QUADERNI
Ripartendo dal «metodo Pertici» adottato per la campagna referendaria che si è appena conclusa: spiegare le cose, avere proposte nel merito, non sovrapporre argomenti e valutazioni che tra loro non c’entrano un accidente, incontrare le persone direttamente, città per città, documentare le proprie posizioni, illustrare gli scenari e le conseguenze a cui si va incontro.
Per garantire il diritto alla salute servono perlopiù risorse. Quelle stesse risorse assegnate alla sanità tarantina e tolte per ragioni che riguardano esclusivamente la politica (e i politici). Il prossimo governo ricominci da Taranto, per una questione di decenza.
Telefonato sin dall’anno scorso è arrivato puntuale il soccorso arancio di Pisapia a Renzi, oggi, a mezzo stampa, con l’annuncio di voler costruire un campo progressista che abbia come mission quella di allearsi strutturalmente col Pd.
Le persone si sentono lontane dai luoghi delle decisioni, non rappresentate da una politica che appare prestare nome ad altri ben influenti soggetti decisionali. E qui la questione costituzionale si interseca con la questione politica ed economica. In una parola, la questione diventa democratica.
Pensare — pieni di sé — di poter fare tutto da soli, di poter cambiare le cose a proprio piacimento secondo le proprie intime e variabili convinzioni, ci ha portati in una situazione assurda, frutto di un’altrettanto assurda strategia politica.
Quella che segue è una risposta a chi oggi sostiene che dobbiamo tornare a unirci per affrontare i populismi. Senza ulteriori commenti.
Esiste in tutto il Paese ed in particolare al Sud e nelle Isole un fortissimo malessere sociale, una rabbia nel sentirsi abbandonati da una politica tutta occupata a guardarsi l’ombelico, incapace di dare risposte alle diseguaglianze crescenti e prodiga di slogan e bonus che non risolvono nulla. Se la politica sarà capace di fare questo, forse la finiremo di dover etichettare come populismo ogni malessere, come protesta ogni richiesta di ascolto.
Noi abbiamo votato No come i giovanissimi, i giovani e via via tutti quelli fino ai 50 anni circa, che hanno votato No in grandissima maggioranza. Abbiamo votato No come i precari, cui erano state promesse certezze e che invece si sono trovati a lavorare a cottimo, pagati con i voucher.
Le dimensioni del No espresso ieri sono una novità per la storia recente del nostro Paese: i numeri dicono chiaramente che si tratta di un voto che va oltre i partiti, un voto «personale ed eguale, libero e segreto», così come lo definisce la Costituzione antifascista.
Ripartiamo subito, dal no al noi, per passare dalla difesa della Costituzione alla crescita di una comunità che è viva e che si è cementata in mesi di campagna serratissima. Ripartiamo dall’impegno di seminare un progetto che, nonostante in molti si siano impegnati (e lo faranno ancora) a banalizzare, sta tutto nelle politiche dei nostri comitati, negli studi dei nostri scritti, nelle proposte dei nostri parlamentari e in tutto quello che c’è da fare e che faremo.
E’ così che il grande rottamatore, il grande stratega, il grande comunicatore, quello che avrebbe cambiato per sempre la politica italiana, è caduto. Ed è caduto male. Dopo due annetti. Un altro governicchio da prima o da seconda repubblica. Questa è la vera beffa. Il danno, invece, ce lo siamo risparmiati. E questo è il dato da cui ripartire.
All’interno di uno dei più utilizzati social media (Twitter), l’hashtag #RiformaCostituzionale risulta “Sponsorizzato da Basta un Sì”. Questo ci pare violare il divieto, previsto dall’art. 9 della citata legge secondo cui nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblici e la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda.
Il numero dei votanti all’estero è completamente inventato. Ci sorprende che Palazzo Chigi abbia fornito dei dati ufficiosi: non è mai successo nella storia repubblicana. E’ molto grave inoltre che un quotidiano abbia diffuso queste stime ufficiose senza che i voti degli italiani all’estero fossero nemmeno arrivati in Italia.