La magia di questa campagna congressuale per Civati porta, con assoluta naturalezza, a fare cose mai fatte, a stupirsi continuamente e a trovare normale ciò di cui ci si stupisce. Non sono mai stato in Valle d’Aosta, è l’unica regione italiana che mi manca di visitare. Non avevo probabilmente, a memoria, nemmeno mai parlato con una persona proveniente dalla Vallée: eppure su Twitter seguo Raimondo Davide Donzel, consigliere regionale e segretario valdostano del Partito Democratico, assieme al suo gruppo di giovani entusiasti militanti, e ho visto che sostiene la candidatura di Giuseppe Civati alle primarie. «Rivendico con orgoglio di essere stato il primo consigliere regionale in Val d’Aosta a usare Twitter e poi Facebook nella mia attività politica. All’inizio ero visto come un marziano: ma in una realtà valligiana dei media dominata dalle posizioni autonomiste, noi qui non esisteremmo senza i network. Certo, il rapporto umano e personale in un partito di uomini e di donne è indispensabile, ma l’utilizzo responsabile della tecnologia in chiave educativa è molto utile: tengo le mie pagine aperte a tutti, certo ricevo aggressioni e insulti, ai quali cerco di rispondere. Mi è piaciuto l’esperimento #insultacivati, poiché ci sono reazioni arrabbiate di cittadini seri, che vanno ascoltate. Non chiudersi, comunque, dal momento che sono nettamente prevalenti gli aspetti positivi».
Ascoltando Donzel non pare di sentir parlare uno di quei dirigenti del PD che accusa le nuove leve di prestare troppa attenzione al parere del proprio elettorato via network: ed è anche su questa linea che è stato possibile l’incontro con le posizioni di Civati. «Nel 2009 curai una campagna elettorale in val d’Intelvi, nel Comasco ‑racconta Raimondo- e mi dissero che non avevano mai visto lassù un dirigente nazionale del PD, stupendosi che io parlassi di federalismo, delle difficoltà in cui versano le scuole di montagna. Pippo è l’unico ad averci dato una mano sul territorio durante le elezioni regionali, a mostrare attenzione per noi che siamo marginali in termini di peso (la provincia di Aosta conta 120mila abitanti, ndr) senza parlare da Roma. Come lo stesso Barca, è salito da noi e ci ha ascoltati: mi fa molto piacere che ora sostenga Civati, anche perché il PD di Veltroni e quello di Bersani facevano risultato solo nelle grandi città, dimenticando di dare un valore ai piccoli territori. Anche Pippo mette assieme la presenza virtuale a i rapporti diretti con i cittadini: la nostra è una conoscenza personale, da anni lui lavora su una certa linea per il partito, senza cercare visibilità o improvvisazione con ansia di protagonismo, ma il coronamento del lavoro serio e coerente in una direzione. Qua in Valle ho visto giovani e giovanissimi fare politica con entusiasmo, e l’ho visto solo per Civati: i valori li abbiamo sempre avuti, ma prima erano riaffermati senza gioia, specie dai giovani. Ho deciso che non potevo lasciarli soli in una battaglia così difficile, e ho ritrovato l’entusiasmo anch’io. Per noi dirigenti era una scelta di comodo dire ad esempio “sto con Renzi”, mentre io per quei ragazzi mi metto in gioco, perché torni entusiasmo anche nel PD. Il quale però ‑avverte Donzel- deve stare tra i movimenti, sostenere le battaglie ambientali dei cittadini (ad esempio quella contro il pirogassificatore aostano) contro la linea passiva della dirigenza nazionale. Qui il partito è stati con il popolo, coi cittadini comuni che si mobilitano per la qualità della vita».
