QUADERNI

Come ha osser­va­to Ceci­lia Stra­da, “ci sareb­be da ride­re, se non fos­se che que­sto gio­co del gover­no è fat­to sul­la pel­le del­le per­so­ne che rischia­no di anne­ga­re, e dei soc­cor­ri­to­ri che cer­ca­no di evitarlo”. 
Solo su un pun­to potrem­mo esse­re d’accordo con Pian­te­do­si: non spet­te­reb­be alle ONG il com­pi­to di sal­va­re vite in mare. È que­sto un com­pi­to del­lo Sta­to e dell’Unione euro­pea, che dovreb­be­ro avvia­re appo­si­te mis­sio­ni di sal­va­tag­gio. È uno dei requi­si­ti mini­mi per poter­si chia­ma­re sta­to di diritto. 
Sta emer­gen­do in manie­ra sem­pre più evi­den­te nel­la nostra Pub­bli­ca Ammi­ni­stra­zio­ne l’esistenza di un feno­me­no, pur non diret­ta­men­te assi­mi­la­bi­le all’americano “great resi­gna­tion”, che ha le sem­bian­ze di una “gran­de fuga”. 
Il 9 novem­bre la Com­mis­sio­ne euro­pea ha avvia­to quel­la che sem­bra desti­na­ta a dive­ni­re una del­le più impor­tan­ti rifor­me del­la gover­nan­ce eco­no­mi­ca euro­pea dal­la sua nasci­ta. Dopo anni di poli­ti­che neo­li­be­ri­ste le isti­tu­zio­ni euro­pee han­no aper­to da pochis­si­mo una discus­sio­ne per ten­ta­re un nuo­vo tipo di approc­cio di fron­te alle sfi­de attuali.