Pisa: lo sgombero della “Zona Rosa” e la mancanza delle istituzioni

Una zona femminista, aperta a tutti e tutte, attraversata e attraversabile, antisessista e inclusiva: la Limonaia è stata sgomberata con ampio impiego di forza pubblica

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Nel­la pri­ma mat­ti­na­ta del 7 apri­le, Gior­na­ta mon­dia­le del­la salu­te, un grup­po di don­ne di età diver­se ha occu­pa­to a Pisa la Limo­na­ia, un edi­fi­cio di pro­prie­tà del­la Pro­vin­cia che si tro­va in pie­no cen­tro sto­ri­co. Usa­ta in pas­sa­to come rico­ve­ro per le pian­te di limo­ne, fu poi tra­sfor­ma­ta in un risto­ran­te e in segui­to, dopo un inter­ven­to di ristrut­tu­ra­zio­ne, in un cen­tro scien­ti­fi­co. Infi­ne, fu acqui­si­ta dal­la Pro­vin­cia per ospi­ta­re mostre e con­ve­gni. Da quan­do però furo­no deci­si i tagli alle Pro­vin­ce, quat­tro anni fa, è sta­ta abban­do­na­ta e da allo­ra gia­ce inu­ti­liz­za­ta in atte­sa di esse­re svenduta.

Det­to per inci­so, sono tan­ti gli immo­bi­li pub­bli­ci, a Pisa, cui vie­ne riser­va­to lo stes­so desti­no. E in mol­ti casi, a que­sta poli­ti­ca di sven­di­ta, si è oppo­sta e si oppo­ne da diver­si anni una rispo­sta dal bas­so, che con le occu­pa­zio­ni ha spes­so sapu­to coin­vol­ge­re i quar­tie­ri inte­res­sa­ti in pro­ces­si par­te­ci­pa­ti­vi di recu­pe­ro e riu­ti­liz­zo degli immo­bi­li a sco­pi socia­li e ricreativi.

In que­sto caso, le don­ne che han­no occu­pa­to l’im­mo­bi­le han­no deci­so di chia­mar­lo ‘Zona Rosa’, pro­prio ad iden­ti­fi­car­ne l’u­ti­liz­zo: «una zona fem­mi­ni­sta, ovve­ro aper­ta a tut­ti e tut­te, attra­ver­sa­ta e attra­ver­sa­bi­le, anti­ses­si­sta e inclu­si­va». Le atti­vi­ste han­no deci­so di ado­pe­rar­si da subi­to affin­ché il dirit­to alla salu­te venis­se eser­ci­ta­to a par­ti­re dal­l’auto­de­ter­mi­na­zio­ne del­le don­ne, rea­liz­zan­do spor­tel­li di ascol­to, sia medi­ci che lega­li, per dare soste­gno e con­su­len­za alle don­ne che han­no affron­ta­to il per­cor­so del­l’in­ter­ru­zio­ne volon­ta­ria di gra­vi­dan­za imbat­ten­do­si in obiet­to­ri di coscien­za, e non san­no più a chi rivol­ger­si; per orga­niz­za­re dome­ni­che di socia­li­tà con gli abi­tan­ti del quar­tie­re e momen­ti di rac­con­to di sto­rie di migran­ti che vivo­no nei Cen­tri di acco­glien­za; per tene­re assem­blee cit­ta­di­ne e dibat­ti­ti col­let­ti­vi sul­la vio­len­za con­tro le don­ne, lo sfrut­ta­men­to del cor­po fem­mi­ni­le, il sessismo.

L’occupazione si è così inse­ri­ta imme­dia­ta­men­te anche nell’ampio dibat­ti­to cit­ta­di­no, che  si svol­ge da anni, sul recu­pe­ro degli spa­zi abban­do­na­ti e sul­la fun­zio­ne socia­le del­la pro­prie­tà pub­bli­ca e pri­va­ta. Nel caso del­la ‘Zona Rosa’ è emer­sa poi una par­ti­co­la­re istan­za: quel­la del­l’u­ti­liz­zo di spa­zi pub­bli­ci che, ben­ché ristrut­tu­ra­ti e ride­sti­na­ti impie­gan­do sol­di pub­bli­ci, ven­go­no sot­trat­ti all’u­so col­let­ti­vo, men­tre l’am­mi­ni­stra­zio­ne che dovreb­be garan­tir­ne la cura, ne impe­di­sce la frui­zio­ne da par­te del­le cit­ta­di­ne e dei cit­ta­di­ni. L’istituzione infat­ti pre­fe­ri­sce lascia­re gli immo­bi­li nel­l’ab­ban­do­no e nel degra­do, anche nel caso si trat­ti di luo­ghi di pre­gio e, maga­ri, dopo anni pas­sa­ti nel dimen­ti­ca­to­io, sven­der­li a qual­che pri­va­to per fare cassa.

