QUADERNI
Di fronte a questa situazione la richiesta di una soluzione diplomatica al conflitto non è solo figlia di un approccio geopolitico che ripudia la guerra, ma anche l’unica risposta pratica a un problema di gravità straziante.
Di fronte a una guerra che non può essere vinta da nessun lato le opzioni sono due: combattere all’infinito o far tacere le armi, sappiamo da che parte stare.
Non sarà la sovranità alimentare che garantirà accesso a cibo di qualità a fette sempre più grandi della popolazione.
E non sarà una norma che vieta produzione, utilizzo, e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici che potrà arginare i bisogni crescenti legati allo sradicamento della fame e alla riduzione dei fattori che aggravano l’emergenza climatica.
Sumar raccoglie le forze politiche della sinistra spagnola. Possiamo dare il nostro contributo, in questi giorni decisivi, anche perché in Spagna vivono centinaia di migliaia di italiane e di italiani, che possono partecipare attivamente alla campagna.
La Nature Restoration Law approvata il 12 luglio dal Parlamento Europeo è un passo epocale, poiché per la prima volta la protezione della natura si estende con convizione al di fuori delle aree protette: la tutela della biodiversità dovrà non solo convivere fianco a fianco ma integrarsi con le attività umane, in città come in agricoltura.
Caro ministro, non è una gara in cui siamo bravi se non arriviamo ultimi. Si tratta di riuscire a spendere le fonti di finanziamento richieste e di riuscire a farlo bene e in tempi utili – proprietà imprescindibili di ogni spesa pubblica e che, ricordiamolo, non sono mutuamente esclusive.
Quando torneremo alle urne per scegliere il nuovo Parlamento europeo, nel 2024, mancheranno solo sei anni prima della data fatidica del 2030, anno cruciale lungo la strada della decarbonizzazione. Perché mai votare i negazionisti climatici e i sovranisti? Perché votare quelli che di clima non si occupano se non in termini astratti? Perché scegliere l’eterno compromesso che sta condannando il Paese e anche il pianeta? Possiamo ancora farcela, ma serve uno sforzo straordinario per rimettere in sesto il mondo intero, e non possiamo farlo da soli. Non può farlo una persona per sé stessa, né un paese solo per sé stesso. Né una nazione, o un’organizzazione sovranazionale. Servono parole chiare e azioni altrettanto chiare. E insieme all’Europa serve riprendere un modello di relazioni internazionali multilaterale, ove le potenze mondiali smettano di farsi la guerra per le fonti fossili e condividano insieme l’obiettivo della salvezza del pianeta così come lo conosciamo.
Descriverci come quelli del no, come quelli che sono contro lo sviluppo, è stata una delle costanti in questi anni. La “narrazione tossica” sulle questioni ambientali purtroppo ha raggiunto anche il livello locale, toccando livelli decisamente bassi: ci hanno descritto o rappresentato come ecoterroristi. È abbastanza evidente che quando non si hanno argomenti, la critica diventa insulto. I veri ecoterroristi sono quelli che hanno sempre sostenuto che l’unica strada possibile fosse allargare il sedime aeroportuale cancellando un habitat unico e raro, descrivendolo come di scarsissimo valore.
Dopo 16 mesi la guerra ha portato solo distruzione e morte, profughi e crisi economica mondiale, che potevano essere evitati solo con una interposizione di forze di pace.
Dopo 16 mesi c’è ancora una (ampia e bipartisan) maggioranza parlamentare che sostiene che l’unica pace giusta è la vittoria ucraina e la riconquista da parte ucraina dei territori annessi dalla Russia, quindi una situazione oggettivamente diversa da quella in essere all’inizio del conflitto.
Che va bene la pace ma prima si vince la guerra, una evidente contraddizione in termini.