QUADERNI
Giovanni Casaburi e Antonio Gigliotti hanno lasciato la propria terra d’origine per inseguire una vita dignitosa. Il racconto del lavoro che scarseggia e che, una volta raggiunto, va santificato e onorato permea la nostra quotidianità.
Ho atteso la fine di una giornata pesante per assaporare nel silenzio serale il bellissimo reportage di Paolo Rumiz che oggi occupa otto pagine all’interno di Repubblica. Un viaggio lungo la faglia, dove ho ripercorso luoghi che conosco da una vita e che sono nella mia anima, e luoghi che ho conosciuto solo in seguito al sisma.
Dobbiamo pretendere che le forze politiche europeiste offrano soluzioni differenti e che i cittadini possano scegliere tra queste. Ciò vale a livello nazionale, dove pure, almeno in una certa fase si è ritenuto di adottare lo schema “t.i.n.a.” e vale a livello europeo. Perché anche l’Europa appartiene al popolo.
Rifiutare l’accoglienza fatta bene, sulla base di quote ponderate, facendo ricadere le risorse stanziate in maniera virtuosa e rendicontata sui territori (invece che nelle tasche dei soliti), è poco lungimirante dato che genere distorsioni sull’intero sistema di accoglienza che prima poi tornano indietro, dando ulteriore ossigeno alla cosiddetta “gestione straordinaria”, che troppo spesso ha fatto interessi diversi da quelli delle comunità ospitanti e delle comunità ospitate. Non accettare il confronto nel momento in cui si parla di accoglienza di bambini è, infine, semplicemente disumano.
Dopo un confronto con associazioni, commercianti e singoli cittadini, abbiamo preaparato una mozione di iniziativa popolare che ha raccolto 400 sottoscrizioni e che non chiedesse semplicemente il blocco di opere già di imminente attuazione ma proponesse una soluzione ai piccoli commercianti e alle botteghe artigianali di quartiere per potersi opporre alla concorrenza degli ipermercati.