Un colpo a freddo, del tutto inatteso, quello assestato al Premier M Renzi a pochi giorni dal voto referendario di domenica. Il classico fuoco amico di una sinistra mai paga del suo taffazismo. L’autore dello sgambetto è infatti nientemeno che il segretario del PD, Matteo R, che ha scelto la vasta platea dei social per minare irreparabilmente uno dei principi cardine della riforma costituzionale promossa dal governo Renzi: la non elettività del Senato.
Incurante dei moniti che negli anni il premier ha lanciato alla sua maggioranza (e in particolare al suo partito), che ha definito “intoccabile” il principio di non eleggibilità del nuovo senato, il segretario del PD ha detto che i senatori verranno invece scelti dai cittadini e si è spinto fino a presentare un facsimile di scheda elettorale. Come gestirà questa ennesima faida interna il premier? Sceglierà il pugno di ferro che lo ha reso celebre, o cercherà di salvare l’unità del suo partito a pochi giorni da una tornata elettorale in cui avrà bisogno di contare sull’aiuto di tutti, in particolare del suo segretario?
No, non sto scherzando. Non del tutto, almeno, perché la situazione è grave, ma non è seria. Quello che avete appena letto è un plausibile esempio di ricostruzione giornalistica che potreste leggere oggi su uno dei principali quotidiani italiani, non fosse che i protagonisti del braccio di ferro in questione, stavolta, sono la stessa persona.
E’ infatti lo stesso Renzi che per anni ci ha raccontato che la non eleggibilità dei senatori era uno degli elementi cardine della sua riforma costituzionale, ad aver sostenuto ieri sera durante una delle sue dirette fiume sui social che il nuovo senato (sì, avete capito bene) sarà in realtà scelto dai cittadini, addirittura tramite una scheda apposita.
Ovviamente di tutto questo non c’è traccia nella riforma, ma sappiamo che questo non è mai stato un problema per il nostro premier, per cui la realtà dei fatti non è che un’inutile ossessione da professoroni.
Cosa volete che sia il principio di non contraddizione, per chi si trova ad affrontare la madre di tutte le battaglie, di chi ha assunto su di sé l’onere di fermare con la sola imposizione delle sue riforme il diluvio che altrimenti spazzerebbe via ogni barlume di civiltà dal nostro povero Paese?
Per un governo che ha usato più e più volte i malati di cancro e i bambini diabetici come argomento a proprio favore, che è riuscito a collegare a una revisione costituzionale abborracciata l’abbassamento delle bollette e persino l’efficienza del sistema ferroviario, che ha detto che questa riforma è al contempo quella da sempre voluta da Berlusconi e quella che raccoglie l’eredità dell’Ulivo, che ha promesso che i risparmi (generosamente decuplicati per magia) derivanti dalla riforma andrebbero ai poveri, ma anche agli infermieri, ma anche ai ricercatori, cosa volete che sia dire ora che il senato sarà sia non elettivo che elettivo?
Mi permetto di rivolgermi a quanti in buona fede stanno pensando di votare sì perché sentono che il bisogno di cambiamento sia superiore al pericolo che questo cambiamento sia positivo, e a quanti ritengono (pur non apprezzandolo) che Renzi sia al momento l’unico argine allo tsunami populista che sta investendo l’occidente.
Siete sicuri che l’aver esteso anche alla Costituzione l’insana abitudine tipica della politica di dire tutto e il contrario di tutto in base alla convenienza del momento non sia in effetti l’unico vero cambiamento visto finora? Siete sicuri che questa riforma pensata male e scritta peggio non sia semplicemente un punto da portare a casa per Renzi per non affrontare davvero nessuna delle scelte decisive in cui davvero sarebbe richiesto un cambio di passo? E che quando domanderemo il cambiamento vero non ci sentiremo rispondere: “Ehi, cosa pretendete da me? Ho già portato a casa la riforma delle riforme, quella che aspettavamo dai tempi delle guerre puniche! Ma la prossima volta, vedrete…”.
Siete sicuri che avallare ogni nefandezza e mistificazione passi per la testa al presidente del Consiglio perché “gli altri sono peggio” non sia un ottimo modo per abituarci pian piano al peggio? Sicuri che non si tratti in fondo di una forma (nemmeno tanto) graduale dello stesso populismo? Da anni ormai ci avviciniamo un passetto (verso destra) alla volta a quelle stesse politiche che crediamo di scongiurare.
Ci dicono che siamo sull’orlo del baratro, e al contempo che ci vogliono far fare un passo avanti. Il risultato lo capite da soli.
Ecco, fermiamoci, siamo ancora in tempo. Diciamo no.