QUADERNI

Abbia­mo cam­mi­na­to insie­me per anni con sul­le lab­bra il gri­do “i dirit­ti quan­do non sono di tut­ti si chia­ma­no pri­vi­le­gi”. L’ab­bia­mo gri­da­to ai Pri­de infi­ni­te vol­te rivol­gen­do­ci alle per­so­ne ete­ro­ses­sua­li e a tut­ti colo­ro che avrem­mo volu­to ave­re al fian­co. Sen­za se, sen­za ma, sen­za però. 
La rispo­sta bre­ve è: per­ché la nuo­va leg­ge sul­le unio­ni civi­li intro­du­ce un isti­tu­to giu­ri­di­co che san­ci­sce per leg­ge una discri­mi­na­zio­ne che fino­ra era “sola­men­te” nei fatti. 
Sia­mo da anni schie­ra­ti per i matri­mo­ni egua­li­ta­ri. Pen­sia­mo che non si pos­sa­no rico­no­sce­re dirit­ti a metà, sul­la base di pre­giu­di­zi che con­ti­nua­no a vive­re anche dopo l’ap­pro­va­zio­ne del­la leg­ge Cirin­nà, che fin dal pri­mo arti­co­lo chia­ri­sce che si trat­ta di unio­ni di serie B rispet­to a quel­le ete­ro­ses­sua­li. Una leg­ge che toglie l’ob­bli­go di fedel­tà per la stes­sa sba­glia­ta ragio­ne e che — cosa anco­ra più gra­ve — non inter­vie­ne sul rico­no­sci­men­to dei bam­bi­ni che in quel­le fami­glie vivono. 
Quel tem­po era­no le pri­me set­ti­ma­ne del feb­bra­io 2016, fin­ché il maxie­men­da­men­to al dise­gno di leg­ge “Cirin­nà” sul­le unio­ni civi­li non spaz­zò via la ste­p­child adop­tion (ado­zio­ne del figlia­stro) e l’ob­bli­go di fedeltà. 
L’Italia arran­ca nell’approvazione di una leg­ge che san­ci­sce una discri­mi­na­zio­ne che fino ad ora deri­va­va dal­la man­can­za di una leg­ge. Le cop­pie acqui­ste­ran­no alcu­ni dirit­ti, que­sto è vero, ma lo faran­no doven­do accet­ta­re una situa­zio­ne di mino­ri­tà. Di discriminazione. 
Dal­le noti­zie ripor­ta­te dagli ope­ra­to­ri di Human Rights Watch appren­dia­mo che le guar­die tur­che avreb­be­ro spa­ra­to lun­go la fron­tie­ra ai richie­den­ti asi­lo siria­ni. Una denun­cia già arri­va­ta un mese fa che pone anco­ra una vol­ta l’ac­cen­to su di un accor­do che oltre a mer­ci­fi­ca­re la vita dei migran­ti pone seris­si­me pro­ble­ma­ti­che sul­la loro incolumità. 
Il nostro Pre­si­den­te del Con­si­glio, Mat­teo Ren­zi, ha defi­ni­to il TTIP una prio­ri­tà stra­te­gi­ca, impe­gnan­do il suo Gover­no in un appog­gio tota­le e incon­di­zio­na­to per la con­clu­sio­ne del­lo sto­ri­co accordo. 
Pos­si­bi­le che ha per sim­bo­lo il segno arit­me­ti­co dell’uguale non vote­rà una leg­ge che mol­ti­pli­ca le discri­mi­na­zio­ni, sot­trae tute­le ai bam­bi­ni e divi­de le fami­glie: da una par­te quel­le con tut­ti i dirit­ti, dall’altra quel­le con qual­che dirit­to in meno. L’intervento di Andrea Mae­stri alla Came­ra sul­la rego­la­men­ta­zio­ne del­le Unio­ni civili. 
Non più di tre mesi e mez­zo fa, la scel­ta di Ren­zi di nomi­na­re a Capo del­la Rap­pre­sen­tan­za per­ma­nen­te a Bru­xel­les un poli­ti­co, l’al­lo­ra vice­mi­ni­stro allo Svi­lup­po eco­no­mi­co Car­lo Calen­da, fece mol­to discu­te­re e sol­le­vò non poche cri­ti­che e malumori. 
Nel­le nostre scuo­le la discri­mi­na­zio­ne di ogni tipo avvie­ne ogni gior­no, con impat­ti signi­fi­ca­ti­vi sul sin­go­lo e sul grup­po, e le diver­si­tà tra stu­den­ti spes­so ven­go­no vis­su­te come limi­ti o difet­ti di un indi­vi­duo rispet­to ad un altro. 
Mar­co Omiz­zo­lo è tra gli orga­niz­za­to­ri del­lo scio­pe­ro di 2000 brac­cian­ti sikh che lo scor­so 18 apri­le si sono tro­va­ti davan­ti alla Pre­fet­tu­ra di Lati­na per chie­de­re paghe eque e più uma­ni­tà. Da quel momen­to Mar­co è sta­to vit­ti­ma di atti inti­mi­da­to­ri sem­pre più frequenti. 
Pos­si­bi­le si tra­sfor­ma imme­dia­ta­men­te in un comi­ta­to per il no alla rifor­ma costi­tu­zio­na­le. Un no che par­li del “noi”: per dare più rap­pre­sen­tan­za, una demo­cra­zia che fun­zio­ni meglio, per resti­tui­re una ‘misu­ra’ al pote­re, per raf­for­za­re gli stru­men­ti di par­te­ci­pa­zio­ne, di garan­zia e di controllo. 
Era il 6 mag­gio dell’anno scor­so quan­do Pip­po Civa­ti, salu­tan­do, lasciò il Pd. Non fu una scis­sio­ne di cor­ren­te orga­niz­za­ta, sem­pli­ce­men­te per­ché non lo era, ma l’inizio di un per­cor­so in cui mol­ti si sono ritro­va­ti a con­di­vi­de­re un impe­gno che, da lì a poco, sareb­be diven­ta­to Pos­si­bi­le, il nuo­vo sog­get­to poli­ti­co che abbia­mo ini­zia­to e stia­mo con­ti­nuan­do a costruire.