere proficuo per alcune piccole, ma forti, riforme costituzionali condivise, perché – come scriviamo ne “La Costituzione spezzata” (Lindau, 2016), riprendendo Pizzorusso – sono le “grandi riforme” le nemiche delle riforme che servono.