Possiamo? No, dobbiamo.

Scor­ren­do i gior­na­li nostra­ni in un gior­no di festa, appren­do che gli inve­sti­to­ri avreb­be­ro pau­ra del­la Gre­cia e per que­sto scap­pa­no dal­le Bor­se euro­pee. Dismet­to­no tan­to rapi­da­men­te e tal­men­te tan­ti tito­li in euro, che il cam­bio dollaro/euro scen­de visi­bil­men­te di gior­no in gior­no. Allo­ra, una pri­ma doman­da sor­ge spon­ta­nea: come mai non si ripe­te lo sce­na­rio di tre anni fa, quan­do a crol­la­re furo­no solo i tito­li gre­ci (e, a segui­re, quel­li ita­lia­ni e spa­gno­li)? E come mai non basta la ras­si­cu­ra­zio­ne tede­sca che l’uscita del­la Gre­cia dall’euro (ammes­so che i gre­ci la voglia­no) non avreb­be effet­ti sul­la tenu­ta del siste­ma monetario?

Paul Krugman
Paul Krug­man

La rispo­sta più sem­pli­ce è che for­se non è quel­lo il pro­ble­ma, o alme­no che non è il pro­ble­ma prin­ci­pa­le. Il fat­to è che tut­ta l’Europa è in una situa­zio­ne di sta­gna­zio­ne “alla giap­po­ne­se”, e a dar­ce­ne con­fer­ma sono pro­prio i com­por­ta­men­ti degli ope­ra­to­ri di mer­ca­to, testi­mo­ni incon­fu­ta­bi­li del­le loro aspet­ta­ti­ve. Ad oggi, gli inve­sti­to­ri com­pra­no bond quin­quen­na­li tede­schi che han­no ren­di­men­to zero, men­tre i bond quin­quen­na­li i cui ren­di­men­ti sono col­le­ga­ti a un indi­ce dei prez­zi (index bond) pro­pon­go­no un ren­di­men­to intor­no al ‑0,35%. Que­sto ci dice due cose, come sot­to­li­nea Krug­man: le aspet­ta­ti­ve di red­di­ti­vi­tà alter­na­ti­va sono tal­men­te bas­se che gli inve­sti­to­ri paga­no il Gover­no tede­sco (piut­to­sto che l’affitto di una cas­set­ta di sicu­rez­za) per con­ser­va­re sem­pli­ce­men­te la loro ric­chez­za; le aspet­ta­ti­ve di infla­zio­ne per i pros­si­mi cin­que anni sono infe­rio­ri o al mas­si­mo ugua­li a un tas­so del­lo 0,3%, che è mol­to lon­ta­no da quel tas­so obiet­ti­vo del 2%, indi­ca­to nei Trat­ta­ti come uti­le a garan­ti­re una cre­sci­ta ordi­na­ta dell’area euro.

In que­sto sce­na­rio così pove­ro di pro­spet­ti­ve, nel bre­ve come nel medio perio­do, quel­lo che sta avve­nen­do nel resto del mon­do por­ta evi­den­te­men­te ad un peg­gio­ra­men­to del­lo sta­to del­le aspet­ta­ti­ve. Direi che l’evento più pre­oc­cu­pan­te è il crol­lo del prez­zo del petro­lio: chi ha inve­sti­to in petro­lio, o in tito­li col­le­ga­ti ad esso, che sia un ope­ra­to­re pub­bli­co o pri­va­to, e in qua­lun­que par­te del mon­do si tro­vi, si tro­ve­rà a cor­to di liqui­di­tà e avrà dif­fi­col­tà ad ono­ra­re i suoi impe­gni. Chi ha inve­sti­to in fon­ti ener­ge­ti­che alter­na­ti­ve si tro­ve­rà costret­to a rive­de­re le sue aspet­ta­ti­ve di ren­di­men­to, a fron­te del­la nuo­va “con­ve­nien­za” del petro­lio. In gene­ra­le ci sarà una pres­sio­ne a un ribas­so dei prez­zi. Per l’Europa que­sta even­tua­li­tà signi­fi­che­reb­be cor­re­re il rischio di pas­sa­re da una “sta­gna­zio­ne giap­po­ne­se” ad una defla­zio­ne disa­stro­sa. Ed è per que­sto che inve­sti­to­ri (e spe­cu­la­to­ri) comin­cia­no a scappare .

