QUADERNI

Dob­bia­mo far ini­zia­re il Pae­se a par­la­re di inno­va­zio­ne. Ma non in ter­mi­ni di tifo da sta­dio. Eli­mi­nan­do dal­la con­ver­sa­zio­ne i sem­pli­ci entu­sia­sti dell’innovazione.
Ripar­tia­mo dal­la dife­sa del suo­lo, una di quel­le bat­ta­glie che dove­va esse­re prio­ri­ta­ria in que­sta legi­sla­tu­ra e che inve­ce è sta­ta insab­bia­ta nei can­tie­ri del­le lar­ghe intese. 
Ieri ave­te tol­to quel­la pati­na che offu­sca­va i sen­ti­men­ti, le pas­sio­ni e la voglia di un mon­do più giu­sto e ugua­le che mio papà, fer­ro­vie­re in pen­sio­ne, mi ha pas­sa­to da quan­do ero piccolo 
Quat­tro stu­den­tes­se di un liceo del­la Repub­bli­ca Domi­ni­ca­na han­no inven­ta­to un dispo­si­ti­vo che per­met­te a per­so­ne non veden­ti di muo­ver­si con mag­gio­re faci­li­tà in spa­zi chiu­si, come pos­so­no esse­re quel­li di un ospedale 
Come impren­di­to­ri, nei gara­ge come nei con­si­gli di ammi­ni­stra­zio­ne, abbia­mo il dove­re di inter­ro­gar­ci sul sen­so del lavo­ro povero. 
Tre rap­pre­sen­tan­ti del par­ti­to dei ric­chi, occu­pa­to a difen­de­re gli inte­res­si di chi ce l’ha fat­ta (e maga­ri non per meri­ti suoi, ma per meri­to dei pro­pri geni­to­ri) e non a per­met­te­re che il figlio del­l’o­pe­ra­io pos­sa fare il medico. 
Da sei gior­ni e sei not­ti i lavo­ra­to­ri del call cen­ter Qè di Pater­nò occu­pa­no la sede del Comu­ne. Un atto cla­mo­ro­so che arri­va alla vigi­lia del­la sca­den­za degli ammor­tiz­za­to­ri sociali.