QUADERNI
Il sondaggio dell’Eurobarometro, pubblicato dal Parlamento europeo in vista della Giornata internazionale dei diritti della donna dell’8 marzo, mostra l’impatto significativo della pandemia sia a livello sia personale che professionale, che di salute mentale. I dati rilevano anche un forte aumento dei livelli di violenza contro le donne.
L’8 marzo per noi non sono fiori, cioccolatini o inviti a cena. L’8 marzo per noi dura tutto l’anno e significa ancora lotta. È il simbolo del nostro Femminismo Intersezionale.
Se vogliamo essere aderenti in modo sostanziale alla Carta e soprattutto ai suoi principi, che valgono più delle procedure e delle affermazioni di potere, la soluzione è l’interposizione di una forza di pace, neutrale, anche senza egida ONU, che faccia finire i combattimenti, garantisca un cessate il fuoco, e che poi ritorni a casa con le proprie armi dopo che il dialogo e la diplomazia abbiano trovato una soluzione ai problemi, che ci sono, ma che tutti stanno brandendo in modo strumentale per la propria misera propaganda.
La priorità del governo è al momento quella di ridurre i trasferimenti di denaro verso la Russia per non finanziare ulteriormente la guerra di invasione verso l’Ucraina e pertanto ridurre l’import di gas dalla Russia è una scelta necessaria. Ma quali sono i rischi?
Se volessimo riuscire a guardare al di là del nostro ombelico, riusciremmo anche a vedere in modo chiaro che la soluzione per garantire una pace duratura in Europa e nel mondo, che assicuri il primato del diritto sulla forza, è il federalismo mondiale. Ma la pace nel mondo, così come il mezzo per arrivarci, il federalismo mondiale, sono ancora purtroppo percepiti come utopie. Intanto, lasciamo pure gli attivisti sgolarsi e parlare al vento…
Ora si parla di sanzioni economiche, ma sarebbe stato più facile prendere seriamente questa minaccia già piuttosto fiacca se giusto un mese fa l’UE non avesse dichiarato il gas naturale russo una fonte energetica strumentale alla transizione ecologica.
Appare evidente come le scelte del Governo polacco siano chiaramente contrarie agli orientamenti politici dell’UE e soprattutto al principio di rispetto dei diritti delle persone LGBTIQ+. Come Possibile LGBTI+ ed Europa Possibile non esprimiamo solo solidarietà ai nostri fratelli e alle nostre sorelle polacche ma invitiamo anche le Istituzioni Europee in primis il Parlamento e la Commissione a prendere una chiara posizione tenendo la barra dritta in linea, anche, con i procedimenti di infrazione già presentati.
Sebbene limitata rispetto alle ambizioni iniziali sia nella forma che nella durata, la CoFoE è un’opportunità unica per esprimere il nostro desiderio di costruire un’Europa diversa. Non lasciamocela sfuggire!
La Costituzione, così come la Repubblica, siamo tutti noi, nessuno escluso. Ecco perché questa modifica avrà senso solo nel momento in cui sarà veramente applicata e attuata.
Il rischio non è solo quello di continuare con decisioni e provvedimenti contro l’ambiente e la biodiversità, ma anche di attaccare i principi fondamentali della nostra democrazia che trovano “casa” nella nostra Costituzione.
Avremmo voluto che il Governo affiancasse alla soluzione del vaccino, importantissima, anche altre iniziative strutturali per rispondere a una emergenza educativa, oltre che sanitaria, che dura ormai da 2 anni: ridurre il numero di alunni per classe, potenziare organici e trasporti, areare adeguatamente le aule scolastiche con impianti di ventilazione meccanica controllata, stanziare fondi adeguati per il sostegno psicologico di studenti e personale.
A tutela di milioni di lavoratrici e lavoratori, è più che mai necessario affiancare alla lotta per il minimo salariale un’ampia discussione che ci porti a formulare proposte da mettere in campo per regolamentare il sistema degli appalti che, oltretutto, basandosi sul precariato, porta la parte debole a subire ricatti costanti, con conseguenti morti e invalidità permanenti sul lavoro.
Succede che vi siano migranti che arrivano in Italia, ricevano un decreto di respingimento, ma non possano muoversi in alcun modo, neanche per ritornare nel Paese di origine. Anche volendo ottemperare all’obbligo del decreto, infatti, non sono in grado di farlo perché non sono in possesso di green pass rafforzato. E così si ritrovano in un limbo in condizioni insostenibili.