Quando John Malkovich — in Essere John Malkovich, film del 1999 — entra nella propria testa attraverso il tunnel segreto, può vedere un mondo in cui tutti — uomini e donne — portano la sua faccia e sanno dire soltanto la parola ‘Malkovich’. Paradossalmente, quel mondo surreale e distorto, un mondo di un solo uomo, non è un mondo ignoto. La rappresentazione della questione femminile è sinora sempre stata portata da una prospettiva maschile. Una prospettiva in cui l’uomo determina le regole e la donna combatte per ritagliarsi uno spicchio di opportunità. Il femminismo diviene l’esperienza di lotta attraverso la quale la donna ha aperto il conflitto, un conflitto nel quale però l’uomo continua a detenere superiorità nei mezzi e nelle funzioni.
Lo spazio per ruoli femminili nella politica, nell’economia, è compresso. Lo scorso 14 Ottobre, la Commissione Europea ha pubblicato una nuova relazione sulla partecipazione delle donne ai processi decisionali, specie nei consigli di amministrazione delle principali società quotate in borsa nell’UE. Le ultime cifre (aprile 2013) indicano che, rispetto a ottobre 2012, la percentuale di donne nei CdA è aumentata, passando da 15,8 a 16,6%. Nello specifico, le donne che ricoprono ruoli amministrativi senza incarichi esecutivi rappresentano attualmente il 17,6% (16,7% in ottobre 2012) e la percentuale di alte dirigenti è aumentata dal 10,2% all’11%. Tale percentuale scende in maniera evidente nei paesi del sud Europa.
Viviane Reading, commissaria europea per la Giustizia e Vicepresidente della Commissione, ha dichiarato che “la pressione normativa funziona”: la via è stata tracciata da paesi come la Francia e l’Italia, che hanno emanato leggi ad hoc e stanno ora “iniziando a raccoglierne i frutti”. Vien da sorridere, viste le percentuali in gioco (+0.8%), ma l’ottimismo di Reading è giustificato dal lavoro svolto in sede europea per la definizione di una “Strategia per la parità tra donne e uomini” (2010–2015). Una strategia che punta a modificare l’approccio culturale per il tramite di meccanismi normativi sanzionatori. Basterà? Se il fine ultimo è la parità delle opportunità in termini economici, di dignità della donna, di parità nel processo decisionale amministrativo e politico, quale è il grado di influenza di tale strategia sui comportamenti e sulle relazioni, se ancor oggi la violenza contro le donne viene descritta come delitto passionale?
Il vero cambiamento è prender coscienza che il problema è questo mondo di soli uomini, in cui la narrazione è maschile fin nel lessico impiegato, in cui — in tempo di crisi — la prima revisione di spesa tocca i servizi per l’infanzia, specie gli asili nido comunali. E in mancanza di servizi sociali adeguati, la donna resta chiusa in un gioco a somma zero che dissuade dall’attività lavorativa (per ragioni di disponibilità di tempo — quel tempo destinato al lavoro di cura — e di paghe non allineate a quelle degli uomini). La previsione di quote rosa nelle piante organiche di amministrazioni pubbliche e private non può non accompagnarsi ad un welfare scolastico capillare (asili nido, tempo pieno) e ad una genitorialità effettivamente condivisa fra madre e padre con i congedi di paternità obbligatori.