QUADERNI
Possiamo invertire la tendenza, ma serve uno sforzo straordinario di mobilitazione, di studio, di impegno. Di politica.
Si tratta del futuro, in fondo.
Al ministro che parla di “diritto alla bellezza” anche nella giornata di Natale, si consiglia di cercare di garantirlo tutto il resto dell’anno, dati i costi sempre più alti di ingresso per i musei.
E che sarebbe il caso si occupasse dei precari della Cultura, degli appalti al ribasso e dei salari da fame nelle società in appalto.
Il Ministero della Cultura, da anni, per tamponare la cronica mancanza di investimenti e assunzioni, permette si deleghi a bandi di gara con il principio del massimo ribasso: una pratica che permette a cooperative di partecipare promettendo un costo enormemente più basso di quello che spenderebbe il Ministero a fronte dell’erogazione dello stesso servizio.
La differenziazione degli indirizzi ha valore se slegata dall’etichettamento degli istituti e di chi studia. “Al professionale va chi non vuole studiare” mentre “al liceo va chi ha voglia di studiare”. Quante volte l’abbiamo sentito: etichette che gettano semi di future disuguaglianze sociali.
Negli ultimi anni con Possibile ed Europa Possibile abbiamo sostenuto varie iniziative promosse da organizzazioni della società civile, come il Movimento Federalista Europeo, per portare avanti questo progetto di riforma necessario per costruire un presente ed un futuro all’insegna della sostenibilità economica, sociale e ambientale. E soprattutto per rafforzare le fondamenta del progetto di un’Europa libera e unita, capace di garantire attraverso il diritto e non con la forza, una pace duratura in Europa e nel mondo.
Non può esserci pace se non c’è rispetto dei diritti umani. Nessun luogo al mondo può dirsi sicuro, finché non ci saranno pace e giustizia in Palestina.
Il Mediterraneo quest’anno ha visto probabilmente più morti in mare di quante ne siano mai avvenute prima. Le persone continuano a morire nel deserto del Sahara, nei lager libici o percorrendo la rotta balcanica.
Ormai siamo abituati a leggere le dichiarazioni dei politici nei momenti di crisi.
Si pongono, sotto i riflettori, a fianco di qualcuno, che sia una persona fisica, una popolazione, uno Stato sovrano, “senza se e senza ma”.
Tutta la politica mondiale deve sentirsi sulle spalle la responsabilità degli attacchi di oggi.
Lavorare per la pace significa lavorare per la giustizia, per la fine dell’occupazione e delle atrocità rappresentate in tutta la loro drammatica evidenza negli stessi rapporti dell’ONU, che la comunità internazionale rappresenta.
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Di fronte a questa situazione la richiesta di una soluzione diplomatica al conflitto non è solo figlia di un approccio geopolitico che ripudia la guerra, ma anche l’unica risposta pratica a un problema di gravità straziante.
Di fronte a una guerra che non può essere vinta da nessun lato le opzioni sono due: combattere all’infinito o far tacere le armi, sappiamo da che parte stare.