Il 3 mag­gio, dopo nep­pu­re un mese dal­l’oc­cu­pa­zio­ne, la Limo­na­ia è sta­ta sgom­be­ra­ta con ampio impie­go di for­za pub­bli­ca: una vol­ta di più si pone quin­di l’attualità dell’annoso dibat­ti­to cit­ta­di­no, affron­ta­to con l’a­bi­tua­le mio­pia dal­l’am­mi­ni­stra­zio­ne pro­vin­cia­le. L’istituzione pro­prie­ta­ria del­l’im­mo­bi­le (il pre­si­den­te del­la pro­vin­cia, peral­tro, è anche sin­da­co di Pisa) non rico­no­sce la fun­zio­ne socia­le e cul­tu­ra­le all’occupazione, e meno che mai la sua insi­ta pro­po­sta di par­te­ci­pa­zio­ne atti­va. E que­sto in nome di un mal inter­pre­ta­to con­cet­to di lega­li­tà, che ritie­ne appun­to ‘lega­le’ sot­trar­re alle cit­ta­di­ne e ai cit­ta­di­ni spa­zi di socia­li­tà, un tem­po tol­ti al degra­do pro­prio gra­zie alle risor­se che arri­va­no dal­le cit­ta­di­ne e dai cit­ta­di­ni attra­ver­so le tasse. 

‘Zona Rosa’ vole­va esse­re una del­le espe­rien­ze che, dopo l’entusiasmante 8 mar­zo 2017 con la sua gran­de piat­ta­for­ma di libe­ra­zio­ne, offro­no alla comu­ni­tà inte­ra, da un  pun­to di vista fem­mi­ni­sta, uno spa­zio di demo­cra­zia, par­te­ci­pa­zio­ne, socia­li­tà. Que­ste espe­rien­ze di cit­ta­di­nan­za atti­va sup­pli­sco­no alle man­can­ze di un’am­mi­ni­stra­zio­ne che non ha cura dei suoi luo­ghi, che poi sono luo­ghi di tut­ta la cit­tà, che non si pre­oc­cu­pa di crea­re occa­sio­ni di dia­lo­go, di dibat­ti­to, con­vin­ta com’è che le uni­che deci­sio­ni che val­go­no sia­no quel­le cala­te dal­l’al­to e che, quin­di, non sia un pro­ble­ma che la cit­ta­di­nan­za si sen­ta sem­pre più esclu­sa dal­le scel­te poli­ti­che e sem­pre più lon­ta­na dal­le istituzioni.

Noi sot­to­li­neia­mo che le espe­rien­ze di cit­ta­di­nan­za atti­va sono neces­sa­rie: al fine di ricrea­re quel sen­so di comu­ni­tà che ormai da tem­po man­ca nel­le nostre cit­tà, al fine di ripor­ta­re le per­so­ne a par­te­ci­pa­re al dibat­ti­to poli­ti­co cit­ta­di­no, al fine di riav­vi­ci­na­re le cit­ta­di­ne e ai cit­ta­di­ni alle pro­prie isti­tu­zio­ni. Van­no quin­di inco­rag­gia­te e soste­nu­te. In par­ti­co­la­re, poi, quan­do ven­go­no pro­po­ste dal­le don­ne, le pri­me a cui anco­ra oggi vie­ne sostan­zial­men­te nega­to un pro­ta­go­ni­smo pubblico.

Nono­stan­te lo sgom­be­ro, le atti­vi­ste non inten­da­no arren­der­si, in quan­to, come dico­no loro, la «Limo­na­ia – Zona Rosa non era e non è un pro­ble­ma di ordi­ne pub­bli­co. Spez­za­re la soli­tu­di­ne per esse­re insie­me è il pun­to di par­ten­za per usci­re dal­la vio­len­za di un pote­re neo­li­be­ri­sta e maschi­li­sta che inve­ste tut­to, anche i nostri cor­pi, altro che ordi­ne pub­bli­co!» E’ impor­tan­te, quin­di, anche costrui­re e man­te­ne­re aper­ti i luo­ghi fisi­ci che ser­vo­no per far­lo. Ed è impor­tan­te man­te­ne­re aper­to il dibat­ti­to cit­ta­di­no su que­sto. Anche, per l’appunto, da un’ottica fem­mi­ni­sta, per garan­ti­re che tut­te e tut­ti pos­sa­no par­te­ci­pa­re e costrui­re la pro­pria comunità. 

Ema­nue­la Amen­do­la, por­ta­vo­ce Comi­ta­to Gli Spet­ti­na­ti – Pisa

Tizia­na Nada­lut­ti, Una Cit­tà in Comune

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