Le immagini, i dati, così come le ricostruzioni scientifiche sulla pessima e pericolosa qualità dell’aria nella pianura padana di queste settimane hanno fatto il giro del mondo.
Non c’è social network che non abbia ripreso questa notizia.
Le centraline di Milano così come quelle che fanno parte della rete di Arpa registrano livelli di Pm10 e Pm2.5, ozono e altri inquinanti ben al di sopra dei limiti previsti per legge.
Ma non solo: in provincia di Varese, ove insiste il secondo aeroporto italiano (l’aeroporto è una fonte di produzione di emissioni diretta — con i voli — e indiretta — tramite il traffico da e per l’aeroporto) il numero delle centraline è stato notevolmente ridotto e numerosi cittadini si sono attivati tramite sistemi domiciliari di misurazione della qualità dell’aria mostrando in queste settimane dati decisamente preoccupanti.
Va ricordato che a capo di Arpa Lombardia siede una convinta negazionista climatica (pur essendo stata sfiduciata dal consiglio regionale). Ma questa è solo la punta dell’iceberg, visto che nel corso degli ultimi decenni Arpa Lombardia è stata sistematicamente ridotta a braccio di supporto delle decisioni regionali con forti limitazioni alla sua azione scientifica.
Insomma, “dimmi come misuri l’aria e mi dirai anche quanto te ne importa!”
Interessante, ma in negativo, l’atteggiamento di Regione Lombardia e del Comune di Milano su questo tema: siamo l’una sia l’altro sono impegnati piuttosto in uno scaricabarile sulle responsabilità dei provvedimenti e una critica bipartisan circa le azioni fatte o mancate per ridurre le emissioni inquinanti.
La logica da tifoseria con cui si affrontano queste tematiche è forse il più grande limite culturale che impedisce in primis alla Regione di intraprendere serie politiche di riduzione delle emissioni.
I dati che certificano quali settori producono più emissioni inquinanti sono disponibili, ma tutto viene messo in discussione, non per una seria analisi ma per ragioni elettorali e non solo.
Sappiamo ad esempio di quanto il comparto agricolo sia generativo di emissioni inquinanti, eppure abbiamo visto le difese pregiudiziali della categoria.
Va da sé che Regione Lombardia in questi decenni (con una formigoniana celestiale continuità) stia sempre gestendo il territorio lombardo come una tavolozza da cementificare e urbanizzare a ritmi insostenibili.
Come se capannoni e infrastrutture fossero l’unico indicatore di riferimento per la qualità della vita.
Non una parola sul consumo di suolo e sulle conseguenti perdite di ettari di suolo vergine e di bosco in grado di assorbire Co2 e altri inquinanti.
Regione Lombardia è anche la stessa che ha sostenuto l’istanza della Lega sul fronte della logistica aeroportuale quando lo scorso novembre è stato approvato il cosiddetto Decreto Aria: siccome le merci che viaggiano su aereo inquinano meno delle merci trasportate su gomma dovremmo implementare la logistica di Malpensa, ignorando il fatto che le merci prima di arrivare in aeroporto viaggiano su gomma.
Decreto che doveva sanare una serie di infrazioni europee circa la qualità dell’aria del bacino Padano ma che invece rimanda in là nel tempo l’applicazione di una serie di misure per limitare le emissioni inquinanti e climalteranti in atmosfera.
E le conseguenze negative e i danni li vediamo in queste settimane.
Il Comune di Milano non è da meno: quanto fatto o proposto in questi anni è assolutamente insufficiente rispetto alla situazione. L’Area B, ad esempio, permette ancora troppi ingressi di autovetture private in città, così come la collocazione dei varchi (ad esempio a Lampugnano) non garantisce l’interscambio tra vetture private e mezzi pubblici. Non va dimenticato inoltre quanto suolo verrà ulteriormente cementificato all’interno della città e non solo. Uno sproposito rispetto al quantitativo generale di nuova superficie verde o di verde recuperato dalla de-pavimentazione (quest’ultima annunciata in pompa magna ma poi applicata concretamente su piccole porzioni di asfalto nei progetti di rigenerazione urbana che assomigliano sempre di più ad una redistribuzione di cemento piuttosto che ad una riprogettazione di spazi urbani).
Non va dimenticato inoltre che nelle file della destra governativa, ma anche in alcuni ambiti di sinistra, trovino spazio posizioni complottiste secondo cui ripensare o immaginare le nostre città sul modello “Città dei 15 minuti” sarebbe il tentativo della nuova religione Green di dirci come dobbiamo muoverci (mezzi pubblici, in bici o a piedi), di registrare ogni nostra azione tramite il controllo delle carte di credito o scapito dell’uso dei contanti (ad esempio noleggiando una bici), costringendoci ad andare a 30 all’ora e impedendoci di acquistare un mezzo privato.
I dati ci dicono però come a livello UE il nostro sia il paese con il più alto numero di auto (684 vetture ogni 1.000 abitanti contro una media europea di 560 vetture ogni 1.000 abitanti).
Capite perché oggi si fa fatica a far passare che una pessima qualità dell’aria ha conseguenze sulla salute e che i decessi e l’aumento di una serie di patologie hanno la loro causa in questo aumento dell’inquinamento atmosferico.
Diossido di Azoto, Ozono e particolati immagazzinati nei bronchi e negli alveoli polmonari nel breve e nel lungo periodo possono produrre effetti nocivi sulla salute tramite affezioni delle vie respiratorie in bambini e adulti. Inoltre nei pazienti che già soffrono per patologie respiratorie l’inquinamento aggrava ulteriormente queste patologie.
L’inquinamento atmosferico riduce le aspettative di vita ed è ora che questo assunto entri a far parte delle decisioni politiche sulla qualità dell’aria.
Sulla vicenda dell’azienda IQAir che ha indicato Milano come una delle città più inquinate le reazioni di Regione e Comune appaiono decisamente ridicole. Se da un lato Sala liquida la questione occupandosi del dito “è una azienda privata e non è qualificata a farlo”, mentre dovrebbe occuparsi della luna, Fontana rivendica le azioni fatte da Regione Lombardia (quali?) salvo poi citare la situazione orografica della Pianura Padana e ripetendo il mantra che “gli inquinanti ristagnano tutti qui, cosa possiamo farci? Tutti i cambiamenti non possiamo pretendere che avvengano nello spazio di pochi mesi o poche settimane perché altrimenti creeremmo il blocco della Regione”.
Ecco, sono decenni che questo momento viene sistematicamente rinviato.
Hanno annunciato l’ennesimo tavolo tecnico su questa tematica: vedremo se come già successo in passato la montagna partorirà il topolino.
All’orizzonte ci sono le elezioni europee e l’impressione è che ogni decisione che prenderanno sarà subordinata alla salvaguardia degli interessi del proprio bacino elettorale, qualunque esso sia, e che le questioni delle conseguenze sulla salute diventeranno marginali.
Sperano e invocano la pioggia per ridurre la carica inquinante, ma negano il cambiamento climatico e non si accorgono nemmeno che la scarsità delle precipitazioni di questo periodo, così come l’inverno mite che stiamo vivendo, sono la diretta conseguenza di ciò che negano.
Per certi versi sembra di essere tornati allo slogan “Milano non si ferma”, infelice dichiarazione durante il periodo covid che ha ricordato a tutti che il progresso economico non può essere rallentato o fermato da questioni ambientali o problemi di salute umana.