imagesNon sem­pre vie­ne ricor­da­to che la cau­sa sca­te­nan­te dell’ondata di pani­co finan­zia­rio che attra­ver­sò gli Sta­ti Uni­ti nel 1929 fu un rac­col­to straor­di­na­ria­men­te buo­no nell’America del Sud, che spin­se bru­sca­men­te ver­so il bas­so i prez­zi del­le mate­rie pri­me agri­co­le, che all’epoca rap­pre­sen­ta­va­no un ter­zo del PIL sta­tu­ni­ten­se. Gli agri­col­to­ri USA, che negli anni pre­ce­den­ti si era­no inde­bi­ta­ti per esse­re al pas­so con la cre­scen­te mec­ca­niz­za­zio­ne del set­to­re, si tro­va­ro­no a cor­to di liqui­di­tà e si pre­ci­pi­ta­ro­no nel­le ban­che per riti­ra­re i loro rispar­mi; e, infat­ti, le pri­me a chiu­de­re furo­no quel­le del Mid West. Ora, for­tu­na­ta­men­te, una situa­zio­ne di que­sto gene­re non sareb­be ripe­ti­bi­le: le ban­che cen­tra­li han­no impa­ra­to la lezio­ne e san­no cosa fare. Non a caso Mario Dra­ghi si è affret­ta­to a riba­di­re con for­za la dispo­ni­bi­li­tà del­la BCE al quan­ti­ve easing, o qual­co­sa del gene­re, visto i vin­co­li che anco­ra ne imbri­glia­no la pie­na ope­ra­ti­vi­tà come ban­ca cen­tra­le del siste­ma euro.

In ogni caso, nel­le con­di­zio­ni attua­li, e anco­ra di più con un loro even­tua­le peg­gio­ra­men­to, un aumen­to del­la liqui­di­tà può al mas­si­mo fun­ge­re da pal­lia­ti­vo momen­ta­neo, maga­ri ras­si­cu­ra­re qual­che inve­sti­to­re meno esi­gen­te; ma cer­to non risol­ve i pro­ble­mi di fon­do. Soprat­tut­to se i Gover­ni nazio­na­li, dav­ve­ro con poca lun­gi­mi­ran­za, attua­no poli­ti­che di deprez­za­men­to di un’altra fon­da­men­ta­le risor­sa, come il lavo­ro, con­tri­buen­do ad accen­tua­re la pres­sio­ne ver­so il bas­so dei prez­zi, esat­ta­men­te come sta acca­den­do in Italia.

Alexis Tsipras
Ale­xis Tsipras

E allo­ra ha ragio­ne Krug­man, e ha ragio­ne Ale­xis Tsi­pras: la svol­ta in Gre­cia può rap­pre­sen­ta­re un’occasione per l’Europa, se la costrin­ge final­men­te a rico­no­sce­re che sia­mo ormai arri­va­ti al limi­te di una situa­zio­ne mol­to peri­co­lo­sa e che occor­ro­no misu­re straor­di­na­rie e urgen­ti per uscir­ne. Come quel­le che nel 1953 pri­ma, e nel 1990 poi, con­sen­ti­ro­no alla Ger­ma­nia di libe­rar­si del far­del­lo del debi­to accu­mu­la­to nel pri­mo e nel secon­do dopo­guer­ra. E dav­ve­ro sem­bra sem­pre meno com­pren­si­bi­le il silen­zio del­la sini­stra euro­pea sul tema di una con­fe­ren­za sul debi­to, che sta tenen­do ban­co nel­la cam­pa­gna elet­to­ra­le gre­ca. Qua­le sareb­be, allo­ra, l’Europa soli­da­le e final­men­te rilan­cia­ta ver­so uno svi­lup­po soste­ni­bi­le di cui par­la­no i vari leader?

È l’ora di una nuo­va poli­ti­ca, in cui le per­so­ne tor­ni­no a riap­pro­priar­si del pro­prio futu­ro, risco­pren­do le oppor­tu­ni­tà che un siste­ma demo­cra­ti­co può offri­re a tut­ti i suoi mem­bri, se libe­ra­to dal­le costri­zio­ni che negli ulti­mi anni sia­mo sta­ti con­vin­ti a con­si­de­ra­re “sen­za alter­na­ti­ve”, in nome di una ecce­zio­na­li­tà di cui non si vede la fine.

Ma pos­sia­mo dav­ve­ro far­lo? No, dob­bia­mo far­lo.

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