QUADERNI
Abbiamo camminato insieme per anni con sulle labbra il grido “i diritti quando non sono di tutti si chiamano privilegi”. L’abbiamo gridato ai Pride infinite volte rivolgendoci alle persone eterosessuali e a tutti coloro che avremmo voluto avere al fianco. Senza se, senza ma, senza però.
L’intervista di Giuseppe Civati sul sito de L’Espresso.
La risposta breve è: perché la nuova legge sulle unioni civili introduce un istituto giuridico che sancisce per legge una discriminazione che finora era “solamente” nei fatti.
Siamo da anni schierati per i matrimoni egualitari. Pensiamo che non si possano riconoscere diritti a metà, sulla base di pregiudizi che continuano a vivere anche dopo l’approvazione della legge Cirinnà, che fin dal primo articolo chiarisce che si tratta di unioni di serie B rispetto a quelle eterosessuali. Una legge che toglie l’obbligo di fedeltà per la stessa sbagliata ragione e che — cosa ancora più grave — non interviene sul riconoscimento dei bambini che in quelle famiglie vivono.
Quel tempo erano le prime settimane del febbraio 2016, finché il maxiemendamento al disegno di legge “Cirinnà” sulle unioni civili non spazzò via la stepchild adoption (adozione del figliastro) e l’obbligo di fedeltà.
L’Italia arranca nell’approvazione di una legge che sancisce una discriminazione che fino ad ora derivava dalla mancanza di una legge. Le coppie acquisteranno alcuni diritti, questo è vero, ma lo faranno dovendo accettare una situazione di minorità. Di discriminazione.
Dalle notizie riportate dagli operatori di Human Rights Watch apprendiamo che le guardie turche avrebbero sparato lungo la frontiera ai richiedenti asilo siriani. Una denuncia già arrivata un mese fa che pone ancora una volta l’accento su di un accordo che oltre a mercificare la vita dei migranti pone serissime problematiche sulla loro incolumità.
Il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha definito il TTIP una priorità strategica, impegnando il suo Governo in un appoggio totale e incondizionato per la conclusione dello storico accordo.
Possibile che ha per simbolo il segno aritmetico dell’uguale non voterà una legge che moltiplica le discriminazioni, sottrae tutele ai bambini e divide le famiglie: da una parte quelle con tutti i diritti, dall’altra quelle con qualche diritto in meno. L’intervento di Andrea Maestri alla Camera sulla regolamentazione delle Unioni civili.
Non più di tre mesi e mezzo fa, la scelta di Renzi di nominare a Capo della Rappresentanza permanente a Bruxelles un politico, l’allora viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, fece molto discutere e sollevò non poche critiche e malumori.
Nelle nostre scuole la discriminazione di ogni tipo avviene ogni giorno, con impatti significativi sul singolo e sul gruppo, e le diversità tra studenti spesso vengono vissute come limiti o difetti di un individuo rispetto ad un altro.
«Per la prima volta l’Italia ha un governo che è fatto per metà da donne», diceva Renzi. Le cose sono cambiate, molto in peggio.
Marco Omizzolo è tra gli organizzatori dello sciopero di 2000 braccianti sikh che lo scorso 18 aprile si sono trovati davanti alla Prefettura di Latina per chiedere paghe eque e più umanità. Da quel momento Marco è stato vittima di atti intimidatori sempre più frequenti.
Ci scrive il professore Gianfranco Pasquino, elencando dieci ragioni per dire “no” a una riforma costituzionale pensata male e costruita peggio.
Possibile si trasforma immediatamente in un comitato per il no alla riforma costituzionale. Un no che parli del “noi”: per dare più rappresentanza, una democrazia che funzioni meglio, per restituire una ‘misura’ al potere, per rafforzare gli strumenti di partecipazione, di garanzia e di controllo.
Era il 6 maggio dell’anno scorso quando Pippo Civati, salutando, lasciò il Pd. Non fu una scissione di corrente organizzata, semplicemente perché non lo era, ma l’inizio di un percorso in cui molti si sono ritrovati a condividere un impegno che, da lì a poco, sarebbe diventato Possibile, il nuovo soggetto politico che abbiamo iniziato e stiamo continuando a costruire.