Il 31 luglio scorso il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Santi Giuffrè, è andato in pensione. Se ne sono accorti in pochi perché il Governo era troppo impegnato nella battaglia referendaria e un po’ perché l’antimafia di questi tempi sembra essere scivolata nelle retrovie delle priorità del governo e dei partiti. E poi cosa volete che interessi di taglieggiati e usurati in un Paese che rantola tra furbi e scaltri: i mafiosi spostano potere e i voti mentre gli antimafiosi sono solo un peso da tenere a bada, invisibili fino alla loro prossima protesta.
Così succede che, senza Commissario, le vittime devono inventarsi di tutto per trascinarsi in attesa di fondi e di organizzazione della loro protezione. Le mafie scorrazzano veloci e i testimoni di giustizia intanto confidano nel passaggio di qualche amico o parente benevolo: se la politica è fatta di azioni (simboliche e concrete) oggi si potrebbe dire che questo Paese, visto da fuori, ha deliberatamente deciso di farsi sconfiggere dai soprusi della criminalità organizzata.
Si diceva che Renzi avesse promesso in tempi brevi la nomina a Commissario di Domenico Cuttaia, Prefetto di Venezia, ma la designazione non è mai arrivata e poi sappiamo tutti come è andata a finire. Il Presidente del Consiglio Gentiloni ha detto che si aspetta “lealtà e collaborazione” anche dalle forze politiche dell’opposizione e noi l’abbiamo preso in parola: stiamo depositando un’interrogazione parlamentare urgente con cui chiediamo che si faccia quello che avrebbe dovuto essere fatto da tempo. Un Paese che nomina in poche ore ministri e sottosegretari e lascia vacante per mesi la sedia del coordinamento delle iniziative Antiracket e Antiusura è un Paese che non condividiamo: leali e collaborativi esigiamo una risposta e una soluzione.