QUADERNI
Dovremmo accettare supinamente che un’etichetta come quella del Green New Deal, che significa in poche parole molto denaro in investimenti pubblici e privati per cambiare — in senso ecologista e neutrale in termini di emissioni di gas climalteranti — il modo di produzione, sia energetico che manufatturiero, nonché incidere profondamente sulle competenze e quindi il sistema educativo, sia ridotta ai contenuti del cd. Decreto Clima o a qualche promessa fatta durante la formazione del governo Conte bis?
In questi anni abbiamo fatto una scelta di campo che ogni giorno portiamo avanti certi che quella su questi temi sia non una battaglia ma LA battaglia, una parte essenziale ed irrinunciabile della nostra identità e della nostra rivoluzione politica e culturale.
Se crediamo alla scienza quando dice che abbiamo 10 anni per cambiare rotta, e quando dice che siamo entrati nella sesta estinzione di massa, allora capiamo che in gioco c’è anche la nostra sopravvivenza come specie Homo sapiens.
Nei mesi scorsi abbiamo sentito straparlare di “nuovo umanesimo”, è stato tirato in piedi un governo cui aderiscono forze parlamentari che da sempre si oppongono a politiche di questo genere (tra queste c’è chi ha sostenuto con molto impegno la nascita e l’operatività della Ong Mediterranea, per capirci) eppure nulla è cambiato. L’ultima occasione è il 2 novembre.
Quel che succede nei campi di detenzione in Libia è scritto nero su bianco in una sentenza della Corte d’Assise di Milano, datata 10 ottobre 2017, con la quale veniva condannato all’ergastolo un torturatore etiope che operava nel centro di detenzione di Bani Walid, in Libia, gestito direttamente dal condannato.
Non ci interessa passare i prossimi mesi a discutere se allearci con uno o con l’altro solo per fare numero. Non ci interessano i soliti progetti fumosi che non partono mai e, quando partono, non portano da nessuna parte. Noi continuiamo a portare avanti il nostro profilo. Con lo studio, l’approfondimento, la proposta, la comunità.
Ci sono argomenti che nella politica, almeno quella italiana, sembrano tabù: bambine, bambini, adolescenti e le politiche che li riguardano, ad esempio, sono estranei alle visioni delle forze in Parlamento.
Se avessi avuto il suo numero, l’avrei chiamato: “Ma come stravagante? In quale aspetto esattamente? Procedimentale? Sostanziale?”.