Alle prese con la questione del tesseramento selvaggio, l’elettore si scandalizza e si estenua — per parafrasare Paolo Conte — e tutti gli altri semplicemente guardano con gli occhi strabuzzati l’ennesimo spettacolo guittesco messo in scena dal (nel) Pd. Fermare o non fermare il tesseramento, si chiedono i titoli di giornale in un dibattito vieppiù appassionante per quei capibastone che, a casa, li leggono comodamente seduti sulle decine di migliaia di tessere che hanno già fatto, nelle lunghe settimane dorate della deregulation. E sospirano, ah, dei bei tempi andati.
Epifani sta cercando di intervenire, col proposito di trovare un accordo tra i quattro candidati, e parla di pochi casi isolati, e di sanzioni. Le sanzioni che risultano, al momento, riguardano Asti (il famoso caso della colonizzazione albanese della provincia di Paolo Conte, appunto) e Rovigo. E l’elenco dei provvedimenti finisce qui: un po’ poco. Entrando nel noioso e bizantino dettaglio tipico delle cose dem, ci sarebbe ben altro. Ci sono le centinaia di migliaia di tessere in bianco messe in circolazione, molte delle quali inviate in proporzioni assolutamente inusitate, e del tutto non casualmente, a rifornire federazioni che non avevano certificato la loro situazione prima dell’inizio del congresso: e non è davvero ammissibile che, a chi ha creato questi veri e propri buchi neri, l’organizzazione nazionale abbia addirittura fornito una pala, per continuare a scavare.
A fine congresso, quando sarà il momento di fare i conti, anche quelli letterali, qualcuno scoprirà — per esempio — che delle tremila tessere al giorno fatte a Napoli alcune — molte — non sono nemmeno state pagate, o sono state pagate la metà. E che si fa a quel punto dei risultati drogati che ormai saranno stati acquisiti?
Che fare poi con gli incandidabili che non solo si sono candidati, ma sono stati anche — sarà un caso — plebiscitariamente eletti? Crisafulli lo era, incandidabile, forse che il congresso va inteso come un giubileo che rimette i peccati, o come un indulto? Che fare se, come sembra, la proposta di Epifani di concedere al tesseramento questo ultimo weekend di apertura, dovesse realizzarsi, quali sono i modi e le cautele perché non si verifichi l’assalto ai forni? Chi vigilerà? Con quali strumenti, e quali poteri sanzionatori effettivi, ovvero in grado di annullare i procedimenti irregolari e il loro peso specifico nel calcolo delle convenzioni? Perché siamo dovuti arrivare al punto di mettere in campo Segretario e candidati, e perché invece non insistere di più sul lavoro dell’apposita commissione?
E siamo certi di poter garantire, invece, che dove vi sono elettori in buona fede intenzionati — pazzi — a fare la tessera entro questo nuovo termine trovino dappertutto le sedi aperte, e le tessere, rigorosamente una a testa, disponibili? Perché questo è il problema che noi, ingenui, ci ponevamo quando abbiamo lanciato la #propostahard di entrare in questo partito per cambiarlo di persona personalmente, e non a pacchetti: non siamo stati consultati quando queste regole sono state decise, e siamo dell’idea che non si debbano cambiare in corsa — come diceva un altro candidato, un’altra volta — ma siamo sicuri che non si sia costruito un meccanismo che scoraggia gli onesti e non punisce i disonesti? Insomma, è una questione di giustizia, anche banale: dopotutto non è proprio sulla tessera del Pd, che sta scritto “L’Italia giusta”?
Queste le domande, senza polemica, al Segretario che ha proposto questa soluzione molto parziale e a chi pare appoggiarla. Ed è un po’ tardi per gli appelli dispiaciuti, l’indignazione e le lacrime di coccodrillo di qualcuno, così come è puerile buttarla sempre in tribuna col benaltrismo, col signora mia i problemi del mondo sono altri: certo che sono ben altri, e spesso sono causati da quelli che hanno potere e non si curano del rispetto delle regole, verrebbe da rispondere. La decisione, ci sembra di capire, è già stata presa a prescindere dalle annunciate consultazioni: che almeno non sia un colpo di spugna. Noi continueremo a vigilare, e a chiedere il rispetto delle regole.