Domani la commissione Bilancio della Camera (di cui faccio parte come membro di opposizione) chiuderà i propri lavori sulla cosiddetta “manovrina”, quella varata il 24 aprile scorso (la manovrina della Liberazione avremmo potuto chiamarla). Li chiuderà in una atmosfera politica e parlamentare quanto mai e ancor meno interessante per le persone che vivono nel mondo normale: la chiuderà a colpi di minacce di caduta del Governo, di intese su legge elettorale, su ipotesi di data del voto anticipato, su voti di fiducia confermati o forse mancati.…tutto molto interessante!
Ma nella bagarre tra il “tedesco” e il “rosatellum”, qualcuno farà perdere di vista la legge che verrà fuori dal dibattito post manovrina. Eh sì. Perché da “manovrina”, si e’ passati a un provvedimento cosiddetto “omnibus”, ovvero una roba piena di tutto che non risolve e in tanti casi complica e molto la realtà di tutti i giorni.
Al di là di iniziative positive per le zone colpite dai recenti terremoti che finalmente possono “respirare un po’” anche dal punto di vista degli adempimenti burocratici, non vi diranno mica che i problemi delle Province non sono stati risolti con tutto quanto consegue in termini di scuole, strade e quant’altro, e con i nostri figli che all’apertura del prossimo anno scolastico potrebbero avere scuole non riscaldate o non adeguate.
Non vi diranno nemmeno che alle porte del 2018 restano gli aumenti IVA fino al 25%, perché mancano 14 miliardi e non c’è stata la volontà politica oggi di risolvere il problema: si deve andare a votare, ci penseremo dopo le elezioni! Tutto questo perché negli ultimi 3 anni, spazi finanziari la “matrigna” Europa ne ha dati e tanti, solo che sono stati utilizzati molto ma molto male e le ricadute dei vari incentivi alle imprese o altro non hanno prodotto riscontri positivi dal punto di vista occupazionale e dal punto di vista della ripresa dei consumi.
Non vi diranno nemmeno che e’ stata complicata la vita alle piccole imprese e ai professionisti che lavorano con le pubbliche amministrazioni, perché il meccanismo dello split payment e’ stato esteso anche a loro, anche a quelli che versano già la ritenuta d’acconto e che l’IVA sugli acquisti che fanno, la pagano subito e che non possono aspettare il 2018 per beneficiare degli automatismi sulle compensazioni.
Vi diranno invece, ma non con grande enfasi, di avere reintrodotto i voucher. Sì, proprio quei voucher che pochi mesi fa loro stessi avevano eliminato con un decreto lampo. Ve lo dirà il PD, ve lo dirà la Lega, ve lo dirà Forza Italia. Non vi diranno però che l’eliminazione dei Voucher la avremmo votata tutti noi proprio oggi 28 maggio attraverso un referendum popolare indetto a seguito di una raccolta di oltre un milione di firme da parte della Cgil. Questo no. Perché e’ meglio fare uscire i voucher dalla porta attraverso un decreto, esautorare il referendum e poi farli rientrare dalla finestra della manovrina. Uno spettacolo! In sfregio ai cittadini firmatari della proposta referendaria, della tutela del lavoro, di tutto, anche delle esigenze minime delle famiglie che sui voucher molto spesso contavano.
Tutto questo è stato compiuto non soltanto il giorno prima del referendum annullato.
Tutta questa storia dei voucher è stata di fatto reintrodotta e votata nel giorno stesso in cui un uomo vestito di bianco, un uomo semplice, Papa Francesco, nella mia città, Genova, ha riempito i cuori dei lavoratori dell’ILVA parlando della dignità del lavoro, del giusto salario, del significato vero dell’imprenditoria, dell’articolo 1 della Costituzione della Repubblica. Lo ha fatto, come dicevo, da Genova, da quella città portuale e operosa dalla quale, nel 1929, il suo papà e i suoi nonni partirono a bordo della “Giulio Cesare” alla volta dell’Argentina, loro come tanti tanti altri, liguri e non, alla ricerca di accoglienza, di una prospettiva di vita migliore, di una vita fatta di valori e di valore da attribuire alle cose. Il lavoro su tutte.