[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il 4 maggio è dietro l’angolo. Si parla di riaprire, di ripartire, di tornare a una vita che assomigli un po’ di più a quella di prima.
Si parla di lavoro, di economia, di PIL. Ma, ancora una volta, ci stiamo dimenticando un pezzo. Una parte fondamentale che investe la sfera del benessere e della qualità della vita oltre quella meramente economica: il benessere dei bambini, e la serenità delle loro famiglie che dipende, non poco, dall’organizzazione. O, meglio ancora, dalla possibilità o meno di potersi organizzare.
Con le scuole e gli asili chiusi, e con la distanza sociale che saremo obbligati a mantenere per la tutela delle categorie a rischio – che in questo caso sono i nonni: colonna portante del welfare italiano appaltato da anni alla famiglia stessa – sorge un problema: quando i genitori rientreranno a lavoro, che cosa ne sarà dei figli in età scolare e pre-scolare?
Non ci sono molte soluzioni, purtroppo. A causa del mai troppo discusso gender gap, gli stipendi degli uomini sono mediamente più elevati di quelle che spettano alle donne, a parità di impego. Va da sé che il lavoro sacrificabile sia quello meno retribuito che, salvo sorprese, coincide quasi sempre con quello svolto dalla donna. E come nel più banale dei finali è la donna che, in totale assenza di alternative, rinuncia al lavoro e alla propria indipendenza economica per occuparsi dei figli.
E questa totale mancanza di visione e di progettazione non fa altro che alimentare tutte le distorsioni generate da un sistema in cui l’uguaglianza è sempre meno partecipe nell’agenda politica nazionale.
In questa particolare fase è fondamentale riportare al centro il tema dei servizi alla famiglia, e garantire ai genitori figli di minori, entrambi i genitori, di poter svolgere il proprio lavoro da remoto in tutte le circostanze in cui questo sia applicabile. Obbligando, se necessario, il datore di lavoro anziché lasciargli la libertà di decidere, come è stato fatto in passato: perché deciderà solo nell’interesse della propria attività di impresa.
E laddove non sia applicabile il telelavoro, si deve garantire copertura economica per tutti coloro che dovranno avvalersi dell’aiuto di collaboratori domestici, potenziando i bonus già erogati, ad oggi notevolmente sottodimensionati per far fronte al reale costo che una babysitter rappresenta se impiegata regolarmente e a tempo pieno.
Abbiamo già perso tante, troppe occasioni in passato. E adesso è arrivato il momento, non più rimandabile, di cogliere l’occasione di questa crisi per ripensare completamente il sistema di welfare nel nostro paese, danneggiato e depotenziato da decenni di finanziamenti a fondo perduto ad un settore privato, per sua definizione completamente profitto-riferito, che capitalizza denaro e non rende possibile l’erogazione di servizi adeguati.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]