L’entusiasmo ritorna, ad esempio, quando si affrontano politiche pratiche. «Lo sforzo maggiore bisogna farlo nel rapporto turismo-agricoltura. C’è tutto un mondo che si muove verso l’ambiente, i prodotti a km zero: se voglio far cultura ed enogastronomia devo avere un rapporto stretto col territorio. Voler bene alla terra significa basta con la cementificazione, abbattere le brutture costruite specie negli anni Settanta: servivano a far abitare gli operai, ma oggi tocca ripensare l’edilizia, c’è un patrimonio da difendere attraverso la riqualificazione. Pensiamo all’energia: il risparmio passa dal calore nelle case. E nuova occupazione non arriva dai palazzoni ma dal recupero dell’esistente: paesi, villaggi che non esistono da nessun’altra parte del mondo. Abbiamo una storia millenaria, e la gente viene in Italia perchè non ce l’ha: ad Aosta ci sono resti di civiltà preistoriche, romane e medievali, in una cartolina la storia di migliaia di anni. Ci vuole cultura turistica: operatori diversi e più qualificati, giovani che sappiano relazionarsi, offrite qualità e servizi che fino a ieri non facevamo. Anche il lavoro stagionale è da ripensare in un momento di crisi, mediante norme che garantiscano i diritti, consentano di assumere e di avere una paga dignitosa». Si parla di formazione continua: «Produrre in Val d’Aosta è più difficile, siamo in montagna. Ci obbliga a investire nella preparazione dei giovani: qui e a Trento è stato creato un istituto agricolo di ricerca, che sfonda nel settore vitivinicolo grazie alla collaborazione di coraggiosi imprenditori capaci di emergere nel mercato competitivo internazionale. Non abbiamo più la figura del “contadino”, ma quella dell’imprenditore agricolo anche in montagna, con sviluppi interessanti anche per le giovani donne, che sempre più vi si dedicano. Con l’allevamento in difficoltà, dobbiamo riuscire a fare la stessa operazione che abbiamo realizzato sul prodotto vino: la qualità è salita, anche nella zootecnia (vedi la fontina), ma dobbiamo crescere nella diversificazione del prodotto, riaffermare la qualità sul mercato. Per i giovani vedo qualche prospettiva: l’essere regione autonoma è elemento facilitatore in questo, va rivalutato. Anche con una battaglia per correggere le disfunzioni del nostro modello, un po’ chiuso in senso clientelare».
Della Val d’Aosta nei media nazionali si parla poco, solo quando accade qualche tragedia o per segnalare gli alberghi pieni durante le vacanze: «La crisi economica e finanziaria colpisce anche noi, come tutti i piccoli territori di montagna», nota Donzel. «Il già fragile sistema produttivo agricolo, assieme alla spietata concorrenza internazionale ci fanno sopravvivere solo grazie alle risorse naturali, la bellezza del paesaggio e un patrimonio immenso per una piccola realtà storico-culturale. Aosta romana conserva vestigia importantissime, attorno ci sono i castelli e le realtà medievali. Certo, resiste l’offerta turistica e ricettiva, soprattutto d’inverno, mentre l’unica realtà industriale di peso è la produzione energia idroelettrica, gestita dalla società partecipata CVA, di statura internazionale. Siamo una Regione autonoma a statuto speciale, in un contesto dove si sono scatenate forme di agonismo territoriale: negli ultimi anni è venuta meno la solidarietà fra le Regioni e lo Stato, siamo presi di mira per lo Statuto ma nella nostra storia vi è la fondata ragione dell’autonomia e del bilinguismo. Solo il fascismo ha osato metterla in discussione, e il popolo valdostano si è impegnato a fondo nella Resistenza per riconquistare la sua autonomia e la sua libertà: non intendiamo venire meno a questi presupposti».
La Lega ha perso molte occasioni per arrivare al federalismo, appiattendosi sulla difesa di Berlusconi. Può il PD recuperare quella bandiera, e rilanciarla? «L’esperienza dell’autonomia valdostana e del Partito Democratico in Valle d’Aosta -specifica Raimondo Donzel- si muove nell’ottica di rafforzare il percorso federalista in italia. L’appannamento della Lega non fa venir meno l’esigenza di federalismo: sono stati sbagliati gli atteggiamenti neocentralisti del governo Monti, quando contavano e contano le burocrazie ministeriali. Bisogna riaffermare un percorso federalista, senza che ci siano autonomie di serie A e di serie B, con il riconoscere la specialità di alcune realtà: questo è insito nel federalismo, in tutti gli stati federali maturati nella storia. Il federalismo della Lega era sbagliato perché voleva creare, con Padania e le macroregioni, uno Stato del Nord che non c’entra niente con l’idea federale, la quale in Italia viene contrastata da un centralismo timoroso che il federalismo possa sgretolare la fatica che ci ha portato all’unità. La nostra esperienza dice invece che facendo come noi si può rafforzare l’identità italiana, nel sentirsi rispettati quali soggetto di un tutto. E’ un campo aperto che il PD non sta affrontando con serietà, visto che i voti persi della Lega non li prendiamo noi: la burocrazia romana deriva dall’Ottocento, una cosa è il decentramento amministrativo, un’altra il vero passaggio al federalismo. Vedo una piccola perplessità piccola nel dire “al Sud fanno già pasticci così come ora, figuriamoci col federalismo”: io sono dell’idea opposta, dare immensi finanziamenti al Mezzogiorno senza una autogestione sono il modo per facilitare lo sperpero. Occorre ribaltare l’azione, far leva sulle classi dirigenti nuove, giovani e positive del Sud, che ci sono: la Puglia di Vendola lo ha dimostrato».
#Civoti 39: Raimondo Davide Donzel