[vc_row][vc_column][vc_column_text]Al di là del tifo calcistico forse la recente disfatta della nazionale di calcio potrebbe essere una buona occasione per aprire una discussione leale sullo stato di salute del mondo calcistico in questi ultimi anni. Si potrebbe cominciare dall’inno nazionale svedese fischiato a San Siro (ebbene sì, una partita della nazionale non è un rito che non si può mettere in discussione) passando dal recentissimo episodio del saluto fascista durante una partita tra dilettanti a Marzabotto fino al recente episodio del deturpamento della memoria di Anna Frank da parte di alcuni tifosi della Lazio per capire che oltre ai risultati sportivi anche quelli etici: il “perdono” concesso a Lotito proprio ieri (e Lotito è un grande elettore di Tavecchio) è solo l’ultimo esempio di una decadenza bene visibile non solo in campo.
La catena di comando del calcio italiano purtroppo è la fedele rappresentazione di un pezzo di classe dirigente di questo Paese: inadeguata, arrogante, senza i mezzi culturali che ci si aspetterebbe da loro, senza la capacità di progettare un futuro più lungo della prossima partita, tatticamente schiacciata sulla difesa della propria posizione piuttosto che capace di allargare il gioco, incapace di trasmettere un’immagine educativa se non almeno vittoriosa.
Per questo oltre alle dimissioni auspicate di Tavecchio e Ventura forse sarebbe il caso di pensare anche al calcio che vorremmo: non è un mero esercizio di sport ma è la messa in pratica delle competenze di chi riesce a immaginare giorni migliori. La vicenda è politica e culturale, mica solo calcistica.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]